Dal mio ufficio esploso continuo la corsa in autobus fino allo spiazzo ghiaioso del capolinea. И dove si apre l'area lottizzata, terreni edificabili che si alternano a campi arati. Il conducente prepara le pietanze della sua colazione al sacco e il suo thermos e mi guarda dal retrovisore interno.
Sto meditando su dove i poliziotti non verrebbero a cercarmi. Dal fondo dell'autobus vedo una ventina di persone sedute tra me e il conducente. Conto venti nuche.
Venti teste rasate.
Il conducente si gira per chiamarmi: «Signor Durden, signore, sono davvero ammirato per quello che ha fatto».
Io non l'ho mai visto prima.
«Deve scusarmi per questo» dice il conducente. «Il comitato dice che и stata un'idea tutta sua.»
Le teste rasate si voltano una dopo l'altra. Poi uno dopo l'altro i passeggeri si alzano. Uno ha uno straccio in mano e si sente odore di etere etilico. Quello piщ vicino a me impugna un coltello da caccia. Quello con il coltello и il meccanico del fight club.
«Lei и un uomo coraggioso» dice il conducente dell'autobus, «a essersi assegnato un compito da sй.»
«Chiudi il becco» dice il meccanico al conducente, e: «Il palo non spiccica verbo».
Sai che c'и una delle scimmie spaziali che ha un elastico con cui stringerti le palle. Si serrano davanti a me.
«Conosce le regole, signor Durden» dice il meccanico. «Lo ha detto lei stesso. Ha detto che se qualcuno cerca di chiudere un club, fosse anche lei, allora dobbiamo prenderlo per le palle.»
Gonadi.
Gioielli di famiglia.
Testicoli.
Huevos.
Immaginati la parte migliore di te congelata in un sacchetto conservato presso il Saponificio di Paper Street.
«Sa che и inutile opporsi» dice il meccanico.
Il conducente mastica il suo sandwich e ci guarda nello specchio.
Si sta avvicinando una sirena della polizia. Un trattore attraversa rumoroso un campo in lontananza. Uccelli. Un finestrino in fondo all'autobus и mezzo aperto. Nubi. Ci sono ciuffi d'erba che crescono intorno alla ghiaia della piazzuola di manovra. C'и ronzio di api o mosche nell'erba.
«Siamo interessati solo a un piccolo accessorio» dice il meccanico del fight club. «Questa non и una minaccia, questa volta no, signor Durden. Questa volta dobbiamo tagliarle.»
«Sono gli sbirri» annuncia il conducente.
La sirena sbuca da non so dove e si ferma davanti all'autobus.
E con che cosa dovrei oppormi?
Un'auto di pattuglia si ferma davanti all'autobus, nel parabrezza lampeggiano le luci rossa e blu, qualcuno da fuori grida: «Fermi tutti lа dentro».
E io sono salvo.
Suppergiщ.
Posso raccontare di Tyler agli sbirri. Dirт loro tutto del fight club e forse finirт in galera e poi il Progetto Caos sarа problema loro e io non dovrт fissare lo sguardo su una lama di coltello.
I poliziotti salgono sull'autobus e il primo dice: «Gliele avete giа tagliate?».
Il secondo poliziotto dice: «Fate alla svelta, c'и un mandato di cattura per lui».
Poi si toglie il berretto e a me dice: «Niente di personale, signor Durden. И un piacere averla finalmente conosciuta».
Dico io, guardate che state commettendo un grosso errore.
«Ci aveva preannunciato che probabilmente avrebbe detto cosм.»
Io non sono Tyler Durden.
«Ci aveva avvertito che avrebbe detto anche questo.»
Cambio le regole. Potete tenervi il fight club, ma non castreremo nessuno, mai piщ.
«Giа, giа, giа» dice il meccanico. И a metа del corridoio centrale con il coltello in mano. «Ci ha avvertiti che avrebbe senz'altro detto questo.»
D'accordo, allora io sono Tyler Durden. Sono io. Sono Tyler Durden e detto io le regole e dico che devi mettere giщ quel coltello.
Il meccanico si gira: «Qual и il nostro record finora per un taglia e fuggi?».
«Quattro minuti» risponde qualcuno.
«Qualcuno sta cronometrando?» domanda il meccanico.
Ora sono saliti a bordo entrambi i poliziotti e uno guarda l'orologio e dice: «Un momento. Aspetta che la lancetta dei secondi arrivi sul dodici».
Lo sbirro conta: «Nove».
«Otto.»
«Sette.»
Mi lancio verso il finestrino.
Urto con lo stomaco il sottile profilo di metallo e dietro di me il meccanico del fight club grida: «Signor Durden! Cosм ci fa perdere il record!».
Sporgendomi dal finestrino, annaspo sulla gomma nera della ruota posteriore. Afferro il bordo del mozzo e tiro. Qualcuno mi prende per i piedi e mi tira dall'altra parte. Grido al piccolo trattore in lontananza: «Ehi!». E: «Ehi!». La faccia mi si gonfia, scotta piena di sangue, sono appeso a testa in giщ. Mi tiro fuori un po'. Le mani che mi tengono per le caviglie mi tirano indietro. La cravatta mi dondola in faccia. La fibbia della cintura mi si impiglia nel finestrino. Con le api e le mosche e i ciuffi d'erba a pochi centimetri dalla faccia grido: «Ehi!».
Altre mani mi afferrano per i pantaloni, mi trascinano all'indietro, mi fanno scivolare pantaloni e cintura sul sedere.
Qualcuno all'interno dell'autobus grida: «Un minuto!».
Le scarpe si sfilano dai piedi.
La fibbia si libera dal finestrino.
Le mani mi chiudono le gambe. Il telaio del finestrino mi taglia il ventre, caldo di sole. La camicia bianca si gonfia e mi avvolge testa e spalle. Io sono ancora aggrappato al profilo del mozzo della ruota, sto ancora gridando: «Ehi!».
Ho le gambe diritte, allungate dietro di me. Sento i calzoni scivolarmi via. Il sole mi scalda il sedere.
Il sangue mi martella la testa, la pressione mi fa strabuzzare gli occhi, vedo solo la camicia bianca che ho davanti alla faccia. Sento il trattore. Le api. Da qualche parte. Tutto и a un milione di miglia di distanza. A un milione di miglia di distanza dietro di me qualcuno grida: «Due minuti!».
E una mano mi si infila tra le gambe e mi cerca.
«Non fargli male» dice qualcuno.
Le mani che mi tengono le caviglie sono a un milione di miglia. Le immagino in fondo a una strada lunga, lunghissima. Meditazione guidata.
Non pensare al finestrino come a un coltello rovente e poco affilato che ti squarcia la pancia.
Non pensare a una squadra di uomini che giocano al tiro alla fune con le tue gambe.
A un milione di miglia, un fantastiliardo di miglia, una mano rude e calda ti afferra per l'estremitа e ti tira all'indietro e qualcosa ti stringe, sempre di piщ, sempre di piщ.
Un elastico.
Sei in Irlanda.
Sei al fight club.
Sei al lavoro.
Sei in qualche posto ma non qui.
«Tre minuti!»
Qualcuno in lontananza grida: «Conosce la regola, signor Durden. Lascia in pace il fight club».
La mano calda ti contiene. La punta fredda del coltello.
Un braccio ti cintura la vita.
Contatto fisico terapeutico.
L'abbraccio.
E ti senti l'etere schiacciato su naso e bocca. Con forza.
Poi niente, meno di niente. Oblio.