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Le zie avevano sollevato il problema se l’umanità dovesse essere invitata a difendersi davanti al Weaving; il governo hwarhath decise per il no. Erano riluttanti a portare gli umani nel mondo originario, e non desideravano spiegare che cosa fosse tanto spaventoso nel comportamento umano.

Lo era Anna, come Nicholas e i vari prigionieri umani: una collezione eterogenea di spie e di militari di carriera e di persone come lei, scienziati che erano stati presi chissà come durante la guerra.

La discussione nel Weaving era accesa, le disse il generale. Le zie non volevano ancora fare previsioni sull’esito di una qualsiasi votazione.

— Non mi dicono tutto, signora, e mi dicono ancora meno quando mandano messaggi. Non esiste una linea di comunicazione che sia assolutamente sicura, soprattutto se arriva nel perimetro.

Veniva la pelle d’oca quando il Popolo diceva cose del genere, ricordandole quanto fossero competitivi, violenti e non rispettosi della libertà personale e della privacy. Cionondimeno, a lei piacevano. Perché? Era per via del pelo? O delle orecchie larghe? Della loro onestà? O della riluttanza a far del male a donne e bambini, un aspetto che Anna trovava estremamente avvincente?

I hwarhath, tuttavia, erano ancora cauti nel parlarle, anche se le donne lo erano meno degli uomini. Nonostante ciò, Anna imparava la loro cultura. Le domande che le facevano le donne erano informative, e così pure le risposte alle sue domande.

Forse non comprendevano appieno cosa lei avesse fatto per vivere, prima degli eventi su Reed 1935-C. Era stata addestrata per osservare società fatte di animali che non usavano linguaggi. Esisteva più di un modo per comunicare, sebbene gli animali provvisti della parola tendessero a dimenticarsene. C’erano i movimenti, le posizioni, le intonazioni e gli sguardi. I hwarhath erano molto fisici. Le donne non avevano bisogno di esprimersi con le parole per darle delle informazioni. Anna sentiva l’eccitazione che provocava sempre quando era capace di dare senso alle sue osservazioni.

Gli altri membri del gruppo umano stavano diventando nervosi. Nessuno si era aspettato che i negoziati si protraessero così a lungo; gli ultimi erano stati relativamente brevi. Charlie diceva che non se la sentiva di chiedere al governo della Confederazione di richiamarli in patria. Erano stati fatti troppi progressi. I negoziatori avevano discusso di tutti i particolari di uno scambio di prigionieri e adesso erano alle prese con le modalità per entrambe le specie di vigilare sui confini nel caso in cui venisse concluso un trattato. Cosa non facile, diceva Charlie. I confini erano troppo estesi, e non erano continui nel modo comprensibile a un popolo comune.

Come vigilare, si chiedeva, su qualcosa che non si riusciva a visualizzare o immaginare?

Anna non aveva una risposta a quella domanda.

A metà anno, Charlie chiese il permesso di rimandare nello spazio umano parte del suo gruppo e di far arrivare nuove persone. Gli servivano dei fisici.

I due frontisti parvero a disagio e dissero che avevano bisogno di discutere il problema. Quando tornarono, il giorno dopo, Lugala Tsu disse: — Se le concediamo di mandare a casa la vostra nave, si verrà a sapere la posizione di questa stazione. È stata costruita per questi incontri, e possiamo permetterci di perderla. Gli uomini che vi si trovano possono essere sostituiti, anche Ettin Gwarha e io stesso. — Lanciò un’occhiata al generale. — Non è forse così?

— Il posto dei frontisti è di fronte — affermò Ettin Gwarha. Il suo tono esprimeva un facile accordo.

— Ma ci sono donne, qui — proseguì Lugala Tsu. — E non possiamo metterle in pencolo.

Molto bene, disse Charlie. Mettete fine alle discussioni tra Anna e le donne. Gli umani avrebbero rimandato Anna nello spazio umano. I hwarhath potevano rimandare le loro donne in un posto sicuro.

Oh, merda, pensò Anna, guardando dalla sala di osservazione.

I due frontisti si guardarono. Ettin Gwarha reclinò la testa. Lugala Tsu si sporse in avanti e parlò in tono aspro e profondo.

Anna attese la traduzione.

— Ci sono cose che lei non capisce, Khamvongsa Charlie. Noi non diciamo alle donne cosa fare. Possiamo riferire loro il suo suggerimento ma non credo che vi presteranno molta attenzione. Ciò che stanno facendo è importante. Ciò che decideranno dell’umanità influenzerà, e probabilmente in maniera decisiva, quello che succede in questa stanza. Se smettono, non vedo alcuna ragione perché noi si continui.

Charlie parve sorpreso, e Anna ebbe l’impressione che non capisse veramente quello che Lugala Tsu gli diceva. Alla fine, lui disse: — Se il problema è la nostra nave, siamo disponibili ad andare su una delle vostre.

Ettin Gwarha si sporse leggermente in avanti. Quella era una proposta da prendere in considerazione, disse al gruppo umano. Lui e il frontista Lugala dovevano discuterne.

I due uomini cominciavano a intendersi meglio, decise Anna. Forse era per via dell’assenza della madre di Lugala Tsu. Senza di lei, il frontista sembrava più malleabile, meno sicuro.

L’incontro finì, e gli umani andarono a pranzo: tagliolini e sottaceti. Le scorte di viveri cominciavano a scarseggiare.

— Se non riusciamo ad andarcene presto da qui, dovremo chiedere gli straordinari — disse Sten. — Il sindacato insisterà su questo.

— Come dovrebbe fare — commentò Dy Singh.

— Non preoccupatevi per questo — fece Charlie. — Ciò che mi sorprende è questo: se avessimo voluto far sapere la posizione di questa stazione, avremmo potuto farlo tramite valigia diplomatica. È ovvio. Loro devono averlo capito.

Il capitano McIntosh annuì. — Credo che non vogliano che vediamo qualsiasi cosa stiano facendo nei vari punti di trasferimento durante il viaggio. Immagino che vi abbiano trasferito delle attrezzature, sicuramente nel primo punto di trasferimento, nel caso in cui la nostra gente decidesse di seguirci.

Charlie ci pensò sopra un momento. — Insisteremo per tornare a casa su una delle loro navi. Io non verrò, naturalmente. Questo è il compito più importante che abbia mai avuto. Ma tutti voi… — Guardò Anna. — Non si senta obbligata a rimanere. Se le conversazioni con le donne sono tanto importanti, potremmo portare nuove persone. Anna scosse la testa. — Non rinuncerò a questa occasione.

— Non ti manca la Terra? — domandò Etienne.

— Non ha passato abbastanza tempo ai confini della Confederazione — disse Cyprian McIntosh. — Ci sono molti umani che sarebbero più che felici di non tornare più sulla Terra o persino al sistema della Terra. Ho ragione, Anna?

— Sì.

— Sebbene a molti di loro piaccia ancora avere attorno altri umani. — C’era un che di acuto nella voce di Cyprian. Lui aveva fatto delle avance ad Anna… un meraviglioso vecchio termine! Il che ricordava ad Anna il comportamento di molti animali che aveva osservato, i quali facevano avance e battevano in ritirata nei primi stadi del corteggiamento. Un paio di altri uomini della squadra dei diplomatici avevano mostrato un interesse simile per lei. Non c’era da meravigliarsi, vista la quantità di tempo che avevano trascorso nella stazione hwarhath.

Charlie aveva scoraggiato le visite sulla nave umana. I hwarhath si sarebbero forse sentiti a disagio se ci fosse stato un eccessivo andare e venire. In ogni caso, le donne sulla nave avevano intrecciato relazioni con altri membri dell’equipaggio. Anna era l’unica donna umana in secoli-luce. Una posizione scomoda, ma simile ad altre nelle quali si era trovata durante le sue ricerche. La risposta a tutti era stata no. Le piaceva Cyprian, ma le ricordava un po’ troppo la gente della Mi; gli altri uomini non la interessavano; e gli alloggi degli umani erano pieni di cimici. Si sentiva gelare al pensiero che qualcuno come Ettin Gwarha ascoltasse… per quel che ne sapeva, vedesse… una registrazione con lei che faceva del sesso con un uomo.

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