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— Hai trovato il ragazzino? — chiese il Capo senza interesse.

— Sì, l'ho trovato…

— Va bene. Ti mando Tigrotto e Orso. Qui non hanno nulla da fare. Tu vieni a Perovo. Immediatamente.

Mi ficcai la mano in tasca e il Capo aggiunse senza indugio: — Se non hai soldi… be', anche se li hai… Ferma un'auto della polizia e arriverai in un lampo.

— Dice sul serio? — riuscii solo a chiedere.

— Assolutamente. Puoi partire subito.

Fissai il buio dietro la finestra.

— Boris Ignat'evič, non è il caso di lasciare da solo il ragazzino. Ha davvero un potenziale molto forte…

— Lo so, d'accordo. I ragazzi stanno già partendo. Con loro il ragazzino sarà al sicuro. Aspettali e poi vieni subito qui.

Si udirono solo dei segnali ininterrotti. Deposi il ricevitore e fissai la spalla: — Che cosa ne dici, Ol'ga?

— Strano.

— Perché? Sei stata tu a dire che non se la sarebbero cavata.

— Strano che abbia chiamato te e non me… — Ol'ga si fece pensosa. — Forse… ma no, non lo so.

Scrutai attraverso il Crepuscolo e proprio all'orizzonte individuai due macchioline. Gli operativi si muovevano con una tale rapidità che sarebbero stati sul posto al massimo in quindici minuti.

— Non ha chiesto neppure l'indirizzo — osservai cupo.

— Non voleva sprecare tempo. Ma tu non hai percepito se prendeva le coordinate?

— No.

— Devi allenarti di più, Anton.

— Ma io non lavoro sul campo!

— Ora stai lavorando. Andiamo giù. Sentiremo il Richiamo.

Dopo essermi alzato — quell'angolino sulla scala mi era sembrato davvero accogliente e familiare — mi precipitai giù.

— Ho una paura terribile — disse Egor senza tante cerimonie.

— Va tutto bene. Ti proteggiamo noi.

Si mordicchiò il labbro. Fissava ora me, ora l'oscurità sulla scala. Non aveva voglia di farmi entrare in casa, ma ormai non aveva più la forza di restare da solo.

— Ho l'impressione di essere spiato — disse alla fine. — Siete voi che lo fate?

— No, sarà la vampira.

Il ragazzino non trasalì. Non gli avevo detto niente di nuovo.

— E quando mi aggredirà?

— Non può entrare senza invito. È una particolarità dei vampiri, le fiabe su questo non mentono. Ti verrà il desiderio di uscire. Del resto hai già voglia di uscire.

— Non uscirò.

— Quando adopererà il Richiamo, capirai che cosa sta per succedere, ma uscirai lo stesso.

— Lei… non può darmi qualche consiglio? Qualunque consiglio?

Egor si era arreso. Voleva aiuto, qualunque tipo di aiuto.

— Sì, posso. Devi fidarti di noi.

Esitò ancora per un secondo.

— Entri. — Indietreggiò sulla soglia. — Solo che… adesso la mamma sta per tornare dal lavoro.

— E allora?

— Si nasconderà? Che cosa devo dirle?

— Sciocchezze — feci un gesto con la mano. — Io…

Si aprì la porta dell'appartamento vicino. Spuntò il viso tutto raggrinzito di una vecchietta.

Sfiorai la sua coscienza leggermente, per un istante, con la maggior cautela possibile per non nuocere alla sua mente già precaria…

— Ah, sei tu… — La vecchia si abbandonò a un sorriso. — Tu, tu…

— Anton — le suggerii.

— Ah, pensavo ci fosse un estraneo — dichiarò la nonnina, togliendo la catenella e uscendo sul ballatoio. — Che tempi, è il caos totale, fanno quello che vogliono…

— Non è niente — dissi io. — Andrà tutto bene. Perché non va a guardare la televisione? Adesso danno un nuovo serial…

La vecchia annuì, e lanciandomi ancora uno sguardo amichevole, si rintanò nel suo appartamento.

— Quale serial? — chiese Egor.

Alzai le spalle: — E io che ne so? Uno qualsiasi. Le soap opera non mancano…

— Com'è che conosce la nostra vicina?

— Io? No, non la conosco affatto.

Il ragazzo taceva.

— Il fatto è — spiegai — che noi siamo Altri. Non posso entrare, devo andar via subito.

— Come?

— Ci saranno degli altri agenti a proteggerti, Egor. Non preoccuparti: sono professionisti più in gamba di me.

Scrutai attraverso il Crepuscolo: due luminose macchie arancione avanzavano verso la casa.

— Non voglio… — Il ragazzino fu subito preso dal panico. — Lei è meglio di loro!

— Non posso, ho un'altra missione.

Di sotto il portone sbatté e risuonarono dei passi. I guerrieri snobbarono l'ascensore.

— Ma io non voglio! — Egor si aggrappò alla porta, come se avesse deciso di chiuderla. — Non mi fido di loro!

— O ti fidi della Guardia della Notte al completo o non ti fidi di nessuno — tagliai corto. — Non siamo dei Superman coi mantelli rosso-azzurri. Siamo dei lavoratori salariati. La polizia del mondo crepuscolare. Le mie parole sono quelle della Guardia della Notte.

— Ma loro chi sono? — Il ragazzo si stava arrendendo. — Sono dei maghi?

— Solo iperspecializzati.

Sulla rampa di scale apparve Tigrotto.

— Salve, ragazzi! — esclamò radiosa la ragazza, superando con un balzo i gradini.

Il balzo era inumano. Egor si rattrappì e indietreggiò, fissandola. Io scossi la testa: la ragazza si stabilizzava in vista della trasformazione. Questo le piaceva e ora inoltre aveva i suoi buoni motivi per divertirsi a ruzzolare.

— Come vanno le cose? — le chiesi.

— Oh… allegramente. Sono tutti nel panico. Va', ti stanno aspettando, Anton… Tu sei il mio patrocinato, vero?

Il ragazzino taceva, esaminandola. A dire il vero il Capo aveva l'atto una magnifica scelta, mandando come guardia del corpo proprio Tigrotto. Lei suscitava la simpatia di tutti, dei bambini come dei vecchi. Si diceva che le Forze delle Tenebre l'avessero corrotta qualche volta. Ma non era vero…

— Io non sono un patrocinato — rispose alla fine il ragazzo. — Mi chiamo Egor.

— E io Tigrotto. — Era già entrata nell'appartamento e stringeva affettuosamente le spalle del ragazzino. — Su, dai, mostrami la testa di ponte! Prepariamo la difesa!

Io scesi di sotto, scuotendo il capo. Tra cinque minuti Tigrotto avrebbe dimostrato al ragazzo come mai le era stato assegnato proprio quel nome.

— Salve — bofonchiò Orso, venendomi incontro. — Salve. — Ci scambiammo una breve stretta di mano. Tra tutti gli agenti della Guardia, Orso era quello che suscitava in me le emozioni più strane e contrastanti.

Era poco più alto delia media, robusto e con un volto assolutamente impenetrabile. Non amava parlare troppo. Dove trascorresse il suo tempo libero, dove vivesse non lo sapeva nessuno eccetto, forse, Tigrotto. Si diceva che non fosse nemmeno un mago, bensì un mutantropo. E che all'inizio avesse operato nella Guardia del Giorno per poi, durante una missione, passare dalla nostra parte. Tutto ciò era una totale assurdità: le Forze della Luce non diventavano Forze delle Tenebre e le Forze delle Tenebre non si trasformavano in Forze della Luce. Ma c'era qualcosa in Orso che sconcertava.

— La macchina ti aspetta — disse l'operativo, senza incepparsi. — Il conducente è un asso. Arriverai in un lampo.

Orso tartagliava un po' e per questo costruiva frasi molto brevi. Non aveva fretta, Tigrotto era già al suo posto di guardia. Ma a me non conveniva indugiare.

— Com'è la situazione là, difficile? — chiesi, affrettando il passo.

Da sopra giunse un: — Tutto tranquillo.

Saltando gli scalini, mi precipitai fuori dal portone. La macchina mi stava proprio aspettando, per un attimo sostai a contemplarla. Era un'elegante BMW bordeaux, ultimo modello, con un lampeggiatore attaccato con noncuranza sul tetto. Entrambi gli sportelli dal lato dell'edificio erano aperti e il conducente, che fumava accanitamente e portava una giacca sotto le cui falde s'indovinava una fondina, era mezzo fuori della macchina. Davanti allo sportello posteriore stava un uomo attempato dalla figura monumentale col cappotto sbottonato, che indossava un abito molto costoso, sul risvolto del quale brillava un distintivo da deputato.

— Ma chi crede di essere? Verrò quando mi è possibile! E chi sono, cazzo, quelle puttanelle? Si è bevuto il cervello? Non potete nemmeno fare un passo da soli?

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