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— Ne dubito — disse Russo scrollando la testa.

Alec, in piedi dietro l'abitacolo del conducente, vide i suoi uomini correre verso la navetta indenne, che si trovava ora nell'angolo più lontano del campo col muso controvento. Le autoblindo formavano un sottile scudo fra la navetta e i boschi dove continuava a infuriare la battaglia. Ma i laser non sparavano. Gli uomini andavano avanti e indietro fra i veicoli, sbirciando in direzione della boscaglia con l'aria perplessa degli spettatori che cercano di afferrare il senso di uno spettacolo insolito.

Quando arrivò all'altezza della navetta. Alec impartì ordini e gli uomini cominciarono a imbarcarsi. Kobol non si vedeva, e Alec pensò che probabilmente era già a bordo.

Quando l'ultimo uomo fu scomparso nel portello della navetta, Jameson, che stava ai piedi della scala, disse: — Il carico è completo. Quindici uomini si sono offerti volontariamente di rimanere. Il pilota sta controllando se ci sono danni che impediscano il decollo.

Russo posò la mano sulla spalla di Alec costringendolo a voltarsi. — Senti, non voglio mettere il naso nei tuoi affari, ma se non vi servite dei laser per ripulire i boschi in fondo alla pista, sarà difficile che la nave possa partire.

— Hai ragione — ammise Alec, e chiamò Jameson. — Voglio un conducente e due armieri su ogni mezzo.

— Provvedo subito.

— Tu resti?

— Sì.

Alec gli sorrise. — Bene. Ti ringrazio.

In quella Kobol comparve sulla soglia del portello. — Insisti sempre nel volere rimanere qui? — gridò.

— Certo. Qualcuno deve pur farlo.

— No — rispose Kobol. — Ascolta. C'è abbastanza posto nella stiva per tutti. La stiva è pressurizzata, come sai.

— Io resto — gli gridò di rimando Alec.

— Per cercare tuo padre?

— Per tenere a bada i banditi e permettervi di partire. E anche per cercare i materiali fissili che non abbiamo trovato a Oak Ridge.

— Io non vedo banditi — ribatté Kobol. — Solo fuoco di mortaio. Potrebbe essere tuo padre.

Will Russo gli scoccò un'occhiata disgustata e si allontanò.

— Senti, Martin… — cominciò Alec.

— No, senti tu. Sappiamo benissimo tutt'e due perché resti. Mi si rivolta l'anima nel vedere ammazzare della brava gente per i tuoi interessi personali.

Alec provò l'impulso di salire di corsa la scaletta e prenderlo per il collo. Ma si trattenne. — E allora perché non resti anche tu con noi, e lasci che uno di questi bravi ragazzi s'imbarchi al tuo posto?

Kobol mise in mostra i denti in un sorriso privo di allegria. — Se ti va di fare l'idiota non pretendere che io ti segua. Torno alla stazione spaziale e di lassù invierò un rapporto completo su quello che hai fatto. Sono sicuro che interesserà molto al Consiglio. E anche a tua madre.

Il portello scorrevole cominciò a chiudersi. Quando Kobol scomparve alla vista di Alec stava ancora sorridendo. Il suo era il sorriso di un uomo che è riuscito ad avere la meglio sul nemico.

— Alec — lo chiamò Ron Jameson — siamo pronti a muoverci.

Ci volle un momento prima che Alec riuscisse a rimettere a fuoco le idee. Si voltò e vide Will Russo seduto sul paraurti dell'autoblindo. Con un profondo sospiro di esasperazione, picchiò sul tettuccio dell'abitacolo e gridò al conducente: — Via!

L'autoblindo balzò in avanti mentre Alec si affibbiava il sottogola dell'elmetto. — Bene. Potete rispondere al fuoco… ma cosa ne è stato della ragazza? Dov'è?

— Angela? — rispose Russo. — L'ho mandata avanti a dire ai nostri di ritirarsi per non essere colpiti da voi.

L'autoblindo stava acquistando velocità sulla pista sconnessa. Alec notò che il fuoco era diminuito. Dai boschi non venivano più spari. E se Kobol ha ragione?, pensò. Se tutta questa messinscena non è altro che una trappola ideata da mio padre?

— Meglio stare alla larga dal relitto della navetta — stava dicendo Russo. — Non si può mai sapere…

La navetta esplose con una violenza che per poco non gettò a terra Alec. L'autoblindo sobbalzò e slittò mentre una enorme palla di fuoco bianco si allargava fin quasi a lambirli. Alec sentì il calore sul viso.

Il conducente deviò per allontanarsi dal fuoco. Alec, aggrappato al corrimano, vide la sfera abbagliante trasformarsi in una nera colonna di fumo che si allargò poi in alto a fungo.

— Accidenti che scoppio! — esclamò Russo.

Dopo pochi momenti ripresero a correre sulla pista con tutta la velocità consentita dai motori elettrici, e Alec riuscì per la prima volta a scorgere col binocolo alcune figure che correvano fra gli alberi.

Avevano un'aria malmessa, un modo di fare furtivo, erano coperti di stracci, ma erano tutti armati e si stavano disponendo in fila ai margini del bosco.

— Sono i tuoi? — chiese Alec a Russo passandogli il binocolo.

— No — rispose l'altro dopo avere dato una rapida occhiata. — Sono i banditi. E dispongono di lanciagranate, per cui io comincerei a colpirli coi laser a lunga gittata.

Mentre Alec impartiva gli ordini del caso al microfono, si sentirono provenire dal bosco tre spari rapidi smorzati.

— Fuoco di mortaio — constatò Will Russo con calma. Non portava elmetto né giubbotto antiproiettili. Se ne stava semplicemente lì, seduto sul seggiolino catapultabile, ridicolmente piccolo per lui, con le gambe penzoloni oltre il bordo dell'affusto e i piedi calzati di mocassini che quasi sfioravano terra. Sembrava perfettamente a suo agio e sorrideva felice.

Tre proiettili di mortaio esplosero davanti a loro facendo sussultare Alec.

— Tu non hai paura? — gridò a Russo.

Will alzò le spalle. — Forse. Ma ho imparato da molto tempo che la paura è inutile. Perciò la ignoro.

Alec lo fissò con tanto d'occhi.

— Di' un po'. — L'espressione di Russo si era fatta decisa. — Se svoltiamo lì ed entriamo nel bosco — disse indicando a sinistra — probabilmente potremmo portarci alle spalle dei mortai e catturarli.

Ad Alec parve di sentire Kobol che gli diceva: Ti fidi di questa gente?

— D'accordo — rispose dopo un po', e prese il microfono.

Ma Russo lo ammonì. — Meglio non comunicare più per radio d'ora in poi. Quelli potrebbero sentire.

Un'altra scarica di proiettili da mortaio esplose poco lontano, facendo sobbalzare l'autoblindo. Alec si accovacciò istintivamente e sentì il "ping" di una scheggia contro la fiancata dell'autoblindo. Davanti a loro si levò una colonna di fiamme. Gli altri veicoli cominciarono a sparare coi laser. Quando i boschi presero fuoco si udirono delle urla in distanza.

Alec si chinò sul tettuccio e ordinò al conducente di svoltare a sinistra.

Dieci minuti dopo si arrampicavano su uno stretto sentiero che si snodava fra la vegetazione salendo verso la sommità del colle.

— Come…

— Shhh! — Russo si portò un dito alle labbra.

Alec si chinò per sussurrargli: — Come fai a sapere dove sono i mortai?

— Lo suppongo — sussurrò di rimando Russo. — Ma non hanno una portata molto lunga, perciò devono essere quassù, da qualche parte.

A quella velocità ridotta i motori erano quasi silenziosi. Il fogliame era tanto fitto da sfiorare le gambe di Alec accovacciato sulla piattaforma del laser. Davanti la visibilità era limitata a pochi metri nel folto, e meno ancora ai lati. Potrebbero attirarci in un'imboscata in qualunque punto, pensò Alec, e noi siamo solo in tre. In lontananza, dietro di loro, si sentiva il crepitìo delle fiamme e degli spari. La cima degli alberi nascondeva quasi completamente il cielo, ma Alec ebbe l'impressione che fosse diventato grigio. Era il fumo?

Poi si sentì un rombo come di un tuono lontano. Ma invece di diminuire fino a tacere, aumentò, diventando così forte da far vibrare perfino la carrozzeria dell'autoblindo.

— La navetta sta decollando!

Alec si alzò in piedi cercando di sbirciare attraverso il fitto fogliame. Un lampo argenteo rombò in cielo, poi il tuono diminuì, diventò sempre più sommesso, finché…

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