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Le Tenebre avevano i loro metodi per distrarre i presenti.

— Qualcuno di voi era nel ristorante al momento dell'omicidio? — chiese solennemente la strega.

Il Capo rispose solo dopo qualche istante. — Sì.

— Chi?

— Le mie compagne.

— Ol'ga. Svetlana. — La strega ci scrutò brevemente. — Non era presente l'Altro, membro della Guardia della Notte, il cui nome di umano è Anton Gorodeckij?

— Oltre a noi, qui non c'erano membri della Guardia! — disse in fretta Svetlana. Bene, ma troppo in fretta. Alisa si rabbuiò, rendendosi conto di avere formulato la domanda in modo troppo vago.

— Una notte tranquilla, non è vero? — si sentì dalla porta.

Zavulon aveva risposto alla chiamata.

Lo guardavo, comprendendo irrimediabilmente che un mago di quel livello non si sarebbe lasciato ingannare dal mio mascheramento. Non aveva riconosciuto il Capo in Il'ja, ma con lo stesso trucco non si può prendere due volte una vecchia volpe.

— Non troppo tranquilla, Zavulon — disse il Capo semplicemente. — Manda via il tuo bestiame, o lo farò io in vece tua.

Il mago delle Tenebre era vestito come se il tempo si fosse fermato, e al gelido inverno non fosse subentrata una tiepida primavera. Giacca, cravatta, camicia grigia, scarpe strette ormai fuori moda. Guance vizze, sguardo offuscato, capelli corti.

— Sapevo che ci saremmo incontrati — disse.

Guardava me. Soltanto me.

— Che sciocchezza. — Zavulon scosse la testa. — Ma che bisogno hai di fare ancora certe cose, eh?

Fece un passo avanti. Alisa si scostò rapidamente.

— Un buon lavoro, una discreta agiatezza, l'amor proprio soddisfatto, tutte le gioie del mondo a tua disposizione, basta che pensi in tempo a quale sarà il Bene questa volta. E tu non vedi l'ora di buttarti in qualche stupida avventura. Io non ti capisco, Anton.

— E io non capisco te, Zavulon. — il Capo gli sbarrò la strada.

Il mago delle Tenebre fu costretto a guardarlo.

— Vuol dire che stai invecchiando. Nel corpo della tua amante — Zavulon ridacchio — c'è Anton Gorodeckij. Colui che noi sospettiamo per la serie di omicidi delle Forze delle Tenebre. È da tanto che sta nascosto lì, Boris? E tu non ti sei accorto di niente? — Ridacchiò di nuovo.

Lanciai un'occhiata agli agenti della Guardia del Giorno. Non avevano capito. Avevano ancora bisogno di un secondo, o forse meno.

Poi vidi che Svetlana sollevava le mani e che sulle sue palme pulsava il fuoco giallo della magia.

L'esame per il settimo grado di forza l'aveva dato, solo che probabilmente in quello scontro avremmo perso. Noi eravamo tre. Loro sei. Se Svetlana li avesse colpiti — salvando non sé, ma me, già sprofondato nella merda fino al collo — sarebbe cominciato il combattimento.

Balzai in avanti.

Che bella cosa che Ol'ga avesse un corpo così forte e allenato. Che bella cosa che tutti noi — sia le Forze della Luce che quelle delle Tenebre — ci fossimo disabituati a contare sull'energia di gambe e braccia per una semplice e schietta rissa. Che fortuna che Ol'ga, privata della maggior parte della sua magia, non avesse trascurato quest'arte.

Zavulon si piegò emettendo un suono rauco quando il mio pugno — il pugno di Ol'ga — gli arrivò nella pancia. Con un calcio lo misi in ginocchio e mi precipitai fuori.

— Fermati! — gridò Alisa. Con entusiasmo, con odio e con amore insieme.

"Prendilo, prendilo!"

Mi misi a correre per la Pokrovka, dalla parte del Zemljanoj Val, con la borsetta che mi picchiava sulla schiena. Per fortuna non avevo i tacchi. Sganciarsi, mischiarsi alla folla… il corso di sopravvivenza in città mi era sempre piaciuto, peccato solo che fosse stato breve, brevissimo. Chi avrebbe potuto pensare che un agente della Guardia dovesse fuggire e nascondersi, e non soltanto catturare chi fuggiva e si nascondeva?

Da dietro mi giunse una specie di ululato.

Balzai di lato istintivamente, senza neppure immaginare cosa stava accadendo. Un torrente infuocato, purpureo, snodandosi come un serpente, invase rapidamente la strada, cercò di fermarsi e di ritornare indietro, ma la forza d'inerzia era troppo grande: la carica investì la parete dell'edificio, portando in un istante le pietre all'incandescenza.

Ragazzi, che roba!

Inciampai, caddi, guardai indietro. Zavulon puntò di nuovo il suo bastone da guerra, ma adesso questo si muoveva molto lentamente, come se qualcosa lo impacciasse, rallentandolo.

Stava battendo in ritirata!

Credo che di me non sarebbe restato neppure un mucchietto di cenere, se solo la Frusta di Saab mi avesse raggiunto!

Questo significava che il Capo aveva torto. I Guardiani del Giorno non erano interessati a quello che c'era nella mia testa. Volevano semplicemente eliminarmi.

Gli agenti delle Tenebre stavano arrivando. Zavulon puntava la sua arma, il Capo abbracciava Svetlana che si divincolava. Balzai in piedi e mi lanciai di nuovo a correre, ma già comprendevo che non sarei riuscito a sfuggire. L'unico aspetto positivo era che in strada non c'era nessuno: una paura istintiva, inconsapevole aveva allontanato tutti i passanti appena era iniziata la nostra lotta. Non ci sarebbero state vittime innocenti.

Sentii uno stridio di freni. Mi girai e vidi che gli agenti delle Guardie si facevano da parte per lasciar passare una macchina lanciata a velocità folle. Il guidatore doveva aver deciso di trovarsi in mezzo a un regolamento di conti tra bande rivali e, dopo un attimo di sosta, era ripartito alla massima velocità.

Fermarlo? No, non era nemmeno pensabile.

Mi gettai sul marciapiede e mi sedetti, per nascondermi da Zavulon. dietro una vecchia Volga parcheggiata, in modo da lasciarmi superare da quella macchina che passava per caso. Ma la Toyota color argento di colpo, con lo stesso penetrante stridio di freni surriscaldati, si fermò.

Lo sportello del guidatore si spalancò e qualcuno mi fece segno con la mano.

Sono cose che non succedono! Capita solo nei film d'azione più scontati che l'eroe in fuga sia salvato da una macchina di passaggio!

Mentre finivo di formulare questo pensiero, avevo già aperto la portiera posteriore e mi stavo infilando nell'abitacolo.

— Più in fretta, più in fretta! — gridò la donna accanto alla quale mi stavo sistemando. In realtà il guidatore non aveva bisogno di incitamenti, perché avevamo già ripreso la corsa. Alle nostre spalle crepitò una nuova vampa, e partì un'altra carica della Frusta: l'auto però sterzò bruscamente, e il torrente di fuoco ci passò di fianco senza toccarci. La donna cominciò a strillare.

Chissà sotto quale forma vedevano la nostra lotta. Un fuoco di mitragliatrici? Un attacco missilistico? Un colpo di lanciafiamme?

— Perché, perché sei tornato indietro? — La donna cercò di slanciarsi in avanti, con la chiara intenzione di dare un pugno sulla schiena al guidatore. Io ero già pronto ad afferrarle la mano, ma uno scarto della macchina la rigettò indietro.

— Non deve fare così — le dissi gentilmente, rimediando uno sguardo indignato.

E del resto… Quale donna avrebbe accolto con gioia l'arrivo, nella sua macchina, di una sconosciuta simpatica, ma squinternata, inseguita da una folla di banditi armati a causa della quale suo marito si ritrovava all'improvviso sotto tiro?

Fortunatamente il momento più pericoloso ormai l'avevamo superato. Avevamo raggiunto il Zemljanoj Val e adesso viaggiavamo all'interno di un flusso continuo di macchine. Sia gli amici che i nemici ce li eravamo lasciati alle spalle.

— Grazie — dissi alla nuca rasata del guidatore.

— È ferita? — mi chiese senza voltarsi.

— No. Mille grazie. Perché si è fermato?

— Perché è uno stupido! — strillò la donna. Si era tutta rannicchiata dall'altra parte del sedile per evitare di sfiorarmi, come se fossi un'appestata.

— Perché non sono uno stronzo — rispose l'uomo tranquillamente. — Perché la inseguivano? È vero che non sono fatti miei…

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