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Eppure, malgrado i suoi pensieri, un motivetto sommesso gli salì alle labbra. Si allontanò rapidamente, sorridendo, fischiettando piano.

Basta con l’ipocrisia. Basta con le notti trascorse in bianco a chiedersi cosa doveva fare… sapendo che la città era morta, sapendo che lui faceva un lavoro inutile, sentendosi un parassita, perché riscuoteva uno stipendio che non meritava perché non faceva nulla di utile per guadagnarselo. Basta con quella strana, esasperante frustrazione tipica di chi lavora sapendo che il suo lavoro non serve a nulla.

Si diresse verso l’eliparcheggio, si diresse verso il suo elicottero.

Adesso, forse, pensò, potremo trasferirci in campagna, come voleva Betty.

Forse adesso lui avrebbe potuto trascorrere le sue serate a passeggiare su della terra che gli apparteneva. Ci voleva un torrente, però. Decisamente ci voleva un torrente, che lui avrebbe riempito di trote.

Appena arrivato a casa avrebbe dovuto salire in solaio, a controllare le condizioni delle sue canne da pesca.

Martha Johnson stava aspettando davanti al recinto dell’aia, quando la vecchia auto apparve, sbuffando e ansimando, in fondo al viottolo.

Ole scese rigidamente, con il volto segnato dalla stanchezza.

«Hai venduto niente?» chiese Martha.

Ole scosse il capo.

«Non c’è niente da fare. Non vogliono comprare i prodotti della fattoria. Non vogliono comprare niente che venga su dalla terra. Mi hanno riso in faccia. Mi hanno mostrato delle pannocchie che erano il doppio delle mie, ed erano altrettanto buone, e molto più ricche di grani. Mi hanno fatto vedere dei meloni che erano quasi senza buccia, solo polpa. E mi hanno detto che erano anche molto più gustosi.»

Diede un calcio a una zolla, che scoppiò in una nube di polvere.

«Non c’è più niente da fare,» ripeté. «Quelle colture in vasca ci hanno rovinati.»

«Forse faremmo meglio a vendere la fattoria,» suggerì Martha.

Ole non rispose.

«Potresti trovare un lavoro in una delle fattorie idroponiche,» disse lei. «Harry l’ha fatto. Gli piace molto.»

Ole scosse il capo.

«O forse potresti fare il giardiniere,» disse Martha. «Tu saresti un magnifico giardiniere. C’è un sacco di gente ricca che si è trasferita in grandi tenute di campagna, e che vorrebbe avere dei giardinieri per accudire i parchi e i giardini e le aiuole. È più signorile servirsi di giardinieri, oggi, che di semplici macchine, come fanno tutti.»

Ole scosse di nuovo il capo.

«Non me la sento di mettermi a pasticciare con i fiori.» dichiarò. «Non dopo avere coltivato granoturco per più di vent’anni.»

«Forse,» disse Martha, «Potremmo comprarci uno di quei piccoli aerei. E potremmo avere l’acqua corrente in casa. E una vera vasca da bagno, invece che fare il bagno nella vecchia tinozza accanto alla stufa di cucina.»

«Non so guidare un aereo,» obiettò Ole.

«Impareresti subito, ne sono sicura,» disse Martha. «Sono semplici da guidare, quegli aerei. Be’, i piccoli Anderson sono alti un soldo di cacio e non fanno che volare per tutto il giorno. Uno di loro ha pasticciato tutto ed è caduto, una volta, ma…»

«Devo pensarci,» dissse Ole, disperatamente. «Devo pensarci.»

Si allontanò, scavalcò il recinto, si diresse verso i campi. Martha rimase accanto all’auto, e lo seguì con lo sguardo. Una lacrima solitaria le scese lentamente sulla guancia sporca di polvere.

«Il signor Taylor la sta aspettando,» disse la ragazza.

John J. Webster balbettò:

«Ma non sono mai venuto qui, prima. E lui non sapeva che stavo arrivando.»

«Il signor Taylor,» insisté la ragazza, «La sta aspettando.»

Indicò con un cenno del capo la porta, sulla quale era scritto:

«Ufficio per l’Adattamento Umano»

«Ma sono venuto qui per trovare un lavoro,» protestò Webster. «Non sono venuto a farmi riadattare, o non so che altro. Questo è il servizio di collocamento della Commissione Mondiale, o mi sbaglio?»

«Proprio così,» dichiarò la ragazza. «Non vuole vedere il signor Taylor?»

«Se proprio insiste,» disse Webster.

La ragazza schiacciò una levetta, e disse nell’intercom:

«È arrivato il signor Webster, signore.»

«Lo faccia entrare,» rispose una voce.

Cappello in mano, Webster varcò la soglia dell’Ufficio.

L’uomo che sedeva dietro la scrivania aveva i capelli bianchi, ma il viso di un giovane. Indicò una sedia.

«Lei ha cercato un lavoro,» disse.

«Sì,» ammise Webster, «Ma…»

«Prego, si accomodi,» disse Taylor. «Se sta pensando a quella targa sulla porta, se ne dimentichi. Non cercheremo certo di riadattarla.»

«Non sono riuscito a trovare un lavoro,» disse Webster. «Ho cercato per settimane, e nessuno mi ha voluto. Così, alla fine, sono venuto qui.»

«Lei non voleva venire qui?»

«No, per essere sincero, non volevo. Un servizio di collocamento. C’è… be’… c’è un sottinteso che non mi piace.»

Taylor sorrise.

«La scelta dei termini può essere stata infelice. Lei sta pensando agli uffici di collocamento dei vecchi tempi. Il luogo in cui la gente andava quando aveva la necessità disperata di un lavoro. Il governo aveva delle agenzie che cercavano di trovare un lavoro per i disoccupati, in modo che essi non diventassero un peso morto a carico dello Stato.»

«Anch’io sono abbastanza disperato,» confessò Webster. «Ma mi è rimasto l’orgoglio, un orgoglio che ha reso difficile la decisione di venire qui. Ma poi ho capito che non mi restava altro da fare. Vede, io sono diventato un traditore…»

«Lei vuol dire,» fece Taylor, «Che finalmente ha detto la verità. Benché questa le sia costata il posto. Il mondo del commercio, non solo qui, ma in tutto il mondo, non è ancora pronto a sentire la verità. Gli uomini d’affari si aggrappano ancora al mito della città, del consumatore e del piazzista. In futuro anche loro si renderanno conto di non avere bisogno della città, si renderanno conto che la produzione impostata secondo canoni più aperti, più utili alla collettività e più onesti, potrà dare profitti ancor più sostanziosi della vecchia meccanica del consumismo.

«Mi sono chiesto più volte, Webster, quale sia stato il motivo che l’ha indotta a comportarsi così.»

«Ero stufo, nauseato,» disse Webster. «Stanco di vedere la gente andare avanti a occhi chiusi. Stanco di vedere una antica tradizione tenuta in vita, quando era già venuto il momento di riporla tra le cose inutili e superate. Ero stanco dell’entusiasmo civico di King, quando tutte le cause di entusiasmo erano scomparse.»

Taylor annuì.

«Webster, lei pensa di poter riadattare gli esseri umani?»

Webster spalancò gli occhi, senza rispondere.

«Parlo sul serio,» continuò Taylor. «La Commissione Mondiale lo sta già facendo da anni, silenziosamente, senza dare nell’occhio. Le dirò, perfino, che molti di coloro che sono stati riadattati non sanno di essere stati riadattati.

«I cambiamenti che si sono verificati dalla creazione della Commissione Mondiale, nata dal vecchio tronco delle Nazioni Unite, fino a oggi, hanno provocato il disadattamento di molti esseri umani. L’avvento dell’energia atomica per uso industriale ha tolto il lavoro a centinaia di migliaia di persone. Queste persone hanno dovuto essere addestrate e guidate ad altri lavori, nuovi lavori, alcuni nel nuovo campo dell’energia atomica, altri in campi diversi. L’avvento delle colture idroponiche ha strappato alla terra i contadini. E i contadini, forse, ci hanno offerto il problema più grande, perché a parte la speciale abilità necessaria per coltivare le piante e allevare gli animali, essi non sapevano fare altro. La maggior parte dei contadini ha accumulato contro di noi un amaro risentimento, per essere stata costretta a lasciare una vita ereditata dagli antenati. Ed essendo per natura dei forti individualisti, ci hanno offerto un problema psicologico molto più difficile che qualsiasi altra classe sociale.»

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