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Mogien non gli prestò attenzione. — L'ho vista nelle pianure, dove mi stava cercando. E due volte l'ho vista sulle montagne, quando eravamo alla ricerca del passo. E quale morte potrebbe essere, se non la mia? La tua, Yahan? Sei forse un Signore, un Angya? Porti forse le due spade?

Febbricitante e disperato. Yahan cercò di far valere le sue ragioni, ma Mogien proseguì: — Non è la morte di Rokanan, perché egli è ancora occupato a seguire la sua via. Un uomo può morire in qualsiasi posto, ma la morte che è soltanto sua, la sua vera morte, un Signore la può incontrare soltanto nel proprio regno. Essa lo attende nel luogo che gli appartiene, un campo di battaglia, o un castello, o la fine di una strada. E qui è il mio posto. La mia gente è venuta da queste montagne, e io ci sono ritornato. La mia seconda spada si è spezzata combattendo. Ascoltami, morte mia: io sono Mogien crede di Hallan… adesso mi riconosci?

Il vento aelido soffiava sulle rocce. Intorno a loro si alzavano i grandi massi, dietro i quali scintillavano le stelle. Uno dei grifoni si agitò e ringhiò.

— Calmati — disse Rocannon. — Calmati e cerca di dormire. Sono tutte sciocchezzc…

Ma quella notte non riuscì a riprendere sonno, e tutte le volte che si girò vide Mogien seduto a fianco del suo destriero, calmo e pronto, intento a osservare le terre ammantate dall'oscurità della notte.

Quando fu giorno lasciarono liberi i grifoni, che volarono a cacciare nelle foreste sottostanti, e cominciarono a scendere a piedi. Erano ancora molto in alto, assai al di sopra del limite delle piante ad alto fusto, ed erano al sicuro soltanto finché il tempo si manteneva sereno. Ma fin dalla prima ora di cammino videro che Yahan non sarebbe stato in grado di farcela: non si trattava di una discesa particolarmente difficile, ma il freddo e la stanchezza avevano consumato le sue forze, ed egli non era in grado di camminare, tanto meno di arrampicarsi come occorreva fare di tanto in tanto. Un giorno di riposo nella tuta di Rocannon avrebbe potuto ridargli le forze di cui aveva bisogno, ma questo significava dover passare un'altra notte all'addiaccio, senza cibo sufficiente, senza riparo e senza fuoco.

Mogien soppesò i rischi senza avere l'aria di farlo, e suggerì che Rocannon si fermasse con Yahan su qualche cengia riparata e illuminata dal sole, mentre egli avrebbe cercato una via di discesa meno accidentata, lungo la quale avrebbero potuto trasportare Yahan a braccia; nel caso non ci fosse riuscito, avrebbe almeno cercato un riparo che li difendesse dalla neve.

Partito Mogien, Yahan, che giaceva in stato di semincoscienza, domandò acqua. La borraccia era vuota. Rocannon gli disse di non muoversi, e si arrampicò sulle rocce, fino a una sporgenza riparata dai massi, a una quindicina di metri di distanza, dove aveva visto alcuni mucchi di neve. L'ascesa risultò più difficile del previsto, ed egli si sdraiò sulla sporgenza per riprendere il fiato, in quell'aria sottile, con il cuore che gli pulsava forte.

Udiva un rumore che dapprima gli parve la pulsazione del suo stesso sangue; poi, accanto alla sua mano, vide scorrere un rigagnolo d'acqua. Si rizzò a sedere. Alla base di un mucchio di neve, in un punto ombreggiato, scorreva un filo d'acqua, avvolto in una scia di vapore.

Cercò l'origine di quel rigagnolo, e vide un'apertura tra i massi: una caverna. Una caverna era la loro migliore speranza di riparo, gli diceva la parte razionale della sua mente, ma questa parte era soltanto una particella minuscola, rispetto a un'oscura, irrazionale irruzione di sensazioni… di panico. Rimase a sedere immobile, in preda al peggior attacco di paura che avesse mai provato.

Tutt'intorno a lui, sulla roccia grigia, splendeva la luce del sole, senza riscaldarla. Le cime dei monti erano celate dietro i pendii più vicini, e le regioni sottostanti, a sud, erano nascoste dietro uno strato di nubi. Lassù, su quel nudo e grigio spartiacque del mondo, c'erano soltanto lui e un'apertura buia, fra i massi.

Dopo molto tempo, egli si alzò in piedi, avanzò al di là del rivoletto, e parlò alla presenza che, come egli sapeva, attendeva in quell'apertura piena d'ombra. — Sono venuto — disse.

L'oscurità si mosse leggermente, e l'abitante della caverna si fermò sulla soglia.

Era simile al Popolo dell'Argilla, pallido e basso di statura; come i Fiia era snello e aveva gli occhi chiari; era simile a entrambi, e non era simile a nessuno dei due. I suoi capelli erano bianchi. La sua voce non era una voce, perché parlava nella mente di Rocannon, il quale, con gli orecchi, udiva soltanto il debole soffio del vento; e non parlava con parole. Eppure gli domandò che cosa cercasse.

— Non lo so — disse forte l'uomo, Impaurito; ma la sua volontà ostinata rispose per lui: Voglio andare a sud e trovare i miei nemici per distruggerli.

Il vento soffiava fischiando; il rigagnolo caldo mormorava ai suoi piedi. Muovendosi lentamente e con passo leggero, l'abitante della caverna si fece da parte, e Rocannon, curvandosi, entrò nell'oscurità.

Che cosa intendi dare per ciò che ti ho dato?

Che cosa devo dare, Antico?

La cosa che hai più cara e che meno facilmente daresti di tua volontà.

Su questo mondo non ho niente di mio. Che cosa posso dare?

Una cosa, una vita, una possibilità; un occhio, una speranza, un ritorno: non è necessario che si sappia il nome. Ma tu griderai forte il suo nome quando l'avrai perduta. La dai liberamente?

Liberamente, Antico.

Silenzio interrotto soltanto dal soffio del vento. Rocannon curvò la testa e uscì dall'oscurità. Quando raddrizzò la schiena, una luce rossa gli colpì dolorosamente gli occhi: un'alba fredda e rossastra su un mare grigio e scarlatto di nubi.

Sulla sporgenza più bassa dormivano Mogien e Yahan, raggomitolati insieme: un mucchio di pellicce e di mantelli, che non si scosse quando Rocannon scese fino a loro. — Sveglia — disse, piano. Yahan si rizzò a sedere, con uno sguardo stordito, infantile sotto la luce rossa dell'alba.

— Olhor! Pensavamo… Non c'eri più… pensavamo che fossi caduto…

Mogien scosse la testa dai capelli biondi per liberarsi dal sonno, e per un lunghissimo istante fissò Rocannon. Poi disse gentilmente, con voce roca: — Benvenuto, Signore delle Stelle, compagno. Ti abbiamo atteso qui.

— Ho trovato… Ho parlato con…

Mogien alzò la mano. — Sei ritornato; io mi rallegro del tuo ritorno. Andiamo verso sud?

— Sì.

— Bene — disse Mogien. In quel momento non parve affatto strano a Rocannon che Mogien, che fin dalla partenza si era comportato come il capo del gruppo, si rivolgesse a lui come un Signore di grado inferiore si rivolge a uno di alto rango.

Mogien soffiò nel fischietto, ma anche se attesero a lungo, i destrieri non comparvero. Consumarono gli ultimi rimasugli del pane duro e nutriente dei Fiia, e ripartirono a piedi. Il calore della tuta aveva rinvigorito Yahan, e Rocannon insistette perché continuasse a indossarla. Il giovane avrebbe avuto bisogno di cibo e di un vero riposo per riprendere le forze, ma era in grado di procedere, e, soprattutto, non potevano fermarsi lassù: il rosso dell'alba preannunciava il cattivo tempo.

La discesa non era pericolosa, ma era lenta e faticosa. A metà mattino comparve uno dei grifoni: il grigio di Mogien proveniente dalle foreste della lontana pianura. Lo caricarono con le selle, i finimenti e le pellicce (non avevano portato altro con sé: avevano dovuto abbandonare il resto dell'equipaggiamento), e l'animale continuò a volare intorno a loro a suo piacere, di tanto in tanto miagolando per chiamare il compagno dal manto a strisce, che stava ancora cacciando o nutrendosi nelle foreste.

Verso mezzogiorno giunsero a un passaggio difficile: una parete verticale che si innalzava come uno scudo, e che avrebbero dovuto discendere in cordata. — Dall'aria potresti trovare un percorso più facile, Mogien — suggerì Rocannon. — Vorrei che tornasse anche l'altro grifone. — Sentiva che doveva fare presto; voleva lasciare quanto prima la montagna grigia e nuda, per nascondersi tra gli alberi.

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