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— Possiamo rintracciare la ragazza senza essere ostacolati e Danila e Farid ce l'hanno quasi fatta. Credo che sia questione di cinque-sei minuti… Eppure ci è stato inviato un ultimatum.

Afferrai lo sguardo di Tigrotto. Oh, il suo sorriso non faceva sperare nulla di buono… Era di sesso femminile. Tigrotto era in realtà una ragazza, ma il soprannome "Tigre" era decisamente inadatto a lei.

I nostri operativi non amavano quella parola, "ultimatum"!

— Il mago nero non è dei nostri. — Il Capo avvolse tutti nel suo sguardo annoiato. — Chiaro? Dobbiamo trovarlo per neutralizzare il vortice malefico. Dopodiché lo consegneremo alle Forze delle Tenebre.

— Lo consegneremo? — sottolineò incuriosito Il'ja.

Il Capo rifletté per un istante.

— Già, è giusto sottolinearlo. Noi non lo elimineremo e non gli impediremo di mettersi in contatto con le Forze delle Tenebre. Da quanto ho capito, neppure loro sanno chi è.

I volti degli operativi s'inacidirono. Qualunque mago nero nel territorio controllato era per noi una bella seccatura. Fosse pure registrato e rispettasse il Patto. Un mago di tale forza poi…

— Avrei preferito un'altra evoluzione degli eventi — disse Tigrotto in tono soave. — Boris Ignat'evič, durante lo svolgimento del nostro incarico potrebbero verificarsi delle situazioni indipendenti dalla nostra volontà…

— Temo che non si possano consentire situazioni simili — tagliò corto il Capo, che così, d'istinto, senza intenzione alcuna, simpatizzava per Tigrotto. Ma la ragazza subito tacque.

Anch'io avrei taciuto.

— Direi che è tutto… — Il Capo mi fissò. — È bene che tu sia venuto, Anton. Intendevo proprio parlarne in tua presenza…

Senza volere, mi irrigidii.

— Ieri ti sei comportato in modo corretto. Già, per la verità ti avevo incaricato di cercare i vampiri al solo scopo di sorvegliarli. Non è soltanto per le tue doti operative, Anton… è che ormai da un pezzo la tua situazione si è fatta complicata. Per te uccidere un vampiro è molto più difficile che per chiunque di noi.

— Sbaglia a pensarla così, Capo — dissi.

— Sono felice di sbagliarmi. Accetta la riconoscenza di tutti i Guardiani della Notte. Hai ucciso un vampiro e hai eliminato la traccia della vampira. E una traccia molto marcata. La tua esperienza nel lavoro d'indagine resta inadeguata. Persino con questa ragazza. La situazione era fuori norma, ma tu hai fatto una scelta umana… e così hai perso tempo. E l'impronta dell'aura era straordinaria. Ho capito fin dal primo istante dove cercarla.

Ero sconvolto. Nessuno che sorridesse, sogghignasse o mi fissasse con un sorrisetto maligno. Eppure mi sentivo umiliato. La civetta bianca, che nessuno vedeva, sussultò sulla mia spalla. Inspirai l'aria del Crepuscolo, fresca, inodore, un'aria che non era aria. Chiesi: — Boris Ignat'evič, per quale motivo mi ha dirottato sulla linea circolare, se già sapeva qual era il quartiere giusto?

— Potevo sempre sbagliarmi — replicò lui con una nota di stupore. — E poi te lo ripeto… quando si esegue un lavoro d'indagine è meglio non fidarsi dell'opinione del superiore più alto in grado. In guerra si è sempre soli.

— Ma io non ero solo — dissi piano. — E per la mia partner questo incarico è estremamente importante, lei lo sa meglio di me. Mandandoci a controllare dei quartieri che già si sapeva che erano vuoti… lei l'ha privata della sua occasione di riabilitarsi.

Il volto del Capo era di pietra: non trapelava nulla se lui non lo voleva.

— Il vostro incarico non è ancora concluso — replicò. — Anton, Ol'ga… resta ancora la vampira che deve essere neutralizzata. Qui nessuno ha il diritto di turbare il vostro lavoro: lei ha violato l'accordo. E poi c'è il ragazzo che ha mostrato una straordinaria resistenza alla magia. Occorre ritrovarlo e convogliare la sua forza a favore della Luce. Al lavoro!

— E la ragazza?

— È già stata localizzata. Gli specialisti cercheranno di neutralizzare il vortice. Se non si riuscirà, e sarà così, allora scopriremo chi ha lanciato la maledizione. Ignat, è compito tuo!

Mi voltai: Ignat era già accanto a lui. Alto, prestante, un bel giovane biondo, con la figura di un Apollo e il viso da star del cinema. Si muoveva senza farsi notare anche se questo nella realtà ordinaria non lo salvava dall'attenzione pressante che gli tributava il gentil sesso. Del tutto eccessiva.

— Non rientra nella mia qualifica — disse cupo Ignat. — Non è che sia il mio orientamento preferito!

— Con chi dormire lo sceglierai quando non sei in servizio — tagliò corto il Capo. — Ma in servizio decido io per te su tutto. Persino su quando andare al gabinetto.

Ignat si strinse nelle spalle. Mi guardò, come in cerca di solidarietà, e bofonchiò: — È una discriminazione…

— Qui non sei negli Stati Uniti — ripeté il Capo, e la sua voce si fece insidiosamente gentile. — Sì, certo si tratta di una discriminazione, è sfruttamento di un dipendente nella violazione delle sue esigenze personali.

— E non potrei averlo io questo incarico? — chiese timidamente Garik.

L'atmosfera si surriscaldò. Che Garik nelle questioni amorose fosse un fiasco totale non era un segreto per nessuno. Qualcuno scoppiò a ridere.

— Igor', Garik, voi continuerete a cercare la vampira — disse il Capo, quasi avesse preso sul serio la proposta. — Lei ha bisogno di sangue. L'hanno fermata proprio all'ultimo momento, ora sta impazzendo per la fame e per l'eccitazione. Aspettatevi una vittima da un momento all'altro! Anton, tu e Ol'ga cercate il ragazzino.

Tutto chiaro.

Di nuovo l'incarico più insignificante e più inutile.

In città si preparava una catastrofe infernale, in città c'era una giovane, selvaggia, affamata vampira! E io dovevo cercare un ragazzino dotato di notevoli poteri magici…

— Abbiamo la sua autorizzazione?

— Sì, certo. — Il Capo aveva ignorato la mia timida mossa.

Ruotai su me stesso e, in segno di protesta, uscii dal Crepuscolo. Il mondo sussultò, riempiendosi di colori e di suoni. Spuntai come un pezzo di idiota in mezzo a un giardinetto. A un osservatore esterno sarebbe apparso oltremodo strano. Le tracce erano sparite… e io me ne stavo in piedi su un monticello di neve, con intorno una distesa intatta.

È così che nascono i miti. Dalla nostra imprudenza, dai nostri nervi spezzati, da scherzi malriusciti e gesti esemplari.

— Niente di che — dissi, e avanzai con noncuranza verso il viale.

— Grazie… — mormorò una voce sommessa e tenera al mio orecchio.

— Di che, Ol'ga?

— Di esserti ricordato di me.

— Per te è davvero così importante eseguire l'incarico?

— Molto importante — rispose l'uccello dopo una breve pausa.

— Allora dovremo darci parecchio da fare.

Saltando sui monticelli di neve e sulle pietre — doveva esserci stato un ghiacciaio lì, oppure qualcuno aveva giocato a tirare le pietre in giardino — mi diressi verso il viale.

— Hai del cognac? — chiese Ol'ga.

— Del cognac? Sì, ce l'ho.

— Buono?

— Cattivo non può essere, se è vero cognac.

La civetta ridacchiò. — Inviteresti allora una signora a bere del caffè e del cognac?

Già m'immaginavo una civetta che beve dal piattino il cognac e per poco non mi sbellicai dal ridere.

— Con piacere. Andiamo in taxi?

— Lei vuole scherzare, ragazzo! — replicò all'istante Ol'ga.

Già. Ma quando era stata intrappolata in quel corpo d'uccello? E questo non le impediva di leggere i libri?

— Esiste una cosa che si chiama televisore — bisbigliò l'uccello.

Tenebre e Luce! Ero certo che i miei pensieri fossero al sicuro!

— La telepatia più dozzinale può sostituire perfettamente un'esperienza di vita… anche una profonda esperienza di vita — proseguì maliziosa Ol'ga. — Anton, i tuoi pensieri sono imperscrutabili per me. E dopotutto sei il mio partner.

— Ma io sono così in generale… — Feci un gesto con la mano. Era sciocco negare l'evidenza. — E che facciamo col ragazzino? Ce ne infischiamo dell'incarico? Non è affatto serio…

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