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— Bene, bravo Peter — gridò Edmund appena vide Miraz vacillare, indietreggiando di almeno un passo e mezzo. — Avanti, inseguilo, stagli dietro! — E Peter eseguì. Per qualche secondo sembrò che avesse già vinto la tenzone, ma Miraz fece appello a tutte le sue forze e cominciò a far valere il suo peso e l’altezza.

— Miraz, Miraz! Il re, il re! — gridavano i Telmarini.

Caspian e Edmund erano pallidi come lenzuola, agitati e ansiosi.

— Peter è stato colpito male — esclamò Edmund.

— Accidenti, e ora cosa succede? — chiese Caspian.

— Mmm, si ritirano. Forse c’è un po’ di vento… No, guardate, ricominciano e studiano le mosse con maggior attenzione, stavolta. Girano l’uno intorno all’altro, tentando di indebolire le difese dell’avversario.

— Mi spiace doverlo ammettere, ma Miraz sa il fatto suo — borbottò il dottore. Non aveva ancora finito di pronunciare quelle parole che un baccano assordante coprì ogni rumore. Un gran battere di mani, guaiti e lanci di elmetti.

— Ehi, si può sapere cosa succede? Cosa è stato? — chiese il dottore. — Mi sono perso la scena.

— Il Re supremo ha colpito Miraz sotto l’ascella — spiegò Caspian, continuando ad applaudire. — Proprio dove il giro manica dell’usbergo lascia scoperta la pelle. Primo sangue versato.

— Di nuovo le cose non si mettono bene, per Peter — disse Edmund. — Non usa lo scudo come si deve. Se non fa attenzione, Miraz lo colpirà al braccio destro.

Aveva ragione: in quel momento, tutti videro lo scudo di Peter penzolargli dal braccio.

Il tifo del nemico raddoppiò e si fece ancora più assordante.

— Voi che avete partecipato a numerose battaglie — chiese Caspian — credete che abbia ancora la possibilità di farcela?

— Ben poche — rispose Edmund. — Ma potrebbe cavarsela. Con un pizzico di fortuna…

— Perché abbiamo lasciato che accadesse tutto questo? — sospirò Caspian.

Improvvisamente le fazioni tacquero. Edmund, confuso per un attimo, disse: — Ho capito. Di comune accordo, hanno deciso di fare una pausa. Venite, dottore, forse possiamo fare qualcosa per il Re supremo.

Corsero fino al quadrato e Peter, oltrepassando le corde, andò loro incontro. Aveva la faccia paonazza, era sudato fradicio e respirava a fatica.

— Sei ferito al braccio? — chiese Edmund.

— Non esattamente — rispose Peter. — Si è gettato sul mio scudo con tutto il suo peso, come un sacco di patate, e l’orlo dello scudo mi ha colpito il polso. Non penso che sia rotto, ma potrebbe essersi slogato. Se riuscite a farmi una buona fasciatura, forse le cose andranno meglio.

Mentre si occupavano del polso, Edmund chiese ansioso: — Peter, che ne pensi di lui?

— È forte, accidenti se è forte. Posso farcela solo se riesco a portarlo verso l’altura. Miraz è grosso e pesante e qui fa molto caldo. Se anche il vento si mette dalla mia… Ma a dire la verità non ho molte speranze, Edmund. Ti prego, se dovesse succedermi qualcosa saluta e abbraccia tutti a casa. Oh, ecco che torna. Addio, amici. Arrivederci, dottore. Ancora una cosa, Edmund: un saluto speciale a Briscola, è un vero amico.

Edmund era pietrificato e non riuscì a spiccicare parola. In compagnia del dottore raggiunse i suoi, mentre una grande angoscia gli rodeva lo stomaco. Ma la seconda fase del duello offri nuove speranze. Sembrava che Peter avesse finalmente imparato a usare lo scudo e i piedi: si portava fuori tiro come se giocasse a saltarello, inventava mille giochetti, insomma faceva dannare il povero Miraz.

— Vigliacco, codardo — gridarono i Telmarini. — Perché non lo affronti? Hai paura, eh? Sei venuto per combattere, non per ballare.

— Speriamo che non tenga conto di quelli — esclamò Caspian.

— Non Peter, stanne certo — disse Edmund. — Tu non lo conosci, lui… Oh! — Si interruppe. Miraz aveva colpito il Re supremo sull’elmo e il ragazzo perse l’equilibrio, barcollò pericolosamente e scivolò di fianco, cadendo in ginocchio. Il ruggito dei fedeli di Miraz somigliava al fragore del mare in burrasca.

— Forza Miraz, vai Miraz, adesso. È il momento. Ammazzalo, ammazzalo! — Ma non c’era bisogno di incitare Miraz l’Usurpatore. Il re, infatti, aveva già assalito Peter. Edmund si morse le labbra a sangue, la spada di Miraz stava per calare sul povero Peter. Da un momento all’altro la testa gli sarebbe volata via… Grazie al cielo! Miraz lo aveva colpito alla spalla, ma la cotta di maglia, opera dei nani, risuonò senza rompersi.

— Grandi stelle — gridò Edmund. — È di nuovo in piedi. Forza, Peter!

— Non riesco a vedere cosa sta succedendo — si lamentò il dottore. — Come ha fatto?

— Si è attaccato al braccio di Miraz quando stava per colpire di nuovo — spiegò Briscola, saltando di gioia. — Quello sì che è un uomo. Usare il braccio del nemico come scala… che idea geniale. Il Re supremo, viva il Re supremo! Avanti, Vecchia Narnia, è il tuo momento.

— Guardate — disse Tartufello. — Miraz è fuori di sé. Bene, molto bene.

Combattevano furiosamente, sferrando colpi così violenti che all’uno e all’altro pareva impossibile di essere ancora in vita. A mano a mano che il duello si faceva più entusiasmante, grida e schiamazzi tacquero. Gli spettatori stavano in silenzio, trattenendo il respiro: era quello che potremmo definire uno spettacolo orribile e magnifico.

Un boato salì dalle file degli uomini di Narnia: Miraz era caduto. Non era stato Peter a colpirlo, era caduto a faccia in giù dopo essere inciampato su un ciuffo d’erba. Peter fece un balzo indietro, aspettando che si alzasse.

— Accidenti e straaccidenti — borbottò Edmund fra sé. — Che bisogno c’era di comportarsi da gentiluomo in un’occasione come questa? Be’, non poteva fare altro: è un cavaliere, e soprattutto è il Re supremo. Aslan avrebbe molto apprezzato il suo gesto, ma quel selvaggio sarà in piedi fra meno di un minuto e allora…

Invece "quel selvaggio" non si alzò più e Glozelle e Sopespian poterono attuare il piano che avevano ordito. Non appena videro Miraz a terra, irruppero nel quadrato dove si era tenuto il combattimento e gridarono: — Tradimento, tradimento! L’uomo di Narnia, infingardo e sleale, ha colpito Miraz alla schiena mentre era a terra e non poteva difendersi. Alle armi, uomini di Telmar.

Peter non riusciva a capire cosa stesse succedendo. Vide due omoni grandi e grossi correre verso di lui, la spada snudata. Un altro degli uomini di Miraz scavalcò le funi a sinistra.

— Alle armi, alle armi! Tradimento, tradimento — gridò Peter.

Se i tre uomini gli fossero piombati addosso insieme, Peter non avrebbe più avuto la forza di parlare. Ma Glozelle si fermò a pugnalare il cadavere di Miraz.

— Questo per l’insulto di stamattina, razza di bastardo — disse sottovoce, mentre la lama entrava nella ferita.

Peter si trovò faccia a faccia con Sopespian e in un colpo gli tagliò le gambe e mozzò la testa. Ora Edmund era al suo fianco e gridava a più non posso: — Narnia, Narnia! Il leone!

L’esercito di Miraz marciò verso di loro, ma il gigante lo contrastò minaccioso e agitava la clava, piegato a metà. Il centauro caricò mentre la squadra di nani arcieri scendeva dalla collina. Briscola combatteva sulla sinistra e ormai la battaglia infuriava dovunque.

— Ricipì, Ricipì, torna indietro, piccolo sciocco — gridò Peter. — Sarai il solo a rimetterci la pelle. Questo non è il posto adatto a un topo.

Ma le piccole, ridicole creature danzavano fra i piedi dei soldati con la spada in pugno. Quel giorno molti uomini di Miraz ebbero la sensazione di avere spiedi conficcati nei piedi: poveretti, non facevano che saltare su una gamba sola, imprecando per il dolore. Se cadevano a terra, i topi li finivano; se rimanevano in piedi, ci pensava qualcun altro.

Quando gli abitanti della Vecchia Nanna cominciarono a prenderci gusto, si accorsero che il nemico se la dava a gambe. I guerrieri più terribili e sanguinari erano diventati improvvisamente pallidi come la morte, terrorizzati non dai nemici ma da qualcosa che avanzava dietro di loro. Lasciarono cadere le armi e cominciarono a gridare: — La foresta, la foresta! Questa è la fine del mondo…

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