Литмир - Электронная Библиотека

— Maestà, noi siamo in dodici — annunciò Ripicì, inchinandosi davanti a Caspian — e vi prometto solennemente che il mio popolo e io saremo a vostra completa disposizione.

A stento Caspian riuscì a trattenere il riso, ma non poté fare a meno di pensare che qualcuno avrebbe potuto facilmente infilare Ripicì e compagni nel cesto della biancheria e portarseli a casa sulle spalle.

Ci vorrebbe troppo tempo per elencare tutte le creature che Caspian incontrò quel giorno. Fra queste, ad esempio, la talpa Scavazolletta, i tre Roditori (che poi erano tassi come Tartufello) e ancora Camillo la lepre e Ricciolino il porcospino.

Alla fine si fermarono accanto a un pozzo sul limitare di un ampio prato coperto d’erba, tondo e circondato da olmi altissimi che a quell’ora del giorno disegnavano lunghe ombre. Era il tramonto, il sole stava per calare e le cornacchie volavano verso il loro letto. Visto che era ora di cena, Caspian e i suoi compagni mangiarono le provviste che avevano portato con sé, mentre Briscola si accendeva la pipa (Nikabrik, al contrario, non fumava).

— Ora — disse il tasso — non ci resterebbe che svegliare gli spiriti del pozzo e di questi alberi. Allora sì che avremmo fatto un buon lavoro.

— E non possiamo farlo? — chiese Caspian.

— No — spiegò Tartufello. — Vedete, non abbiamo nessun potere su di loro. Quando gli uomini si sono impossessati di questa terra, abbattendo le foreste e deviando le correnti, le driadi e le naiadi sono cadute in un sonno profondo. Come possiamo sapere se vogliono svegliarsi di nuovo? È una grossa perdita, per noi. Gli abitanti della terra di Telmar hanno una gran paura delle foreste, e se gli alberi decidessero di marciare contro di loro, i nostri nemici impazzirebbero dal terrore e fuggirebbero da Narnia veloci come il vento.

— Certo che a voi animali la fantasia non manca — esclamò Briscola, che non credeva a nulla di quanto aveva appena detto il tasso. — Ma perché dovremmo limitarci agli alberi e alle acque? Non sarebbe fantastico se le pietre decidessero di scagliarsi direttamente contro il vecchio Miraz?

A queste parole il tasso borbottò qualcosa, poi scese un lungo silenzio; Caspian stava quasi per cadere addormentato quando gli parve di sentire una musica lontana salire dal profondo della foresta, proprio alle sue spalle. "Sto sognando" pensò, e chiuse gli occhi di nuovo. Ma appena le sue orecchie si posarono sul terreno, gli parve di sentire, e forse sentì, qualcosa che somigliava a un battito leggero, quasi il rullio di un tamburo. Di scatto sollevò la testa: a questo punto il rumore si fece più debole, ma la musica tornò di nuovo, più chiara. Sembravano flauti, adesso. Caspian si voltò e vide che Tartufello era in piedi, fisso in direzione della foresta. Intanto la luna brillava alta nel cielo, segno che Caspian aveva dormito più del previsto. La musica era vicina, sempre più vicina. Pareva selvaggia e quasi irreale, e a Caspian sembrò di udire il leggero scalpiccio di mille piedi, fino a che dalla foresta uscirono alcune figure che ballavano alla luce della luna. Mai in vita sua aveva visto qualcosa di simile. Erano alte quanto i nani, ma decisamente più snelle e aggraziate. La testa ricciuta era sormontata da due piccole corna, mentre alla luce debole e fioca la parte superiore del corpo sembrava nuda. Le gambe e i piedi, al contrario, somigliavano a zampe di capre.

— I fauni — gridò Caspian, saltando su.

In un batter d’occhio lo circondarono e il giovane spiegò loro la situazione; i fauni furono d’accordo e prima di rendersi conto di quello che faceva, Caspian si trovò coinvolto nella danza. Briscola, con movimenti decisamente più impacciati e pesanti, fece altrettanto, e Tartufello cominciò a saltellare e divincolarsi, cercando di fare del suo meglio. Solo Nikabrik si fece in disparte, osservando in silenzio. Poi i fauni danzarono intorno a Caspian suonando gli zufoli di canna.

Lo osservarono attentamente con il loro volto strano, felice e triste nello stesso tempo. Decine di fauni: Mentius, Obentinus e Dumnus, Voluns, Voltinus, Girbius, Nimienus, Nausus, Oscuns; era stato Zampalesta a invitarli tutti.

Il mattino seguente, al risveglio, Caspian stentò a credere che non si fosse trattato di un sogno. Ma l’erba, tutt’intorno, recava le impronte dei piccoli zoccoli.

7

La Vecchia Narnia è in pericolo

I fauni li avevano incontrati sul Prato Ballerino, e lì Caspian e i suoi amici rimasero fino alla notte in cui si tenne la grande assemblea. Dormire sotto le stelle, bere solo acqua di sorgente e cibarsi di ghiande e dei frutti della terra fu per Caspian un’esperienza unica. Pensate che fino ad allora aveva dormito tra lenzuola di seta in una camera interamente affrescata del castello, e che ogni giorno gli servivano il pranzo in piatti d’oro e d’argento, nel vestibolo, con gli attendenti pronti a scattare a un suo ordine. Eppure, Caspian non si era mai divertito tanto. Mai sonno fu più riposante né cibo più saporito; inoltre si era fatto più robusto e i lineamenti del viso erano ormai quelli di un uomo.

Venne infine la grande notte. Mentre le strane creature raggiungevano il prato, luogo dell’incontro, da sole, in coppia, in gruppi di tre e a volte anche di sei o sette, alla vista della gente che lo salutava e gli rendeva omaggio sotto la luce splendente della luna, Caspian provò una grande emozione e il suo cuore cominciò a battere forte. Erano arrivati tutti quelli che aveva visitato: gli orsi giganti, i Nani Rossi e quelli Neri. E ancora le talpe e i tassi, e altri che non aveva mai incontrato come i cinque satiri rossi come lepri, e il contingente dei topi parlanti al gran completo, armati fino ai denti e annunciati da uno squillo di tromba, alcuni gufi e il vecchio corvo di Corveria. Infine (e qui a Caspian mancò il respiro) arrivarono i centauri in compagnia di un gigante, per la verità non molto grosso, che si chiamava Tormenta e proveniva dalla Collina dell’Uomomorto. Sulle spalle portava una cesta con alcuni nani che soffrivano il mal di mare. I poveretti avevano accettato il passaggio offerto dal gigante, ma adesso rimpiangevano di non essere venuti a piedi.

I grandi orsi non vedevano l’ora di partecipare al banchetto, ma erano intenzionati a ripartire subito dopo l’assemblea, magari l’indomani stesso. Ripicì e i suoi topi dichiararono che il banchetto e l’assemblea potevano aspettare e la cosa migliore consisteva nel rapire Miraz nel suo castello, quella notte stessa. Zampalesta e gli altri scoiattoli sostennero di poter mangiare e discutere nello stesso tempo: quindi, perché non tenere il banchetto e l’assemblea contemporaneamente? Le talpe proposero di scavare innanzi tutto una trincea intorno a Prato Ballerino, mentre i fauni erano dell’avviso che si dovesse iniziare con una danza solenne. Il vecchio corvo, d’accordo con gli orsi nel ritenere che non conveniva fare l’assemblea prima di cena perché sarebbe andata per le lunghe, chiese il permesso di pronunciare un breve discorso di apertura. Ma Caspian, sostenuto dai nani e dai centauri, non tenne conto dei suggerimenti di nessuno e insistette nel dichiarare aperto un vero e proprio consiglio di guerra.

Le creature, finalmente convinte, si disposero in cerchio e sedettero in silenzio, mentre Zampalesta, che fino a quel momento non aveva fatto che correre avanti e indietro zittendo gli altri («Silenzio, fate silenzio! Parla il re») fu messo a sua volta a tacere. Caspian, emozionato, cominciò a parlare.

— Popolo di Narnia — esordì, ma dovette interrompersi subito perché Camillo la lepre lo interruppe con un avvertimento: — Fermi tutti, c’è un uomo nei paraggi.

Erano creature della foresta abituate a essere cacciate, e alle parole di Camillo rimasero immobili come tante statue di marmo. Poi gli animali puntarono il naso nella direzione indicata da Camillo.

13
{"b":"120928","o":1}