— Oh, cielo — esclamò Miraz, balzando in piedi. — Qualcuno vi ha stregati, oggi? Sembra che mi crediate in cerca di scuse. Datemi del vigliacco, gridatemelo in faccia!
Le cose andavano esattamente come i due lord avevano previsto, e alle richieste di Miraz non risposero.
— Adesso tutto è chiaro — proseguì Miraz. — Siete due conigli, ecco cosa, tanto sfrontati da pensare che il mio cuore sia come il vostro. Scuse per non combattere, puah! Non siete dei soldati? Non discendete dalla stirpe telmarina? Non siete uomini, infine? Se non dovessi accettare la sfida (e dal punto di vista strategico-politico avrei mille buone ragioni per farlo), pensereste che ho paura e magari spargereste la voce voi stessi, è così?
— Nessun uomo della vostra età — rispose Glozelle — verrebbe tacciato di vigliaccheria per aver rifiutato di combattere con un grande guerriero, per giunta nel fiore degli anni. Questo pensa il soldato saggio.
— E così per voi non sono altro che un vecchio con un piede nella fossa, oltre che un inguaribile codardo — ruggì Miraz. — Ma è venuto il momento che vi spieghi come stanno le cose. I vostri consigli da donnicciole non tengono conto dell’aspetto principale, che è quello politico, e nonostante questo mi hanno convinto a fare il contrario. Perché se prima avevo in mente di rifiutare la sfida, adesso l’accetterò di buon grado. Avete sentito, voi due? Accetterò la sfida. E non sarò certo io a vergognarmi perché qualche incantesimo o il germe del tradimento hanno raffreddato il vostro sangue e l’hanno fatto stagnare!
— Vostra Maestà, vi scongiuriamo di… — lo pregò lord Glozelle, ma Miraz era già balzato fuori dalla tenda e i due nobili lo sentirono proclamare a gran voce, al cospetto di Edmund, la sua decisione di accettare la sfida.
I due lord si scambiarono uno sguardo e cominciarono a confabulare.
— Sapevo che avrebbe accettato. Bastava farlo arrabbiare — disse Glozelle. — Ma non potrò mai dimenticare che mi ha dato del vigliacco. Pagherà, per questo.
Quando venne riferita la notizia e diffusa tra tutte le creature, nella Casa di Aslan ci fu grande eccitazione. Edmund, con uno dei capitani di Miraz, aveva già delineato il luogo del combattimento che era stato recintato con corde e paletti. Due Telmarini avrebbero presidiato gli angoli di Miraz, un altro sarebbe rimasto su uno dei lati, al centro, come guardalinee. Anche il Re supremo avrebbe avuto diritto a tre guardalinee, due per gli angoli e uno per il lato opposto.
Peter aveva cominciato a spiegare a Caspian che non poteva aspirare al ruolo di guardalinee perché la posta del duello era il suo diritto al trono, quando un vocione assonnato disse a un tratto: — Vostra Maestà, perdonate. — Peter si voltò e si trovò davanti il più anziano degli orsi giganti.
— Maestà, se permettete sono un orso…
— Lo so — rispose Peter — e so anche che sei coraggioso. Non ho alcun dubbio.
— Vi ringrazio, Maestà. Ma vedete, è sempre stato un diritto di noi orsi garantire un guardalinee — ribatté quello.
— Non dategli ascolto, Sire — sussurrò Briscola. — È una creatura brava e buona, ma se acconsentirete alla sua richiesta ci coprirà di vergogna. Prenderà sonno, con la zampa in bocca, proprio davanti ai nemici.
— Non posso farci nulla — ribatté Peter — perché è un suo diritto. Gli orsi godono di quel privilegio e mi stupisce che sia riuscito a ricordarsene dopo tutti questi anni, quando tante cose sono state dimenticate!
— Vi prego, Maestà…
— È un tuo diritto — fece Peter — e sarai uno dei guardalinee. Ma devi ricordarti di non succhiare la zampa.
— Certo, naturalmente — rispose l’orso, indispettito da una simile richiesta.
— No, no! Ma non vedete che ha la zampa in bocca anche adesso? — riprese Briscola.
L’orso si tolse la zampa di bocca e finse di non aver sentito le parole del nano.
— Sire — gridò una vocina acuta che sembrava venire da terra.
— Oh, sei tu, Ripicì — disse Peter, guardando prima su, poi giù e intorno, come si fa quando è un topo che parla.
— Sire — spiegò Ripicì — la mia vita è vostra, ma l’onore appartiene a me. L’unico trombettiere dell’esercito di Vostra Maestà è uno dei miei topi: per questo ritengo che anche noi dovremmo in qualche modo partecipare al duello. Vedete, il mio popolo è afflitto. Forse, se venissi prescelto fra i guardalinee, si tirerebbe su di morale.
In quell’istante un rumore fragoroso, simile a un rombo di tuono, si scatenò dall’alto: Tempesta il gigante era scoppiato in una delle sue risate fragorosissime e a dire il vero poco intelligenti e motivate. Eh sì, povero gigante, a volte è più forte di lui! Non appena si rese conto che Ripicì aveva capito da dove proveniva quel fracasso, smise di ridere di colpo e si fece bianco come un lenzuolo.
— Credo che non sia possibile, Ripicì — rispose Peter, dispiaciuto. — Vedi, alcuni esseri umani hanno paura dei topi.
— Lo so, Sire, me ne sono accorto.
— Non sarebbe leale nei confronti di Miraz — proseguì Peter — costringerlo a trovarsi sotto il naso qualcosa che potrebbe fiaccarne il coraggio.
— Maestà, voi siete l’onore in persona — replicò il topo con uno dei suoi elegantissimi inchini. — Ma… mi è sembrato di sentire delle risate, alle mie spalle. Se qualcuno dei presenti mi considera l’oggetto dei suoi sberleffi, non mi tirerò indietro e neppure la mia spada. Sono a sua completa disposizione…
Un silenzio di tomba seguì quell’affermazione, poi fu Peter a parlare: — Il gigante, uno degli orsi e il centauro saranno i nostri guardalinee. Il duello avrà luogo due ore dopo mezzogiorno. A mezzogiorno in punto sarà servito il pranzo.
— Pensavo — disse Peter, allontanandosi insieme a Edmund — che certo andrà tutto per il meglio. In ogni caso, tu credi di farcela a sconfiggere l’esercito di Miraz?
— Fra poco lo scopriremo, non ti pare?
14
Come tutti si diedero un gran daffare
Mancavano pochi minuti alle due e Briscola, in compagnia del tasso, sedeva assieme alle altre creature sulla cima della collina, osservando la schiera abbagliante dell’esercito di Miraz a due tiri di freccia da lì. Fra il campo di Caspian e quello di Miraz, una zolla d’erba quadrata era stata recintata per il duello. Ai due angoli opposti si trovavano Glozelle e Sopespian, con le spade sguainate; gli angoli più vicini erano controllati dal gigante e dall’orso, che senza tenere nel minimo conto le raccomandazioni di poco prima, aveva cominciato a succhiarsi beatamente la zampa e aveva l’aria un po’ tonta. Per bilanciare la situazione il centauro, che controllava la linea di sinistra, se ne stava rìgido e impettito: certo, ogni tanto scalpitava con gli zoccoli posteriori, ma aveva un portamento di gran lunga più nobile ed elegante del barone nemico che aveva di fronte. Peter, intanto, aveva appena finito di stringere la mano a Edmund e al dottore, e si accingeva a raggiungere il luogo del duello. Che atmosfera, ragazzi! Quasi come il momento che precede il via di una gara importante, ma in questo caso molto, molto più tesa.
— Ah, se Aslan si fosse fatto vivo e avessimo potuto evitare tutto questo — esclamò Briscola.
— Hai ragione — replicò Tartufello. — Ma guarda un po’ dietro di te.
— Per mille cornacchie — borbottò il nano, stupito, appena si fu voltato. — E quelli chi sono? Mamma, come sono grandi e belli… sembrano dei, dee e giganti. Centinaia e centinaia, e vengono verso di noi.
— Sono driadi, amadriadi e silvani — disse Tartufello. — Aslan li ha svegliati.
— Bene bene, ci saranno utili in caso di tradimento. Ma non potranno fare molto per il nostro Re supremo, se Miraz si dimostrerà più abile e veloce con la spada.
Il tasso non rispose, perché proprio in quel momento Peter e Miraz entravano nel quadrato, ognuno da un lato diverso e tutti e due a piedi. Portavano la cotta di maglia, l’elmo e lo scudo. Avanzarono lentamente, fino a che non furono a un passo l’uno dall’altro: Miraz e Peter si inchinarono, forse si scambiarono qualche parola, sebbene nessuno riuscisse a capire cosa si fossero detti. Un istante più tardi le spade brillarono alla luce del sole. Per una frazione di secondo si sentì il rumore dei colpi, coperto subito dalle grida dei due eserciti che avevano cominciato a fare il tifo come se assistessero a una partita di calcio.