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— Kyo, una volta mi hai parlato di montagne che sorgevano a sud.

— Sì — disse il piccolo uomo, lanciando un rapido sguardo al nord, in direzione della costa dell'Angien da cui si erano staccati.

— Sai qualcosa delle popolazioni che abitano nel continente sud… nel Fiern?

La sua Guida gli dava poco aiuto; del resto, la sua squadra era giunta sul pianeta proprio per riempire le lacune della Guida stessa. Si supponeva che esistessero cinque forme di vita a intelligenza elevata sul pianeta, ma la Guida ne descriveva solo tre: gli Angyar/Olgyior; i Fiia e gli Gdemiar; e una specie non umanoide scoperta sul grande Continente Orientale, sull'altra faccia del pianeta. Le note dei geografi sulle altre specie del Continente Sudoccidentale erano semplici voci: Specie non confermata 4?: Grandi umanoidi che abiterebbero città di grande estensione (?). Specie non confermata 5?: Marsupiali alati. Complessivamente, la sua utilità non superava quella di Kyo, che spesso pareva convinto che Rocannon conoscesse già la risposta, tutte le volte che gli faceva una domanda.

Adesso il Fian rispose, in tono da scolaretto: — Nel Fiern abitano le Razze Antiche, vero? — Rocannon doveva limitarsi a guardare verso sud, attraverso la nebbia che nascondeva il continente sconosciuto, mentre le grandi bestie legate ululavano e la pioggia gelida gli scivolava lungo la schiena.

Una volta, durante la traversata, gli parve di udire il rumore di un elicottero che passava sopra di loro, e si rallegrò del fatto che la nebbia li nascondesse; ma poi alzò le spalle. Perché nascondersi? L'esercito che usava quel pianeta come base per combattere una guerra tra le stelle non si sarebbe eccessivamente allarmato nel vedere dieci uomini e cinque gatti fuori misura che viaggiavano sotto la pioggia, su due barche piene di buchi…

Continuarono a navigare in un costante succedersi di pioggia e di onde. Dall'acqua si alzava una caligine oscura. Trascorse lentamente una notte fredda. Si alzò infine una luce grigia, che rivelò soltanto nebbia, pioggia, onde.

Poi, all'improvviso, i due taciturni marinai di ciascuna nave si animarono, facendo forza sul timone e fissando ansiosamente davanti a sé. Davanti alle navi, tutt'a un tratto, comparve una scogliera, parzialmente visibile in mezzo alla nebbia. Mentre costeggiavano la sua base, rupi e alberi resi deformi dal vento si protesero sulle loro vele.

Yahan interrogò uno dei marinai. — Dice che qui troveremo la foce di un grande fiume, che dovremo superarla, e che dall'altra parte c'è l'unico possibile approdo, per un lungo tratto di costa.

Mentre riferiva le parole del marinaio, le alte rocce vennero nuovamente inghiottite dalla nebbia, e la barca venne avvolta da una foschia più densa; si udì il cigolio del legno, investito da una nuova corrente subacquea. La minacciosa testa di drago, a prua, ondeggiò e si voltò. L'aria era bianca e opaca; l'acqua che s'infrangeva e turbinava contro la carena della nave era opaca e rossa. I marinai si gridavano qualcosa l'un l'altro, dall'una all'altra nave.

— Il fiume è in piena — disse Yahan. — Cercano di virare di bordo… Tenetevi forte!

Rocannon afferrò il braccio di Kyo mentre la nave beccheggiava, si sollevava e ruotava su se stessa, controcorrente, compiendo una sorta di pazza danza e i marinai lottavano per mantenerla sulla rotta, con la nebbia che nascondeva l'acqua e con i destrieri che si agitavano per liberare le ali, ringhiando atterriti.

La testa di drago parve nuovamente avanzare sicura, quando a causa di un soffio del vento carico di nebbia, la barca poco maneggevole s'impuntò e si inclinò. La vela toccò l'acqua con uno schiaffo, rimase trattenuta come se fosse caduta nella colla, e non permise alla barca di raddrizzarsi. Un'acqua rossa e tiepida giunse lentamente fino alla faccia di Rocannon, gli riempì la bocca e gli occhi. Egli si afferrò a tutto ciò che aveva tra le mani, e si dibatté per trovare di nuovo l'aria. Ciò che aveva afferrato era il braccio di Kyo, ed entrambi si dimenavano nel mare mosso, tiepido come sangue, che li faceva girare su se stessi e li portava lontano dalla nave rovesciata. Rocannon gridò aiuto, e la sua voce si spense nel silenzio della nebbia che ricopriva le acque. C'era una spiaggia? Da che parte, e quanto era lontana? Nuotò verso la sagoma indistinta della nave, con Kyo aggrappato al suo braccio.

— Rokanan!

Nel bianco caos apparve sogghignando la testa di drago dell'altra nave. Mogien si era lanciato in acqua, lottava contro la corrente, accanto a lui, gli metteva in mano una cima e la passava intorno al petto di Kyo. Rocannon vide distintamente la faccia di Mogien, le sopracciglia arcuate, i capelli gialli resi più scuri dall'acqua. Vennero issati sulla nave. Mogien per ultimo.

Yahan e uno dei marinai di Tolen erano stati ripescati immediatamente. L'altro marinaio e i due destrieri erano affogati, imprigionati sotto la nave. Ormai si erano allontanati a sufficienza dalla riva, e le correnti d'acqua e i venti della foce erano più deboli. Affollata di uomini silenziosi e bagnati, la nave continuò ad avanzare attraverso l'acqua rossa e la nebbia impenetrabile.

— Rokanan, perché sei asciutto?

Ancora intontito, Rocannon abbassò gli occhi sul suo vestito inzuppato, e non capì.

Kyo, tremante per il freddo, rispose sorridendo per lui: — L'Errante porta una seconda pelle. — Rocannon finalmente capì, e mostrò a Mogien la «pelle» della sua tuta: l'aveva indossata la sera prima, per ripararsi dal freddo e dall'umidità della notte; rimanevano scoperti soltanto la testa e le mani. Così, si disse, l'aveva ancora, e l'Occhio del Mare era ancora nascosto sul suo petto; ma la radio, le carte geografichc, la pistola, tutto il resto che lo collegava alla sua civiltà era sparito.

— Yahan, tu ritornerai a Hallan.

Servitore e padrone erano fermi sulla riva del continente meridionale, faccia a faccia, nella nebbia, con la risacca che echeggiava sotto di loro. Yahan non rispose.

Erano rimasti in sei cavalieri, con tre soli grifoni. Kyo poteva cavalcare con uno dei plebei, e Rocannon con un altro, ma Mogien era troppo pesante per cavalcare con un compagno per lunghe distanze; allo scopo di non affaticare i destrieri, era preferibile che il terzo plebeo ritornasse a Tolen con la barca. Mogien decise di rimandare indietro il più giovane, Yahan.

— Non ti mando indietro per qualcosa di male che tu abbia fatto o non abbia fatto, Yahan. Ora vai, i marinai aspettano.

Il servitore non accennò a muoversi. Dietro di lui, i marinai stavano spegnendo, a calci, il fuoco presso cui avevano mangiato. Qualche pallida scintilla si alzò per breve tratto nella nebbia.

— Signore Mogien — bisbigliò Yahan, — mandate indietro Iot.

Mogien aggrottò la fronte, e portò la mano all'elsa della spada. — Va', Yahan!

— Non andrò, Signore.

La spada uscì sibilando dal fodero, e Yahan, con un grido disperato, fece un balzo indietro, si voltò e scomparve nella nebbia.

— Aspettatelo per qualche tempo — disse Mogien, rivolto ai marinai. La sua faccia era impassibile. — Poi andate per la vostra strada. Noi adesso dobbiamo trovare la nostra. Piccolo Signore, preferisci stare in sella al mio destriero, finché procede al passo? — Kyo era tutto raggomitolato, come se avesse molto freddo; da quando erano approdati sulla costa del Fieni, non aveva mangiato e non aveva detto una parola. Mogien lo pose sulla sella del destriero grigio e s'incamminò alla testa dell'animale, allontanandosi dalla costa per dirigersi verso l'entroterra.

Rocannon lo seguì, guardandosi dietro per osservare Yahan e poi davanti per osservare Mogien, e meditando su quello strano essere, il suo amico, che un attimo prima avrebbe ucciso un uomo, in preda a una fredda collera, e un attimo dopo era capace di parlare con gentilezza e semplicità. Arrogante e fedele, spietato e gentile, proprio in questa sua mancanza di coerenza mostrava la sua natura di grande Signore.

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