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— Bene — disse alla fine il vecchio soldato. — Credo che faremo meglio a portare le autoblindo nei cortili delle case, dove saranno meno visibili. E sarà meglio scegliere i cortili in modo che i mezzi possano aiutarsi a vicenda col fuoco incrociato in caso di attacco. Dovremo difenderci con un plotone di cuccioli ammalati. — Tornò a guardare Furetto. — Ripeto che non mi fiderei neanche un attimo di quello lì.

— Avremo il vantaggio delle armi — disse Alec.

Jameson lo guardò con aria compassionevole. — Non servirà molto se gli uomini al momento di premere il grilletto dovranno invece tenersi la pancia.

Alec non riuscì a reggere oltre. Si alzò faticosamente e si allontanò barcollando alla ricerca di un posto isolato.

Il sole era ormai alto quando si costrinse a tornare nella strada dell'ufficio postale. Era madido di sudore, ma rabbridividiva dal freddo. Puzzava. Gli tremavano le ginocchia per lo sforzo di reggersi in piedi.

Due braccia robuste lo sostennero alle spalle.

— Dio mio, te la sei presa proprio brutta, eh? — disse Will Russo. La sua espressione solitamente gioviale era scomparsa. Adesso era mortalmente serio.

— Non è niente… — balbettò Alec.

Will lo fece entrare nell'ufficio postale, e dopo averlo sistemato sul pavimento con la schiena contro il banco, si accovacciò vicino a lui e disse: — Senti, noi dobbiamo andarcene. A nord abbiamo parecchio da fare…

— Andatevene pure — ribatté Alec con un filo di voce.

— Lasciami finire, testone. So che ti sembra di morire, ma non morrai. Fra pochi giorni starai di nuovo bene. Bisogna però evitare che ti salga la febbre, perché indebolisce e facilita altre malattie infettive. Avete febbrifughi… aspirina, roba del genere?

— Sì… ma poco altro.

— Basta l'aspirina. Prendine e fa' dei bagni freddi per abbassare la temperatura. Lo stesso vale anche per gli altri.

— Va bene. — Nel suo intimo Alec rifuggiva dall'idea di servirsi dell'acqua per fare un bagno. Era troppo preziosa.

— Senti — continuò Russo. — vedo che qualcuno dei tuoi è ancora abbastanza in forze per portare le autoblindo nei garage o nei negozi. Tienile fuori vista, così forse nessuno vi darà fastidio.

Alec non aprì bocca.

— Probabilmente le bande con cui abbiamo avuto a che fare si sono sparpagliate per la campagna, ma puoi stare certo che non hanno lasciato la zona. Ho chiesto a un paio di contadini di fare la guardia e di avvertirvi se notano qualche banda. I residenti ci hanno già aiutato in altre occasioni, quindi se sarà possibile vi avvertiranno.

— Bene.

— Ma non dipendere troppo da loro — lo ammonì Will. — Non rischieranno la pelle per aiutare un gruppo di estranei. State all'erta. Specialmente di notte.

Certo, staremo all'erta, pensò Alec. Sarà già tanto se riusciremo a reggerci in piedi.

— Bene… — Russo si alzò, e torreggiando su di lui concluse: — Buona fortuna. Spero che riusciate a cavarvela, e forse un giorno ci incontreremo in circostanze migliori.

Quando ci incontreremo di nuovo ci spareremo addosso, pensò Alec.

La prima notte non fu poi tanto brutta. Prima che sorgesse la Luna uno degli uomini vide qualcosa muoversi lungo la strada e sparò una raffica di mitra. Tutti, sani e ammalati, si alzarono. Ma l'allarme cessò subito, e la notte trascorse tranquilla, o così parve ad Alec e ai suoi.

Il giorno dopo era nuvoloso e verso mezzogiorno cominciò a piovere. Alec giaceva completamente privo di forze sul pavimento dell'ufficio postale vicino a due autoblindo che erano state portate dentro. La pioggia sgocciolava attraverso lo squarcio del tetto e si mescolava al sudore. Chi più chi meno, stavano tutti male. Quello che stava meglio era Ron Jameson, che andava avanti e indietro a portare medicine, e soprattutto a rinfrancare il morale. Continuava a tenere d'occhio Furetto, ma il ragazzo se ne stava tranquillo a osservare gli altri.

Chino sul giaciglio improvvisato dove Alec giaceva esausto e dolorante, Jameson disse: — Non conterei molto sul fatto che quei contadini ci avvertano se si avvicina una banda di delinquenti. Da quello che mi hanno detto gli uomini di Russo, a loro importa solo che i banditi li lascino in pace. Se ne infischiano se ci attaccano.

— Lo supponevo — mormorò con un filo di voce Alec.

— E da come piove i banditi potrebbero arrivare con la fanfara in testa tanto noi non li vedremmo né li sentiremmo con questo frastuono.

— Quanti… — Alec dovette fare una pausa per riprendere fiato — … quanti uomini sono ancora in piedi?

— Sette o otto cominciano a stare meglio.

— Su quindici.

— Il peggio è passato. Credo che tu sia il più grave di tutti.

Alec abbozzò un pallido sorriso. — Bene… non auguro a nessuno di passare quello che ho passato. — Non aveva fatto che vomitare antibiotici e aspirina tutto il giorno. I crampi e la diarrea andavano meglio, ma era debolissimo e non riusciva a digerire niente.

— Ce la faremo — disse Jameson con un cupo sorriso. — Quando tornerà il sole staremo bene.

Alec tradusse: se riuciremo a sopravvivere stanotte. Poi si addormentò e al suo risveglio era buio. La pioggia picchiettava sul tetto della cabina dove l'avevano sistemato, ma era meno insistente. Di nuovo i crampi. Si alzò faticosamente a sedere e fu travolto da un'ondata di nausea. In preda alle vertigini afferrò la maniglia dello sportello e si lasciò cadere sul pavimento dell'ufficio postale.

Era bagnato. La pioggia che scendeva dal tetto gli diede un senso di benessere. Reggendosi lo stomaco si avviò verso la porta sul retro e uscì. Stava sfibbiando la cinghia dei calzoni quando si verificò la prima esplosione.

Il contraccolpo lo sollevò da terra mandandolo a ricadere con violenza sul terreno fangoso a dieci metri dal punto dove si trovava prima. La parete posteriore dell'ufficio postale era un muro di fiamme e crollò su se stessa con lentezza allucinante. Scintille e macerie infuocate sprizzarono ovunque.

Alec rotolò sulla schiena nel fango gelido. Spari. Uomini che urlavano. Il sibilo acuto di un generatore elettrico spinto a tutta velocità.

Si rigirò sullo stomaco, cercando il mitra, ma non lo trovò. Quattro uomini stavano correndo verso di lui. Alla luce vacillante delle fiamme vide che erano armati. Poi un'autoblindo uscì da un negozio sull'altro lato della strada sfondando la vetrina. Gli uomini che correvano si tramutarono in torce quando l'invisibile laser li colpì. Caddero urlando e contorcendosi e il terreno ribolliva nei punti in cui era stato colpito dal laser. La sottile linea di terra ribollente proseguì fin quasi dove si trovava Alec, che sentì il sibilo infernale del raggio, paralizzato dalla paura.

Poi il raggio cambiò direzione. Altre esplosioni. Un'altra autoblindo sbucò da una casa che stava crollando e che esplose scagliando pezzi di uomini e di macerie così in alto che si persero nel buio.

Alec non riusciva a muoversi. Giaceva immerso nel fango e nei suoi escrementi mentre le pallottole fischiavano vicino a lui sollevando spruzzi di terra. Solo una delle autoblindo sparava contro un gruppo di assalitori che si allontanarono di corsa urlando. Poi un'altra sbucò da dietro l'angolo dell'ufficio postale. Una dozzina di uomini male in arnese partirono all'assalto nel tentativo di catturarla intatta. Il laser li colpì in pieno trasformandoli in torce urlanti. Altri uomini comparvero sul tetto dell'edificio in cui si trovava la prima autoblindo, ma dovevano essere uomini di Alec perché scaricarono sventagliate di mitra sulla strada.

I proiettili arrivarono dappertutto e Alec sapeva che prima o poi sarebbe stato colpito. Ma a un tratto si sentì afferrare le caviglie. Girò la testa e vide Furetto, con le labbra tirate sui denti giallastri, che si sforzava di trascinarlo attraverso il fango verso la fiancata di una casa, dove sarebbe stato relativamente al sicuro. Quando l'ebbe sistemato, Furetto si accovacciò accanto a lui sussultando a ogni sparo, in preda a un evidente terrore.

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