Era l’unica donna che Anna avesse incontrato fino ad allora che non indossasse un vestito da cerimonia. Il costume che preferiva assomigliava moltissimo a un paio di grembiuli che arrivavano al ginocchio. Il colore del tessuto variava ma la forma era sempre semplice e rozza. I lacci regolabili avevano fermagli che sembravano d’oro.
— È il pelo — disse la donna, parlando attraverso Ama Tsai Indil. — La mia casa è fredda e io sono molto ben protetta. Se indossassi lo stesso genere di vestiario delle altre donne, sbufferei sempre.
Guardò Anna, gli occhi gialli che risaltavano sulla maschera demoniaca. — La vita è breve. C’è molto da fare. Il modo migliore per risparmiare tempo è agire apertamente e direttamente e non preoccuparsi dell’aspetto o di cosa potrebbe accadere nelle menti delle altre persone.
— Va d’accordo con le donne di Ettin? — chiese Anna. Cercava di immaginare la donna in grembiule contro le Tre Parche.
— Abbastanza, anche se non sono la metà di quello che era la loro madre. Allora sì che c’era qualcuno con cui si poteva fare un accordo!
Trascorsero un pomeriggio nelle stanze di Anna assieme ad Ama Tsai Indil. La donna di Harag era arrivata con un vaso di ceramica pieno di qualcosa che assomigliava a tè. Anna bevve del vino. Indil un po’ d’acqua e sembrava nervosa. Doveva essere faticoso tradurre per qualcuno brusco come Hwil.
Anna parlò delle varie stazioni di ricerca in cui aveva trascorso gran parte della sua vita di adulta. Hwil ascoltò piena d’interesse e bevve il suo tè, che doveva essere stato leggermente drogato perché si addolcì, dando l’impressione che potesse cominciare a fare le fusa.
Alla fine, parlò. — Non so se sarei disposta a viaggiare come fa lei, Perez Anna, soprattutto alla mia età. Il breve viaggio fino a questa stazione mi ha messa fuori posto. La mia digestione non è più tornata quella di prima. Credo che il movimento della stazione mi faccia costantemente agitare i liquidi dentro. Ma lei! Una viaggiatrice come lei dovrebbe essere disposta ad andare un po’ oltre. Venga ad Harag!
— Non posso — ribatté Anna.
— Si riferisce alla guerra? — La donna fece un gesto d’impazienza. — Dovrà finire. Non può dire ai suoi uomini di darsi da fare e di finire quello che stanno facendo qui? Di qualunque cosa si tratti?
Anna guardò Indil. Il suo viso scuro e vellutato aveva un’espressione scioccata.
— Lei può dirlo a Ettin Gwarha? — domandò Anna. — O a Lugala Tsu?
— Sì, anche se non servirà molto nel caso di Lugala Tsu. Lui ascolta sua madre e nessun altro. Ora, se ha intenzione di ascoltare soltanto una persona, Lugala Minti è una buona scelta. È potente e intelligente, sebbene io non sia rimasta impressionata dal suo comportamento, di recente. Ha paura perché l’universo sta cambiando in modo evidente per lei, come se l’universo non stesse sempre cambiando! Come se la Divinità non amasse i cambiamenti! Ettin Gwarha mi ha detto che sta facendo del suo meglio.
— Come può parlargli? E sua parente?
— Uno dei miei fratelli è il padre di due suoi cugini, e non mi dispiacerebbe avere un po’ del suo materiale genetico per Harag. Ma… — Hwil guardò Indil. — È possibile che un’altra stirpe ci sia passata davanti.
Huh?
La donna di Harag parlò di nuovo, e Indil tradusse. La sua voce era calma e melodiosa come sempre, un contrasto evidente con il tono brusco e baritonale di Harag am Hwil.
— Mi sto allontanando dall’argomento. Lei ha viaggiato molto, Perez Anna. Pensi a viaggiare ancora. Se dovremo dividerci l’universo, sarà meglio che si arrivi a capirci.
— Mi piacerebbe venire — disse Anna, e fu sorpresa dall’intensità della propria voce.
Ormai aveva saputo molte cose sulla Regione Nordoccidentale: una pianura arida con montagne a est e a sud che bloccavano la pioggia. Le loro vette bianche sembravano nuvole nel cielo blu, e le antiche storie dicevano che lassù vivessero fantasmi e spiriti. Ora gli acquedotti portavano l’acqua nelle città fatte di adobe. Alcune persone vivevano ancora di pastorizia. Altre pescavano. L’oceano polare era molto ricco.
Una terra brulla ma tentatrice, come Samarcanda o Timbuctu. La donna di Harag parlò di ricami meravigliosi, di fini oggetti di metallo, di miniere che producevano pietre verdi e azzurre, di essiccatoi nelle città costiere con il pesce che si muoveva al vento e luccicava come… qual era la figura del discorso che Hwil aveva usato? "Una foresta di foglie d’argento."
Parlò anche dell’Autorità di Controllo della Risorsa Acquea (sempre motivo di conflitto nella regione) e del Rendere-tutti-gli-occhi-lucidi-e-i-progetti-chiari, dell’autorità della Pesca, delle Cooperative d’acquisto e vendita. (Alcuni di questi nomi Anna dovette segnarseli, dopo che Hwil ebbe descritto cosa faceva l’organizzazione in questione. Indil ebbe dei problemi quando si arrivò a tradurre il burocratese.) La donna di Harag mostrava un grande interesse per queste cose… forse di più… come per la terra e le città, sebbene amasse chiaramente la terra e le città.
Alla fine, Anna avrebbe voluto partire. Si immaginava a vagare per i mercati o mentre faceva il giro di un impianto di desalinizzazione. (Il che non era un optional, per quel che poteva capire da Hwil.) O mentre guidava da sola lungo qualche strada polverosa, passando accanto ad animali che non conosceva.)
La loro conversazione alla fine terminò e la donna di Harag se ne andò. Tsai Ama Indil si fermò. Anna si lasciò sfuggire un verso e allungò i piedi su un tavolo. — Gesù Maria, che donna!
— L’avevo avvertita — fece Indil.
— Che cosa voleva dire sul materiale genetico?
Indil rimase per un momento silenziosa. Poi disse: — Avevo intenzione di parlarle, Anna, dal momento che non è nostra abitudine avere dei bambini nello spazio, e questo significa che dovrò andarmene da qui e tornare a casa.
Anna la guardò. — Sta dicendo che è incinta?
— Certo che no! Come potrei? Sono lontano da casa da un anno. — Indil sembrava scioccata. — E non viaggerei mai nello spazio dopo l’inseminazione.
Il Popolo usava l’inseminazione artificiale. Anna se ne ricordava, ora. Dovevano esserci banche di sperma sul pianeta natio. Oppure i donatori dovevano fare un viaggio speciale per tornare a casa? Lo avrebbe chiesto a Nick. Certo non aveva intenzione di chiederlo a Indil. L’aliena si sentiva già imbarazzata.
Dopo qualche istante, Indil disse: — La mia stirpe e gli Tsai Ama sono giunti a un accordo con gli Ettin. È accaduto prima che Tsai Ama Ul partisse, ma si era deciso che sarei dovuta restare a tenerle compagnia. — Fece una pausa. — Non c’era alcuna fretta, e se qualcosa di spiacevole fosse accaduto, se i Lugala fossero riusciti a mettere seriamente in imbarazzo gli Ettin, allora avremmo potuto sempre tirarci indietro. Sebbene Tsai Ama Ul pensasse che non sarebbe accaduto. Ha un grande rispetto per gli Ettin, ed Ettin Gwarha è certamente il maschio migliore della sua generazione.
— Tornerà a casa e resterà incinta, ed Ettin Gwarha sarà il padre.
— Sì — disse Indil. — Una bambina. Fa parte dell’accordo. Io vorrei darle due nomi. A volte succede nella mia stirpe. Col suo permesso, mi piacerebbe che uno dei nomi fosse Anna.
Anna si sentì onorata e anche spaventata.
— Non deve dire niente, ora — fece Indil. — C’è molto tempo. Ma Tsai Ama Ul è d’accordo con la donna di Harag. Se dovremo dividere l’universo con la vostra specie, dobbiamo trovare il modo per intenderci.
Se ne andò. Che donne terrificanti! Facevano sentire Anna la benvenuta. Lei immaginò una bambina grigia e pelosa… la bambina di Indil, la figlia di Ettin Gwarha… con il suo nome. Probabilmente avrebbero cambiato la pronuncia della prima a di Anna in "ah". Ama Tsai Ana. Le venne la pelle d’oca.
Un paio di giorni dopo, incontrò Nick all’ingresso degli alloggi umani. Vaihar le stava facendo da scorta. — Mi occuperò io di lei — disse Nick, e proseguì con lei verso la sala d’osservazione. C’erano due sedie; Nick prese posto in una. — Ho pensato che avrei visto in che modo stanno accadendo tutte le cose.