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Quello nuovo, lo stranièro, fu il primo a parlare con Dirk. Aveva la schiena voltata verso la porta, ma si voltò quando gli altri voltarono gli occhi da quella parte e corrugò la fronte. Era più alto di tutta la testa sia di Vikary, che di Janacek e torreggiava al di sopra di Dirk, anche se era distante parecchi metri. Aveva la pelle molto scura, soprattutto pareva scura in confronto all’abito bianco latte che indossava al di sotto di un corto mantello pieghettato di color violetto. Aveva capelli grigi striati di bianco, che gli ricadevano sulle larghe spalle ed i suoi occhi… erano schegge di ossidiana incastonate nel volto bruno che aveva centinaia di piccole rughe e rughette… Quegli occhi non erano amichevoli. Nemmeno la sua voce. Lanciò un rapido sguardo a Dirk, poi disse, molto semplicemente: «Se ne vada».

«Come?». Non ci poteva essere una risposta più stupida, pensò Dirk dopo aver detto quella parola, ma non gli venne in mente altro.

«Ho detto di uscire», ripeté il gigante vestito di bianco. Aveva tutti e due gli avambracci scoperti, come Vikary, per far vedere i due braccialetti quasi gemelli: giada-e-argento al braccio sinistro e ferro-e-fuoco sul destro. Ma la forma e le incastonature dei braccialetti dello straniero erano molto differenti. L’unica cosa che era uguale a quella di Vikary, esattamente, era la pistola che aveva al fianco.

Vikary intrecciò le braccia, come aveva già fatto Janacek. «Qui è casa mia, Lorimaar alto-Braith. Non hai alcun diritto di fare il prepotente con quelli che vengono perché io li ho invitati».

«Non credo che tu sia stato invitato, Braith», aggiunse Janacek con un sottile sorriso velenoso.

Vikary fissò il suo teyn, poi scosse il capo decisamente e vigorosamente. No. Ma perché? Si chiese Dirk.

«Vengo da te con grande mestizia, Jaantony alto-Ferrogiada, per parlare seriamente», ruggì il Kavalar vestito di bianco. «Dobbiamo proprio trattare davanti ad uno che viene da altri mondi?». Fissò ancora Dirk, sempre con la fronte aggrottata. «Un falsuomo, per quel che ne so».

La voce di Vikary era tranquilla ma decisa quando rispose. «Abbiamo finito di trattare, amico. Ti ho già dato la mia risposta. La mia betheyn è sotto la mia protezione, così come il Kimdissi, ed anche quest’uomo»… indicò Dirk con un gesto della mano, poi incrociò di nuovo le braccia… «e se prendi una di queste persone, allora preparati a prendere anche me».

Janacek sorrise. «Lui non è nemmeno un falsuomo», disse asciutto l’uomo con la barba rossa. «Si tratta di Dirk t’Larien, korariel di Ferrogiada, che ti piaccia o no». Janacek si voltò di pochi centimetri verso Dirk ed indicò lo straniero vestito di bianco. «t’Larien, questo è Lorimaar Reln Volpebianca alto-Braith Arkellor».

«Uno dei nost’ri vicini», disse Gwen dal divano, parlando per la prima volta. «Anche lui abita a Larteyn».

«Lontano da voi, Ferrogiada», disse l’altro Kavalar. Non pareva felice. Il cipiglio che aveva sul viso era profondamente incavato e gli occhi neri si muovevano da uno all’altro, pieni di rabbia gelida, poi si posarono su Vikary. «Tu sei più giovane di me, Jaantony alto-Ferrogiada, ed il tuo teyn è più giovane ancora e non ho nessuna voglia di fronteggiarvi in duello. Del resto il codice ha le sue regole, come tu ed io sappiamo bene e nessuno di noi desidera andare troppo oltre. Voi, giovani altolegati, vi spingete sovente un po’ troppo vicini a questi limiti, mi pare, e la cosa capita soprattutto agli altolegati di Ferrogiada, e…»

«E, tra quelli di Ferrogiada, succede soprattutto a me», disse Vikary, terminando la frase al posto dell’altro.

Arkellor scosse il capo. «Un tempo, quando io ero appena un bambinetto nella granlega di Braith, si faceva un duello quando solamente uno interrompeva un altro, come hai fatto adesso tu. È vero: i vecchi tempi sono andati. Gli uomini di Alto Kavalaan si fanno dei mollaccioni davanti ai miei occhi»:

«Tu pensi che io sia un mollaccione?», chiese calmo Vikary.

«Sì e no, alto-Ferrogiada. Tu sei strano. Possiedi una certa durezza che nessuno può negare, e questa è una buona cosa, ma Avalon ti ha lasciato il puzzo da falsuomo, ti ha toccato con la debolezza e la stoltezza. Non mi piace la tua vacca-betheyn e non mi piacciono i tuoi "amici". Se fosse capitato quando ero più giovane… sarei venuto da te furibondo e ti avrei mostrato l’antica saggezza della granlega, quella che tu pari aver tanto facilmente dimenticato».

«Ci chiami ai duello?», chiese Janacek. «Dici cose forti».

Vikary districò le braccia e fece un gesto vago con la mano. «No, Garse. Lorimaar alto-Braith non ci sta chiamando al duello. Che ne dici, amico altolegato?».

Arkellor attese per diversi momenti, fin troppo prima di rispondere. «No», disse. «No, Jaantony alto-Ferrogiada, non era inteso alcun insulto».

«Nessun insulto è stato acquisito», disse Vikary, sorridendo.

L’altolegato Braith non sorrise. «Buona fortuna», disse malvolentieri. Andò presso la porta a lunghi passi, aspettando solo l’istante che occorse a Dirk per levarsi di torno in gran fretta, poi passò oltre e si avviò verso il tetto. La porta si chiuse alle sue spalle.

Dirk fece per andare verso gli altri, ma il gruppo si stava muovendo. Janacek aggrottò la fronte e fece un cenno con il capo, poi si avviò verso un’altra stanza, velocemente. Gwen si alzò, pallida e scossa e Vikary fece un passo verso Dirk.

«Questa era una cosa che tu non dovevi sentire», disse il Kavalar. «Ma forse servirà ad illuminarti. Comunque mi dispiace che tu fossi presente. Non vorrei che tu avessi la stessa impressione di Alto Kavalaan che ha il Kimdissi».

«Non capisco», disse Dirk. Vikary gli mise un braccio attorno alle spalle e lo trascinò verso la sala da pranzo. Gwen stava subito dietro a loro. «Di che cosa si stava parlando?».

«Ah, di tante cose. Ti spiegherò. Ma ti devo confessare una seconda cosa che non mi è piaciuta: che non fosse ancora stata preparata la colazione che ti era stata promessa». Sorrise.

«Posso aspettare». Entrarono nella sala da pranzo e si sedettero. Gwen era sempre silenziosa e preoccupata. «Com’è che mi ha chiamato Garse?», chiese Dirk. «Kora-qualcosa, che cosa vuol dire?».

Vikary parve esitare. «La parola è korariel. Si tratta di una parola in antico Kavalar. In tutti questi secoli il suo significato originale è cambiato. Oggi e in questo posto, se usata da Garse, o da me, significa protetto. Protetto da noi, dai Ferrogiada».

«Questo è ciò che tu vorresti significasse, Jaan», disse Gwen, con la voce spinosa ed arrabbiata. «Digli il significato vero!».

Dirk aspettò. Vikary incrociò le braccia e gli occhi cominciarono a spostarsi dall’uno all’altra. «Benissimo, Gwen, se lo vuoi tu». Si voltò verso Dirk. «Il vecchio significato è letteralmente proprietà protetta. Spero proprio che tu non ti senta insultato per questo. Non è inteso insulto. Korariel è usato per tutte le persone che non fanno parte di una granlega, ma vengono considerate e rispettate».

Dirk si ricordò delle cose che Ruark gli aveva detto la sera prima, di quelle parole che lui aveva a mala pena percepito in mezzo alla foschia provocatagli dal vino verde. Sentì la rabbia che gli si arrampicava addosso come una marea rossa e dovette farsi forza per tenerla a freno. «Non sono abituato ad essere una proprietà», disse mordacemente, «e non me ne importa niente se sono molto considerato. E da che cosa mi dovresti proteggere?».

«Da Lorimaar e dal suo teyn Saanel», disse Vikary. Si piegò attraverso il tavolo ed afferrò Dirk saldamente per un braccio. «Può darsi che Garse abbia usato la parola un po’ troppo leggermente, t’Larien, però al momento gli deve essere senz’altro sembrata la cosa migliore: una vecchia parola per un vecchio concetto. Sbagliato… sì, non ho difficoltà ad ammetterlo. È sbagliato per te che sei un essere umano e non appartieni a nessuno. Però era la parola giusta da usarsi con uno come Lorimaar alto-Braith, che capisce solo questo e poco altro. Se la cosa ti disturba tanto — e so quanto fastidio dia a Gwen — allora sono enormemente dispiaciuto che il mio Teyn abbia usato questa parola».

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