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Dopo averci pensato su, Clifton rispose: — No, credo che anche adesso avremmo buone probabilità di vittoria.

— Eh? Mi pare di non essere ben sveglio. Non volete vincere?

— Certo. Ma non ha capito in che situazione ci hanno messo le dimissioni?

— Temo proprio di no.

— Be’, il governo in carica ha la facoltà d’indire le nuove elezioni generali in qualsiasi momento, nell’ambito dei cinque anni costituzionali. Di solito lo fa quando ritiene che il momento sia favorevole. Ma non rassegna mai le dimissioni tra l’annuncio delle elezioni e le elezioni stesse, a meno che non vi sia costretto. Mi segue?

Compresi che l’accaduto era piuttosto strano, per poco che mi fossi interessato di politica in vita mia. — Mi pare — risposi.

— In questo caso, il governo Quiroga ha indetto le elezioni, e poi si è dimesso, lasciando l’Impero senza governo. Ne consegue che il sovrano deve ora chiamare qualcuno a formare un governo provvisorio che durerà fino alle elezioni. Secondo la legge vigente, l’incarico può essere conferito a chiunque sia stato eletto alla Grande Assemblea, ma in pratica non c’è scelta, dati i precedenti costituzionali: quando un governo dà le dimissioni in blocco (quando insomma non si tratta di un semplice rimpasto), allora il sovrano deve chiamare il capo dell’opposizione a formare il governo provvisorio. È una prassi indispensabile, nel nostro sistema politico; impedisce che le dimissioni siano soltanto formali. In passato si sono visti molti altri metodi; in qualcuno di essi si cambiava governo come cambiarsi di camicia. Ma con il nostro sistema si ha la sicurezza di avere un governo responsabile.

Ero talmente immerso nel tentativo di capire a fondo tutto ciò che era implicito nelle sue parole, che per poco non mi sfuggì la sua affermazione successiva.

— E così, naturalmente, l’imperatore ha convocato a New Batavia l’onorevole Bonforte per affidargli il mandato.

— Eh? New Batavia? — dissi. — Benone! — Stavo pensando che non avevo mai visto la capitale dell’Impero. L’unica volta che ero stato sulla Luna, le vicissitudini della mia professione m’avevano lasciato privo di tempo e di denaro da spendere in viaggi turistici. — Ah — continuai — allora è per questo che siamo partiti. La cosa non mi dà assolutamente fastidio. Suppongo che riuscirete lo stesso a trovare il modo di rispedirmi a casa, anche se la Tom Paine non ritorna subito sulla Terra.

— Come? Santo Cielo, ma lei si preoccupa solo di questo? Quando sarà l’ora, il capitano Broadbent troverà mille modi per farla sbarcare clandestinamente!

— Mi scusi. Dimenticavo che lei ha cose molto più importanti per la testa, Rog. Certo, non vedo l’ora di tornare a casa, adesso che il lavoro è terminato. Ma qualche giorno, o anche un mese sulla Luna non mi darà fastidio. In realtà non ho nulla d’urgente da fare. Però, grazie lo stesso per avermi messo al corrente delle ultime novità. — Lo guardai attentamente in viso. — Rog, se non mi sbaglio, lei ha addosso una preoccupazione del diavolo!

— Come, ma non capisce? L’imperatore vuol vedere Bonforte! L’imperatore, amico! E l’onorevole Bonforte non è assolutamente nelle condizioni di presentarsi all’udienza. I nostri nemici hanno tentato un gambetto… e forse sono riusciti a darci scaccomatto!

— Eh? Un momento, per piacere… Mi pare di capire dove vuole andare a parare, ma guardi che non siamo ancora a New Batavia; ne siamo ancora distanti cento milioni di chilometri, o duecento, o quello che è. Ora che saremo arrivati, le medicine del professor Capek avranno rimesso in sesto Bonforte, e lui potrà presentarsi all’udienza di persona, no?

— Be’… si spera.

— Ma non ne è sicuro?

— Non possiamo averne la certezza. Capek dice che i dati clinici su dosi tanto massicce sono troppo scarsi per poter dare una prognosi. Dipende molto dall’organismo del singolo soggetto, e dal tipo esatto di droga somministrata.

Mi ritornò alla mente quella volta che una comparsa mi aveva fatto bere un forte lassativo, poco prima di una recita. (Ma comunque ero riuscito ad andare in scena lo stesso, e ciò dimostra la superiorità della mente sulla materia… successivamente avevo fatto licenziare quel furbone.)

— Rog, ma allora quell’ultima dose, la più grande di tutte, quella che non era necessaria, non gliel’hanno data per semplice sadismo; gliel’hanno data proprio per giungere alla presente situazione!

— Ne sono convinto. Anche Capek è dello stesso parere.

— Caspita, ma questo significa che Quiroga in persona è il mandante del ratto, che a capo del Governo Imperiale c’è stato un gangster per tutti questi anni!

— Non è detto che sia andata proprio così — ribatté Rog, scuotendo la testa. — È poco probabile, anzi. Sembra però evidente che le stesse ignote personalità che controllano il gruppo terrorista clandestino degli Azionisti, controllano anche tutto il resto del meccanismo del Partito dell’umanità. Non riusciremo mai a ottenere le prove per inchiodarli. Si tratta di gente irreprensibile, al di là di ogni possibile sospetto e di ogni possibile incriminazione. Tuttavia possono avere avvertito Quiroga che ormai era giunto il momento di mettersi da parte e fare il morto… senza dubbio hanno i mezzi per farsi ascoltare. È quasi sicuro — aggiunse — che lo hanno fatto senza dargli indicazioni sul vero motivo per cui il momento risultava così propizio.

— Ma è un modo d’agire da criminali! Intende dire che la più alta personalità dell’Impero accetta di rassegnare le dimissioni con tanta facilità, solo perché qualcuno glielo ordina?

— Temo sia proprio così.

Scossi la testa. — La politica è un gioco sporco.

— No — mi rispose Clifton con espressione seria. — Non è un gioco sporco. È solo che qualche volta s’incontrano dei giocatori che barano.

— Non vedo la differenza.

— C’è un mare di differenza. Quiroga è un tirapiedi, un burattino… l’uomo che toglie le castagne dal fuoco per degli scellerati. Ma John Joseph Bonforte non è assolutamente un burattino, e non ha mai, ripeto mai, fatto da tirapiedi a qualcun altro. Aderisce al Partito perché crede alla causa. Come nostro leader, ci guida con la sua convinzione.

— Mi pento di averlo detto — mormorai, sentendomi colpevole. — Ma allora, cosa facciamo? Diciamo a Dak di prendersela con tutto comodo, in modo che la Tom Paine non giunga a New Batavia finché Bonforte non sia di nuovo in forma per andare all’udienza di persona?

— No, non possiamo indugiare. Non è necessario che l’accelerazione superi 1 g; nessuno pretende che una persona dell’età di Bonforte si sforzi il cuore più del necessario. Ma non c’è da perder tempo. Quando l’imperatore chiama, occorre andare.

— E allora?

Rog mi fissava senza parlare, e io cominciavo a sentirmi a disagio. — Ehi, Rog, non facciamo scherzi! Io non c’entro più, in tutto questo. Ho concluso il mio compito, salvo qualche apparizione sporadica per l’astronave. Sporca o pulita che sia, la politica non è il mio gioco preferito… limitatevi a pagarmi e a rispedirmi a casa, e vi garantisco che non m’interesserò più di politica, neppure per andare a votare!

— Molto probabilmente non ce ne sarà realmente bisogno. Il professor Capek riuscirà quasi certamente a rimetterlo in sesto. Ma non si tratta di una cosa difficile e laboriosa… come la cerimonia dell’adozione. Si tratta solo di un’udienza con l’imperatore e…

— L’imperatore! — quasi gridai. Come la maggior parte degli americani non capivo la monarchia. Anzi non ne approvavo l’istituzione, nel mio intimo, e avevo un timore inconfessato, quasi puerile, dei re. Dopotutto noi americani siamo entrati nell’Impero dalla porta di servizio. Quando rinunciammo alla condizione di associati in base a trattato, per avere i vantaggi di una voce in capitolo negli affari dell’Impero a piena parità di diritto con gli altri, venne esplicitamente convenuto che le nostre istituzioni locali, la nostra Costituzione e così via, sarebbero rimaste intatte, e tacitamente ci si accordò nel senso che nessun membro della famiglia reale si sarebbe mai recato in visita in America. Forse abbiamo fatto male ad agire così, forse, abituandoci alla monarchia, non ne avremmo oggi tanto timore. A ogni buon conto, è notorio che proprio le "democratiche" donne americane hanno la bramosia di venir presentate a Corte, più di chiunque altro.

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