Era da poco passato il mezzogiorno quando, guardando dalla cima di una montagnola, scorsero un'ampia insenatura che si stendeva a perdita d'occhio, da ovest a est, e che appariva plumbea sotto un ciclo di nuvole basse.
La costa, dall'altro lato del mare, era visibile unicamente come una fila di collinette basse e scure, indistinguibili nella distanza. Il vento proveniente dallo stretto soffiava freddo e pungente alle loro spalle mentre scendevano faticosamente verso la costa e si avviavano poi verso ovest. Yahan alzò gli occhi verso le nubi, chinò la testa fra le spalle e disse tristemente: — Tra poco nevicherà.
E infatti cominciò presto a nevicare: neve di primavera, umida e spinta dal vento, che svaniva immediatamente al contatto con la terra, così come svaniva subito quando veniva a cadere sull'acqua scura. La tuta difendeva Rocannon dal freddo, ma la fame e la fatica lo indebolivano. Anche Yahan era stanco, e aveva freddo. Continuarono a camminare, perché non c'era altro da fare. Guadarono un ruscello, si arrampicarono sulla riva, tra erba ruvida e raffiche di neve, e giunti sull'argine si trovarono a faccia a faccia con un uomo.
— Houf! — fece questi, sgranando gli occhi, prima per la sorpresa, e poi per lo stupore nel vedere quei due uomini: uno con le labbra livide, tremante, vestito di un paio di pelli lacere, e il secondo nudo.
— Ha, houf! — ripeté. Era un individuo irsuto, scarno, dalla schiena curva: aveva una grande barba e occhi scuri ed eccitati. — Ehi, voi, laggiù! — disse, nel dialetto Olgyior, — morirete assiderati!
— Siamo arrivati a nuoto… la nave è affondata — disse Yahan, improvvisando. — Hai una casa dove sia acceso un fuoco, cacciatore di pelliun?
— Venite da sud, dall'altra parte dello stretto?
L'uomo pareva preoccupato da questa prospettiva, e Yahan rispose, indicando con un gesto vago la zona alle sue spalle: — No, veniamo da est… intendevamo comprare pelli di pelliun, ma tutta la nostra merce da scambio è finita in acqua.
— Ahn, ahn — fece l'uomo selvaggio, avviandosi. Era ancora preoccupato, ma una qualche vena di cortesia pareva averla avuta vinta sulle sue paure. — Seguitemi; ho fuoco e cibo — disse, e voltatosi, riprese a camminare nella neve leggera che giungeva a folate.
Rocannon e Yahan lo seguirono, e presto giunsero alla sua capanna, appollaiata su un pendio, tra la cima della collinetta coperta d'alberi e lo stretto. All'interno e all'esterno era uguale alle capanne da caccia dei plebei delle foreste dell'Angien, e Yahan si accovacciò accanto al fuoco con un sospiro di sollievo, come se fosse ritornato a casa. Questo comportamento rassicurò il loro ospite, meglio di qualsiasi complicala spiegazione. — Accendi il fuoco, ragazzo — disse a Yahan, mentre cercava per Rocannon un mantello filato in casa, perché potesse coprirsi.
Toltosi il mantello, mise a riscaldarsi tra le ceneri una pentola di coccio piena di stufato e sedette amichevolmente accanto agli ospiti, fissando con curiosità prima l'uno e poi l'altro. — Nevica sempre, in questo periodo dell'anno, e presto nevicherà più forte. C'è tutto lo spazio che volete; d'inverno siamo solo in tre, qui dentro. Gli altri arriveranno questa sera o domani, o abbastanza presto; aspetteranno che finisca di nevicare, prima di scendere dalla montagna dove sono andati a caccia. Siamo cacciatori di pelliun, come avrai certo capito dai miei zufoli, vero, ragazzo? — Toccò la serie di massicci flauti di legno che portava appesi alla cintura, e sorrise. Aveva un'aria selvatica, feroce e un po' sciocca, ma era ospitale. Diede a tutti e due un'abbondante razione di stufato, e quando giunse la sera, indicò loro dove riposare. Rocannon non se lo fece ripetere due volte. Si avvolse nelle pelli sporche che costituivano il letto e si addormentò come un bambino.
L'indomani mattina la neve cadeva ancora, e il terreno era coperto da un'uniforme coltre di bianco. I compagni del padrone di casa non erano ancora ritornati.
— Avranno passato la notte oltre la Liscia, nel villaggio di Timash. Arriveranno quando sarà giorno.
— La Liscia? È quel tratto di mare?
— No, quello è lo Stretto… Dall'altra parte non c'è nessun villaggio! Ma voi, da dove venite? Tu parli come noi, più o meno, ma tuo zio parla in modo strano.
Yahan rivolse un'occhiata di scusa in direzione di Rocannon, che mentre dormiva aveva acquistato un nipote. — Oh, lui è del retroterra — disse; — laggiù parlano diverso. Anche noi lo chiamiamo lo Stretto, e mi piacerebbe trovare qualcuno con una barca, disposto a portarci dall'altra parte.
— Vuoi andare nella terra a sud dello Stretto?
— Be', ora che abbiamo perso tutto, qui siamo solo dei mendicanti. Preferiremmo cercare di ritornare a casa.
— C'è una barca, giù sulla riva, a qualche distanza da noi. Riparleremo della cosa quando il tempo migliorerà. Comunque, devo dirti una cosa, ragazzo: mi vengono i sudori freddi, nel sentirti parlare con tanta tranquillità di andare a sud. Tra lo Stretto e le grandi montagne, a quanto ho sentito raccontare da tutti, non abita nessuno, salvo forse Coloro di Cui Non Si Deve Parlare.
«Inoltre, si tratta di vecchie favole, e chi può dire che esistano davvero, quelle montagne? Io sono stato sull'altra sponda dello Stretto… e non sono molti, quelli che possono dire altrettanto! Io ci sono stato, ma solo sulle colline, a caccia. Laggiù è pieno di pelliun, vicino al mare. Non ci sono villaggi. Non ci sono uomini. Neppure uno. E io non sarei disposto a passarci la notte.
— Niente di tutto questo — fece Yahan, con un sorriso che voleva essere rassicurante. Proseguì in tono indifferente: — Ci limiteremo a seguire la costa, verso est. — Era un po' preoccupato: ad ogni domanda era costretto a inventare storie sempre più complicate.
Ma l'istinto che gli aveva suggerito di mentire sulla loro origine non aveva sbagliato. — Per fortuna non venite dal nord! — disse il loro ospite, che si chiamava Piai, affilando la lama del coltello, a forma di foglia larga e lunga, su una pietra bagnata. — Al di là dello Stretto non ci sono uomini, e dall'altra parte, a settentrione del mare ci sono solo quei miserabili schiavi delle teste gialle. La tua gente non ne ha mai sentito parlare? Nella terra del nord, dall'altra parte del mare, c'è una razza di uomini con i capelli gialli. Te lo assicuro. Si racconta che abitino in case grandi come alberi, che abbiano spade d'argento, e che volino seduti tra le ali dei grifoni!
«Io crederò a queste storie solo quando lo vedrò con i miei occhi! Le pelli di grifone hanno un buon valore su tutta la costa, ma sono bestie pericolose, anche solo a dare loro la caccia. Non parliamo poi di addomesticarle per cavalcarle! Non si può davvero credere a tutto quello che ti racconta la gente. Io vivo abbastanza bene vendendo pelli di pelliun. Riesco ad attirare quelle bestie a una giornata di volo di distanza. Ascolta!
Portò alle labbra irsute lo zufolo e cominciò a soffiare, dapprima molto debolmente: un sottile gemito, quasi inaudibile, esitante, che saliva e cambiava, vibrando e spezzandosi tra le note, e poi sollevandosi fino a diventare una quasi melodia che assomigliava al lamento di un animale selvatico. Rocannon si sentì accapponare la schiena da un brivido: aveva già udito quelle note nelle foreste di Hallan. Yahan, che era cresciuto tra i cacciatori, sorrise con eccitazione e a un certo punto proruppe, come se fosse stato a caccia e avesse scorto la preda: — Canta, canta! È laggiù che si alza! — Egli e Piai passarono il resto della giornata raccontandosi storie di caccia, mentre fuori la neve cadeva più fitta; il vento era cessato.
Il mattino successivo, il ciclo si rischiarò. Come nelle mattinate dell'annofreddo, lo splendore bianco-rosso del sole era abbagliante, riflesso sulle distese nevose. Prima del mezzogiorno giunsero anche i due compagni di Piai, recando con sé alcune pelli di pelliun, grige e vellutate. Erano individui dalle sopracciglia folte, robusti come tutti gli Olgyior meridionali incontrati da Rocannon, e parevano ancora più selvatici di Piai: timorosi degli stranieri in modo quasi animalesco, li evitavano e rivolgevano loro soltanto qualche occhiata di sbieco.