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— Ma esistono speranze autentiche?

— No, non è nella loro natura. — Mi alzai, toccai la fasciatura. Niente male, era avvolta strettamente e piuttosto spessa. Tra una mezz'ora avrei potuto fare un incantesimo sulla ferita, ora le forze non mi bastavano.

Il ragazzo mi fissava dal divano. Si era un po' tranquillizzato. Ma non si fidava ancora di me. Era curioso che non rivolgesse la minima attenzione alla civetta bianca che sonnecchiava con aria innocente sul televisore. Pareva che Ol'ga tutto sommato fosse stata assimilata dalla sua coscienza. E ciò era positivo: spiegare chi era quella civetta bianca parlante sarebbe stato a dir poco arduo.

— Hai del cibo? — gli chiesi.

— Che cosa?

— Qualunque cosa. Del tè con lo zucchero. Un pezzo di pane. Ho perso anch'io molte energie.

— Qualcosa troveremo. E come ha fatto a ferirsi?

Non diedi spiegazioni dettagliate, ma neppure gli mentii.

— L'ho fatto apposta. Bisognava fare così per trascinarti fuori dal Crepuscolo.

— Se questa è la verità, grazie.

Certo la sfacciataggine non gli mancava, ma mi piacque.

— Non c'è di che. Se tu ti fossi dileguato nel Crepuscolo, i miei capi mi avrebbero tagliato la testa.

— Hmm… — bofonchiò il ragazzo, e si alzò. Cercava in ogni caso di tenersi a distanza. — E come sono i suoi capi?

— Severi. Be', non mi versi il tè?

— Per una brava persona si fa questo e altro. — Già, continuava a resistere. E dissimulava la paura con una leggera e disinvolta strafottenza.

— Tengo a precisare che non sono una persona. Sono un Altro. E anche tu sei un Altro.

— E qual è la differenza? — Egor gettò su di me un'occhiata a mo' di esemplificazione. — A guardarla non si direbbe!

— Finché non mi darai il tè, starò zitto. Non ti hanno insegnato come trattare gli ospiti?

— Gli ospiti non invitati? Come ha fatto a entrare?

— Dalla porta. Più tardi ti farò vedere.

— Andiamo. — Alla fine, dunque, si era deciso a offrirmi il tè.

Seguii il ragazzo, facendo involontariamente una smorfia. Non mi trattenni oltre e gli dissi: — Egor… lavati prima il collo.

Senza voltarsi, lui scrollò il capo.

— È quanto meno sciocco proteggersi solo il collo. Nel corpo umano sono cinque i punti che un vampiro può mordere.

— Sì, e allora?

— Già, è così, e mi riferisco al corpo maschile.

Persino la sua nuca avvampò.

Misi nel bicchiere cinque cucchiai colmi di zucchero. Dissi ammiccando a Egor: — Mi piace amaro…

— E io quanto devo metterne?

Calcolai a occhio il suo peso.

— Mettine quattro. Farai aumentare la glicemia.

Il collo comunque l'aveva lavato, anche se non si era liberato del tutto dall'odore di aglio. Tracannando avidamente il suo tè, chiese: — Me lo spieghi!

Non era così che avevo pianificato tutto. Non era affatto così: dovevo seguire il ragazzo finché non l'avesse raggiunto il Richiamo, uccidere o catturare la vampira e portare il ragazzo riconoscente dal Capo: che fosse lui a spiegargli bene ogni cosa.

— Nei tempi antichi… — Il tè mi era andato di traverso. — Sembra una fiaba, vero? Solo che non lo è.

— La ascolto.

— Bene, comincerò in un altro modo. Esiste il mondo degli uomini. — Indicai la finestra e il minuscolo cortile e le auto che correvano lungo la strada. — Eccolo, tutt'intorno a noi. E la maggioranza degli uomini non può varcare questi confini. È sempre stato così. Ma di tanto in tanto noi facciamo la nostra apparizione. Noi, gli Altri.

— E i vampiri?

— Anche i vampiri sono Altri. A dire il vero, sono diversi: i loro poteri sono già predeterminati.

— Non capisco. — Egor scosse la testa.

Eh, già, io non sono un tutor. Non sono bravo a spiegare le verità rivelate, non mi piace…

— Due sciamani, che si erano rimpinzati di funghi velenosi, percuotevano i loro tamburelli — dissi. — Accadeva tanto tempo fa, in un'epoca arcaica. Uno degli sciamani non faceva che rompere le scatole ai cacciatori e alla guida. Un altro osservò la sua ombra ondeggiare sul pavimento della grotta alla luce del falò, crescere di volume e sollevarsi in tutta la statura. Fece un passo ed entrò nella sua ombra. Entrò nel Crepuscolo. E da lì ebbe inizio la parte più interessante. Capisci?

Egor taceva.

— Il Crepuscolo aveva mutato colui che vi era penetrato. Era un mondo Altro e fece di lui un Altro. Ed ecco chi potrai diventare. Dipende solo da te. Il Crepuscolo è come un fiume in piena, che corre simultaneamente da tutti i lati. Decidi che cosa vuoi diventare nel mondo crepuscolare. Ma decidilo subito, non hai tanto tempo.

Ora aveva capito. Il ragazzino strinse gli occhi e la sua pelle impallidì appena. Un'interessante reazione da stress: sarebbe stato perfetto come operativo…

— Che cosa potrei diventare?

— Tu… ciò che vuoi. Non ti sei ancora definito. E sai che cosa c'è alla base della scelta? Il Bene e il Male. La Luce e le Tenebre.

— E lei… è buono?

— Prima di tutto sono un Altro. La differenza tra il Bene e il Male risiede nel nostro approccio con gli esseri umani. Se scegli la Luce, non adopererai i tuoi poteri per vantaggi personali. Se scegli le Tenebre, questo diventerà per te naturale. Ma persino un mago nero può curare gli infermi e trovare gli scomparsi. E un mago bianco può rifiutare il suo aiuto agli esseri umani.

— Allora proprio non capisco qual è la differenza.

— La capirai. La capirai quando sceglierai tra l'una e l'altra parte.

— Io non sceglierò nessuna parte!

— È troppo tardi, Egor. Sei stato nel Crepuscolo e stai già cambiando. Tra un giorno o due la tua scelta si sarà compiuta.

— Ma se hai scelto la Luce… — Egor si alzò, si versò altro tè. Notai che per la prima volta mi aveva voltato le spalle senza timore. — Chi è lei, allora? Un mago?

— L'allievo di un mago. Lavoro nell'ufficio della Guardia della Notte. Anche questo è utile.

— E che cosa può fare? Me lo mostri, voglio controllare!

Eh, già. Tutto come da manuale. Era stato nel Crepuscolo, ma questo non l'aveva convinto. Dei banali giochi di prestigio erano molto più suggestivi.

— Guarda.

Allungai la mano verso di lui. Egor restò immobile, cercando di capire che cosa stava accadendo. Poi fissò la tazza.

Dal tè non si levava più fumo. La bevanda si era cristallizzata, trasformandosi in un piccolo cilindro di ghiaccio di un torbido marrone.

— Ahi — disse il ragazzo.

La termodinamica è il livello più semplice di controllo della materia. Io avevo consentito il moto browniano e il ghiaccio era entrato in ebollizione. Egor lanciò un grido, rovesciando la tazza.

— Scusami. — Balzai in piedi e afferrai uno straccio dal lavandino. Mi sedetti, asciugando la pozza d'acqua dal linoleum.

— Dalla magia arrivano solo guai — disse il ragazzo. — Mi dispiace per la tazza.

— Aspetta.

L'ombra mi venne incontro con un balzo e io entrai nel Crepuscolo ed esaminai i frammenti. Erano integri e la tazza non era destinata a rompersi così in fretta.

Trattenendomi nel Crepuscolo, afferrai una manciata di frammenti. Alcuni dei più piccoli, che erano volati sotto la cucina a gas, rotolarono più vicino.

Uscii dal Crepuscolo e posai la tazza bianca sul tavolo.

— Versa solo dell'altro tè.

— Figo! — A quanto pareva, questa magia aveva prodotto sul ragazzo una forte impressione. — E può farlo con tutti gli oggetti?

— Con quasi tutti.

— Anton… e se è qualcosa che si è rotto una settimana fa?

Sorrisi mio malgrado.

— No, è già troppo tardi. Il Crepuscolo ti dà una possibilità, che però va usata rapidamente, molto rapidamente.

Egor si adombrò. Chissà che cosa aveva rotto la settimana prima…

— Ora mi credi?

— Era una magia?

— Sì. Una delle più elementari. Non c'è bisogno di molta preparazione per farla.

Forse avevo fatto male a dirlo. Negli occhi del ragazzo balenò una scintilla. Stava già assaporando le sue prospettive future. I vantaggi.

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