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— Sono morti — balbettò lei.

— Sì, sono morti. — Alec impugnava ancora la pistola e gli tremava tanto la mano che riuscì a infilarla nella fondina solo al terzo tentativo.

Jameson fu il primo a raggiungerli, con una carabina in mano. Lo seguiva una mezza dozzina di uomini.

— Cos'è successo?

— Ho appena ucciso due uomini che non avevano obbedito agli ordini. Portateli in piazza perché li vedano tutti.

Quando la mattina dopo lasciarono il villaggio, gli uomini di Alec erano tutti mogi e intimoriti. I contadini facevano circolo intorno ai due cadaveri mentre loro partivano, e non dissero una parola. Angela era sul carro vicino ad Alex, insieme al conducente, uno degli uomini di Douglas, disarmato.

— Vuoi davvero lasciare lì i… i cadaveri? — chiese lei, ancora scossa.

Alec non aveva dormito tutta la notte e gli faceva male la testa. — Lasciamo che li seppelliscano i contadini nei campi. Così saranno utili a qualcosa.

— Perché…? Non era necessario che tu li uccidessi.

Alec si voltò per guardarla: era pallida e tesa come lui. — Avresti preferito che li lasciassi fare?

— Ma… — Angela si passò le dita fra i capelli biondi. — Non so come, ma sento che in un certo qual modo è colpa mia. In parte, almeno.

— Li ho uccisi perché se lo meritavano. Se la cosa dovesse ripetersi mi comporterei nello stesso modo.

Lei rabbrividì. — Perché si trattava di me.

— Perché si comportavano da mascalzoni.

— Con me. Se si fosse trattato di una delle donne del villaggio…

— Avrei fatto la stessa cosa — rispose freddamente lui. — Non lusingarti.

Proseguirono in silenzio per quasi tutta la mattina, diretti alle colline che chiudevano il lato occidentale della valle, sotto un cielo carico di grossi cumuli che chiazzavano il terreno di fresche zone d'ombra.

— Ieri notte Jameson ha scoperto che c'è una stazione di posta per il cambio dei cavalli dopo la prima fila di colline — disse Alec. — È vero?

Lei annuì, dopo un attimo di esitazione. — Sì. Ma è come una piccola fortezza.

— Riuscirai a persuadere gli addetti a consegnarci i cavalli o dovremo prenderceli con la forza?

— Perché dovrei aiutarti?

— Hai una memoria maledettamente corta.

— No, ricordo tutto.

— Bene, fai come ti pare. In un modo o nell'altro avremo i cavalli.

Il che avvenne col semplice espediente di minacciare di uccidere Angela se gli addetti alla stazione non avessero consegnato i cavalli. Alec rimase con Angela su un'altura visibile dal recinto fortificato, e fu Jameson a condurre i negoziati.

Angela schiumava di rabbia. — Ti servi di me!

— Hai ragione — ammise sorridendo Alec. — Però è meglio che ammazzare qualcuno, o no?

Lei era troppo arrabbiata per rispondere.

Verso il tramonto, quando si erano già rimessi in marcia, lui le chiese: — Sei ancora arrabbiata con me?

— Sì — ma sembrava solo imbronciata.

— Soffri molto?

— No.

— Ma non ti fanno male le ferite?

— Certo che mi fanno male. Ma hanno smesso di sanguinare e le bende sono a posto. Vuoi guardare tu?

— Maledizione, non sono stato io a farlo!

— Tu li hai ammazzati. Hai sparato a quel ragazzo.

— Dovresti ringraziarmi.

— Sei un assassino e ti aspetti che ti ami per questo?

— Volevi che ti lasciassi con loro perché ti tagliassero a fette?

— Così sarebbe colpa mia!

Abbassando la voce, Alec disse: — Sì, è colpa tua. Avevi ragione, stamattina. Se non fossi stata tu non li avrei uccisi. Ho perso il controllo. Non tolleravo di vedere che ti mettevano le mani addosso. Io…

— Va bene, va bene — disse Angela raddolcita. — Sono stata un'ingrata, scusami.

Proseguirono in silenzio. Alec aveva la testa confusa da un turbine di pensieri. Poi, fu troppo buio per poter proseguire.

17

Quella notte Alec dormì con lei. Senza essersi messi prima d'accordo, si allontanarono insieme dal fuoco da campo e andarono a prendere le coperte sul carro. Fianco a fianco, sempre senza parlare, si allontanarono nel buio.

Lui fu tenero, dolce, gentile con Angela, perché non voleva farle del male. Lei lo tenne abbracciato, lo carezzò, lo baciò, finché tutt'e due scordarono le sue ferite.

Al mattino fecero il bagno insieme in un lago gelido largo parecchi chilometri, e quando si furono vestiti e si avviarono verso l'accampamento, lei disse: — Devi tornare sulla Luna, non è vero?

Alec non riusciva a staccare gli occhi dal bel viso di lei, serio, turbato, incorniciato dai capelli biondi.

— Non senza di te — le rispose.

— Lo so. Dovrò lasciarlo.

— Chi?

— Papà.

— Vuoi dire mio padre.

— Esiste l'incesto fra parenti acquisiti?

— Verrai con me?

— Sì — rispose lei senza esitare, ma a una voce tanto bassa che Alec l'udì appena.

Tornarono all'accampamento. Gli uomini si stavano dando da fare per cuocere le uova prese al villaggio, badare ai cavalli, pulire le armi.

— Ho bisogno di un generatore di energia elettrica per comunicare via radio coi miei. Mi bastano un paio d'ore.

Angela ci pensò su un momento. — Non ci riuscirai senza combattere. Il più vicino, che io sappia, si trova in un avamposto a circa venti "clic" da qui, sulle colline, lontano dalla strada. Se ti aiuto, tornerai sulla Luna?

— Con te?

— Rinuncerai all'idea di procurarti quei materiali e tornerai indietro:

Lui esitò un attimo, poi mentì. — Sì. — Capiva che Angela agiva così per proteggere Douglas, ma una voce interiore continuava a ripetergli: Vuole proteggere te.

Con riluttanza, come se intuisse che qualsiasi cosa avesse fatto avrebbe sbagliato, Angela disse: — D'accordo. Ti dirò dove si trova l'avamposto. C'è una radio che serve a comunicare con la base che dista una cinquantina di "clic".

— Dovrebbe esserci energia sufficiente anche per la nostra radio — disse Alec cercando di parlare con indifferenza.

— Non mi piace — disse Jameson guardando le colline lontane. Annusava l'aria come se sentisse odore di pericolo.

Lui e Alec si trovavano sul limitare di un prato in leggera salita che terminava ai margini di un pendio boscoso. La strada su cui avevano viaggiato era montana, al di là del colle. Il sole era alto, ma tirava un vento freddo.

— Ci siamo inoltrati di parecchio nel loro territorio. Devono sapere che siamo qui, non sono stupidi. E adesso c'inoltreremo ancora di più.

Alec non era d'accordo. — Non ti rendi conto della situazione, Ron. Sì, ci troviamo nel loro territorio, ma guarda com'è vasto. Non hanno uomini bastanti per sorvegliare ogni metro. Noi ci terremo al riparo nei boschi continuando a spostarci, finché non ci manderanno i rinforzi.

Continuando a scrutare in distanza, Jameson ribatté: — E tu pensi che lui lascerà atterrare qualche navetta a meno di cinquanta chilometri dal suo quartier generale senza muovere un dito?

— Prima che riescano a organizzare un'offensiva noi ci saremo impadroniti di una zona abbastanza vasta da consentire alle navette di atterrare e decollare senza pericolo… E prima che riescano a organizzare un contrattacco in forze noi avremo raggiunto la sua base e trovato i materiali.

— Forse… e con un bel po' di fortuna.

— No. Non abbiamo bisogno di fortuna. Solo di uomini e di tempo.

— Bene… — Jameson si voltò per guardarlo e gli tese la mano. — Comunque, auguri. Vai dritto nella tana dell'orso.

Alec gli strinse la mano. — Tornerò domani. E fra un paio di settimane al massimo saremo a casa.

— Già. — La voce di Jameson era atona, come se la parola "casa" cominciasse ad assumere un significato diverso.

Alec ci ripensò quel pomeriggio, mentre lui e Angela cavalcavano nei boschi, risalendo i dolci pendii delle colline, verso l'avamposto.

Casa è la base lunare. Dove si sta al sicuro. Dove c'è mia madre. Ma un'altra parte della sua mente aggiungeva: Dove manca lo spazio, dove tutto è limitato. Dove la vita è rigidamente determinata dalla quantità di aria e acqua disponibili. Dove i colori sono il bianco, il grigio o le tinte pastello. Dove ci si comporta con rigido formalismo e si aspetta il proprio turno nella gerarchia che comanda tutto e tutti.

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