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— Sì, è così — rispose il Capo.

Alisa rise piano e si diresse verso la botola. Adesso non se la sentiva proprio di volare. Tigrotto l'aveva strapazzata per bene. Eppure la strega continuava a essere di buon umore.

Fissai Semën. Lui distolse lo sguardo. Tigrotto si stava ritrasformando lentamente in una ragazza… ma anche lei evitava di guardarmi in faccia. Orso mandò un ruggito e, senza cambiare aspetto, pestò le zampe contro la botola. Per lui era più difficile che per tutti gli altri. Era troppo poco agile. Orso era uno splendido guerriero, nemico di ogni compromesso…

— Siete tutti vigliacchi — disse Egor. Si alzava a scatti, non solo per la stanchezza. Ora il Capo lo alimentava con la propria energia, scorgevo un filo sottile di forza fluire nell'aria… All'inizio è sempre difficile liberarsi dalla propria ombra.

Uscii dopo di lui. Non fu difficile: nell'ultimo quarto d'ora nel Crepuscolo si era concentrata una tale quantità di energie che l'ombra aveva perso la consueta aggressiva vischiosità.

Quasi immediatamente udii un soffice disgustoso tonfo: lo stregone, precipitato dal tetto, aveva raggiunto l'asfalto.

Uno dopo l'altro cominciarono ad apparire tutti gli altri. La simpatica ragazza dai capelli neri con un'ecchimosi sotto l'occhio sinistro e lo zigomo rotto, l'imperturbabile giovanotto tarchiato, l'autorevole businessman in vestaglia orientale… Orso era già andato via. Sapevo che cosa avrebbe fatto nel suo appartamento, nella sua "tana". Avrebbe bevuto alcol etilico e letto poesie. Forse a voce alta. Guardando il televisore che ronzava allegramente.

Anche la vampira si trovava lì. Stava malissimo, borbottava qualcosa, scuotendo la testa, e si leccava la mano penzolante, che cercava stancamente di saldarsi. Era tutta schizzata del sangue della sua ultima vittima…

— Vattene — le dissi, sollevando la pesante pistola. La mano mi tradì e tremò.

Il proiettile deflagrò, trapassando la carne morta, e nel fianco della ragazza comparve una ferita. La vampira gemette, si premette sulla ferita la mano sana. L'altra penzolava sui legamenti dei tendini.

— Non farlo — disse Semën con dolcezza. — Non farlo, Anton…

Io però mi avventai sulla sua testa. In quell'istante scese in picchiata dal cielo un'enorme ombra nera, un pipistrello delle dimensioni di un condor. Dispiegò le ali per proteggere la vampira, torcendosi nello spasmo della trasformazione.

— Lei ha diritto di essere giudicata!

Non potevo sparare a Kostja. Rimasi lì a guardare il vampiro, il mio vicino di casa. Lui non distoglieva gli occhi, risoluti e inflessibili. "Da quanto tempo mi pedinavi, amico mio, mio avversario? E perché vuoi salvare la tua consimile e compiere un passo che mi trasformerebbe in un tuo irriducibile nemico?"

Mi strinsi nelle spalle e infilai la pistola dietro la cintura. "Avevi ragione, Ol'ga. La tecnica è solo una sciocchezza."

— Sì, ne ha il diritto — confermò il Capo. — Semën, Tigrotto, Orso, scortateli.

— Va bene — disse Tigrotto. Mi fissò, non solo con uno sguardo pieno di solidarietà, ma di comprensione. Con passo flessuoso si diresse verso i vampiri.

— Comunque sarà sottoposta a una procedura speciale — mormorò Semën, e li seguì.

E così abbandonarono il tetto. Kostja portava tra le braccia la vampira dolorante, semincosciente. Semën e Tigrotto li seguivano in silenzio.

Restammo in tre.

— Ragazzo, tu hai davvero dei poteri — disse dolcemente il Capo. — Non grandi, ma la maggior parte della gente ne è priva. Sarei felice che tu accettassi di essere mio allievo…

— Ma vada un po'… — attaccò a dire Egor. L'ultima parte della frase era totalmente priva di intonazioni cortesi. Il ragazzo piangeva in silenzio. Faceva delle smorfie per trattenere le lacrime, ma non ci riusciva.

Un piccolo intervento di settimo grado e si sarebbe sentito meglio. Avrebbe capito che la Luce non poteva combattere contro le Tenebre senza servirsi di qualunque arma a sua disposizione…

Alzai la testa verso il cielo del Crepuscolo, aprii la bocca, afferrando i freddi fiocchi di nevi. Congelare. Congelare in eterno. Ma non qui, nel Crepuscolo. Diventare ghiaccio e non nebbia, neve o fanghiglia; diventare di pietra, ma senza sperdersi…

— Egor, andiamo, ti accompagno — proposi.

— Non… vado lontano… — disse il ragazzino.

Rimasi ancora lì a lungo a inghiottire neve mischiata a vento e non notai che se n'era andato. Sentii la voce del Capo dire: — Egor, sei capace di svegliare da solo i tuoi genitori? — ma non udii la risposta.

— Anton, se questo può consolarti… l'aura del ragazzo è rimasta la stessa — disse Boris Ignat'evič. — Nessuna… — Mi cinse le spalle, piccolo e triste. Non era più l'accurato imprenditore o il mago di primo grado. Solo un vecchio dall'aspetto giovanile che aveva vinto l'ennesima partita in una guerra senza fine.

— Ottimo.

L'avrei voluto anch'io. Nessuna aura. Nessun destino speciale.

— Anton, abbiamo ancora da fare.

— Lo so, Boris Ignat'evič…

— Puoi spiegare tutto a Svetlana?

— Sì, credo di sì… Ora posso.

— Perdonami, ma ho adoperato ciò che avevo a disposizione… quelli che avevo a disposizione. Voi siete legati. Un semplice legame mistico, inspiegabile. Non ho nessuno con cui sostituirti.

— Capisco.

La neve si attaccava al mio viso, ghiacciando sulle ciglia e sciogliendosi in rivoli sulle guance. Avevo la sensazione di aver quasi imparato a congelare, ma non ne avevo il diritto.

— Rammenti ciò che ti avevo detto? Appartenere alle Forze della Luce è molto più impegnativo che appartenere alle Forze delle Tenebre…

— Lo rammento…

— E ora sarà anche più gravoso, Anton. Tu ti innamorerai di lei. Vivrai con lei… per un po'. Poi Svetlana se ne andrà. E tu la vedrai allontanarsi da te, e intanto la cerchia si allargherà. Soffrirai. Ma non potrai farci nulla. Questo sarà il tuo ruolo all'inizio. È ciò che succede a ogni Grande Mago e a ogni Grande Maga. Devono passare sul corpo degli amici e degli esseri amati. Non può essere altrimenti.

— Già capisco… capisco tutto.

— Andiamo, Anton? Tacevo.

— Andiamo?

— Non siamo in ritardo?

— Per ora no. Sveta ha i suoi percorsi. Ti guiderò per la via più breve e in seguito sarai tu a scegliere la tua strada.

— Allora resterò ancora un po' — dissi. Chiusi gli occhi per sentire i fiocchi che si attaccavano alle mie palpebre, teneramente, dolcemente.

— Se sapessi quante volte sono rimasto anch'io così — mi disse il Capo — a guardare il cielo e a domandare… una benedizione o una maledizione.

Non risposi, sapevo di non dover aspettare.

— Anton, mi sono congelato — disse il Capo. — Ho freddo. Ho freddo, come un essere umano. Voglio bere un po' di vodka e mettermi a letto sotto le coperte. E starmene lì disteso finché non avrai aiutato Svetlana… e Ol'ga avrà sistemato il vortice, E poi prendermi delle ferie. Lasciare al mio posto Il'ja… dopotutto è già entrato nella mia pelle… e andarmene a Samarcanda. Sei mai stato a Samarcanda?

— No.

— Niente di bello, a dire il vero. Soprattutto ora. Non c"è niente di bello laggiù se non i ricordi… ma riguardano soltanto me… Tu come stai?

— Andiamo, Boris Ignat'evič. Mi sfregai via la neve dal viso. Mi stavano aspettando.

Era l'unico motivo che ci impediva di congelare.

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