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— Non sei tornato a tradurre.

— Non stavo scherzando quando ho detto che il generale ha lasciato che il mio lavoro si accumulasse. Non ho tempo per questo compito. È quasi fatta, comunque, o non te ne sei accorta?

— Ho avuto da fare — disse Anna — con una grigia ondata di matrone. C’è una signora, qui, che proviene da Harag, che sarebbe in grado di sfidare le zie e di vincerle.

Nick rise. — Forse no. Ma è formidabile. Ha detto a Gwarha di smetterla di bighellonare e di concludere la pace, così la gente potrà tornare ai loro affari senza dover pensare a questa guerra oltremodo noiosa. C’è un grande lavoro da fare!

— Lo so — disse Anna. — Si devono sradicare le malattie degli occhi. Gli oceani devono essere desalinizzati. Mi ha invitata ad Harag per vedere gli essiccatoi del pesce.

Nick parve sorpreso.

— E per fare il giro di un impianto di desalinizzazione.

Adesso lui sembrava pensieroso. — Non credo che per il momento sia possibile… che tu vada sul pianeta natio, voglio dire. Ma è un invito importante.

— Fino a che punto è sicura questa stanza?

— Vieni. — Lui si alzò.

La condusse per una serie di corridoi sconosciuti, superando diversi posti di guardia. Le guardie riconoscevano Nick e facevano il gesto di presentazione. Lui annuiva per tutta risposta. Arrivarono a una porta. Lui la toccò, quella si aprì e Nick le indicò di entrare.

Anna si ritrovò in un soggiorno: moquette grigia, mobili marroni e grigi, un divano e due sedie, un paio di tavoli bassi di metallo. Era un ambiente molto più spartano delle sue stanze… nessun tocco di colore o di lusso, e sembrava estremamente impersonale. Non c’era niente che indicasse che la stanza fosse occupata.

La porta si chiuse.

— Siediti — disse Nick. — Ettin Gwarha ha deciso di fidarsi di nuovo di me. In queste stanze non ci sono cimici, neppure piazzate da lui.

— È il tuo alloggio.

Lui annuì.

— Che cosa sei, un monaco?

Nick rise. — Difficilmente. — Si guardò attorno, ancora in piedi, le mani in tasca. — Non mi piacciono gli aggeggi.

— Cosa?

— Lo sai. Le cose varie, le cianfrusaglie, la confusione. Le schifezze che si devono imballare quando si trasloca. Una volta ho letto un proverbio in un libro. "Colui che arreda la sua mente vivrà da re. Colui che arreda la sua casa avrà problemi di trasloco." Parole con cui vivere, e io lo faccio. E così la donna di Harag vuole che tu vada a trovarla. Desideri qualcosa? Caffè, tè, vino? Ho persino un nuovo tipo di cibo umano, che fa venir da ridere.

— No — rispose Anna. — Ama Tsai Indil mi ha chiesto il permesso di dare il mio nome a sua figlia.

Nick si girò e la guardò. — Dio, questa gente si muove velocemente quando ha deciso che è arrivato il momento di muoversi. — Si chinò su uno dei tavoli, lo toccò e parlò nella lingua aliena.

Il tavolo rispose nella stessa lingua. Nick parlò ancora e ricevette un’altra risposta, poi si raddrizzò e si girò verso Anna. — Che cosa hai detto ad Ama Tsai Indil?

— Ancora niente.

— Dovrò fare qualche controllo, ma non credo che ti ritroveresti bloccata dalle responsabilità. Farebbe parte delle buone maniere prestare un po’ d’attenzione alla bambina. Vegliare su di lei con gentilezza, darle di tanto in tanto qualche consiglio. Ma, soprattutto, è un complimento per te e un tentativo di creare un legame tra te e la sua famiglia… non un grosso legame, un filo, non una corda. Ma qualcosa di definitivo. Questa è una notizia molto interessante. Mi metterò a camminare. Spero che non ti dispiaccia.

— Fa’ pure — disse Anna. E si mise comoda sulla sedia.

Nick si mosse per la stanza. — Un problema… devo dirlo… quando non si possiede quasi niente è che non ho niente con cui giocherellare quando cerco di pensare. D’altra parte, mi basta mezzo ikun per fare i bagagli. Ogni volta che Gwarha trasloca, è un gran daffare. — Si appoggiò al muro e incrociò le braccia. Rimase tranquillo per un momento o due, a fissare qualcosa alle spalle di Anna, gli occhi verdi che non mettevano a fuoco niente.

Alla fine, tornò a guardarla. — Gli Tsai Ama e gli Ama Tsai e gli Harag hanno deciso che è una buona idea che si cominci ad avvicinarsi agli umani, e soprattutto… a quanto pare… all’unica donna umana disponibile. Sinceramente, non me l’aspettavo. Devono aver cominciato a pensarla così nello stesso istante in cui il Weaving ha deciso che eravamo delle persone. Io sono legato a Ettin, come tutti sanno. Non c’è modo che possa agire da solo. Ma tu sei diversa. Per quel che sanno, sei indipendente, e sei chiaramente importante: l’unica donna del gruppo umano dei negoziati. Guarda questa situazione dal punto di vista di una donna hwarhath… Anna, devi essere la regina della Terra. — Sembrava veramente felice.

Anna cominciava a sentirsi nervosa. — Harag è in rapporti amichevoli con Tsai Ama?

— Non in modo particolare. Sono entrambe… come posso dire? …delle stirpi meno importanti, che cercano il modo per diventare più importanti. Potrebbero funzionare insieme, se riuscissero a trovare una buona ragione.

— Indil mi ha messa in guardia dalla donna di Harag.

— Bene. — Nick fissò di nuovo un punto alle spalle di Anna. — Sono in lotta per te. Credo che dovrebbe essere possibile fare dei patti con entrambe. La cosa che cerco di immaginare è come si possa usare questo per risolvere il tuo problema.

— La Mi? — chiese Anna.

Lui annuì. — Io e Gwarha ne abbiamo parlato. Pensiamo che la risposta sia l’immunità diplomatica.

— Non cambierò parte — affermò Anna.

Lui scosse la testa. — Non ti suggerisco di farlo. Ti piacerebbe essere ambasciatore?

— Cosa?

Nick sollevò una mano. — Sto esagerando. Non credo che si possa convincere la Confederazione a farti ambasciatore. Forse inviato speciale. Hai detto che volevi essere il secondo umano sul pianeta natio. Adesso hai un invito. Anzi, due inviti. Il bambino avrà una cerimonia per il nome. Mi aspetto che sarai invitata.

— Quando tornerò a casa?

— Quando sarai talmente importante che nessuno potrà toccarti. Persino quegli idioti della Mi non useranno droghe per ricavare informazioni da un diplomatico. — Lui fece una smorfia. — Ricavare informazioni. Che orribile termine! Come ho potuto lavorare per della gente che usava un linguaggio simile?

Anna aggrottò la fronte, sentendo che troppe cose stavano accadendo e troppo velocemente.

— Anna, ti sto offrendo… il Popolo ti offre… l’occasione di una ricerca per la quale molte persone sarebbero disposte a uccidere, e denaro. La Confederazione dovrà sganciare uno stipendio decente. Se non lo faranno, il Weaving è ricco. Ti sorprenderebbe sapere quanto possa essere ricca una società, se amministrata a dovere. Non dovrai preoccuparti per le sovvenzioni. Non dovrai preoccuparti che i tuoi articoli vengano respinti da stronze riviste accademiche. — Le sorrise. — Non dovrai fare altro che consegnare messaggi noiosi che la Confederazione desidera che vengano consegnati al Weaving.

— Non ho mai voluto essere un diplomatico.

La porta che dava sul corridoio si aprì ed Ettin Gwarha entrò vestito da guerriero dello spazio. — Signora — disse quando la porta si chiuse, poi guardò Nick, che parlò rapidamente in lingua hwarhath. Il generale rimase ad ascoltare con la particolare pazienza e attenzione dei hwarhath. Alla fine, Nick si fermò.

— Anna è un bel nome — disse Ettin Gwarha. — Ho imparato ad apprezzarlo, anche se termina in modo sbagliato per essere un nome di donna nelle lingue che conosco; e la donna di Harag è un’amica preziosa; e credo, signora Perez, che lei sarebbe un buon inviato.

— Il problema per cui io e Nick eravamo contrari era questo: come convincere il Weaving a chiedere lei come inviata? Non volevamo che fosse la mia stirpe a sollevare il problema. Siamo già troppo strettamente legati con l’umanità. Ma se Harag suggerirà che lei debba essere invitata nel mondo natio… Hah! — Mosse la testa, pensieroso. Nick lo guardava, sorridendo debolmente. Anna rimase colpita dal fatto che quei due amassero complottare. Forse era questo a tenerli assieme.

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