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Georges aveva un aspetto molto migliore senza il rossetto. Si era anche passato acqua sui capelli, per sgonfiarli. Rimisi quel foulard sgargiante nella sacca. Lui mi disse: — Temo sia stata una mossa idiota camuffarci a quel modo.

Mi guardai attorno: nessuno nelle vicinanze, e col frastuono dei servizi igienici e dell’aria condizionata… — Io non credo, Georges. Penso che in sei settimane potresti diventare un vero professionista.

— Un professionista di che tipo?

— Un Pinkerton, magari. Oppure… — Arrivò qualcuno. — Ne discutiamo poi. Comunque ci abbiamo guadagnato due biglietti della lotteria.

— Vero. Quando c’è l’estrazione per il tuo?

Tirai fuori il biglietto, lo guardai. — Ehi, oggi! Oggi pomeriggio! O ho perso la bussola con le date?

— No — disse Georges, scrutando il mio biglietto. — È proprio oggi. Fra un’oretta dobbiamo cercare di trovarci vicino a un terminale.

— Inutile — lo informai. — Io non vinco a carte, non vinco ai dadi, non vinco alle lotterie. Quando compero i Cracker Jack, nella scatola non c’è mai il regalo.

Georges stava studiando il suo biglietto. — Friday, guarda qui. — Passò il pollice sulla carta. Le scritte rimasero intatte; i numeri emisero sbavature d’inchiostro. — Bene, bene! Per quanto tempo la nostra amica è rimasta con la testa sotto il banco, prima di trovare questo biglietto?

— Non saprei. Meno di un minuto.

— Quanto bastava, è chiaro.

— Glielo riporti?

— Io? Friday, perché dovrei? Un virtuosismo simile merita l’applauso. Però la signorina spreca un grande talento per un giro da niente. Adesso saliamo. Bisogna concludere con la MasterCard prima dell’estrazione.

Temporaneamente, tornai a essere Marjorie Baldwin, e ci fu concesso di parlare col nostro signor Chambers negli uffici della California MasterCard. Il signor Chambers era una persona gradevolissima: cordiale, socievole, comprensivo, amichevole; e oltre tutto era l’uomo che faceva al mio caso, visto che la targa sulla sua scrivania ci informò che era vicepresidente per le relazioni coi clienti.

Dopo diversi minuti cominciai a capire che la sua autorità consisteva tutta nel dire no, e che il suo grande talento stava nel saper dire no in un’infinità di modi cordiali e simpatici, al punto che il cliente quasi non si rendeva conto che erano solo rifiuti.

Per prima cosa, vi prego di capire, signorina Baldwin, che la MasterCard della California e la MasterCard dell’Impero di Chicago sono due enti separati, e che voi non avete un contratto con noi. Con nostro sommo dispiacere. Vero, per ragioni di cortesia e collaborazione normalmente noi onoriamo le carte di credito emesse da loro, e loro onorano le carte di credito emesse da noi. Però era davvero spiacente di informarmi che al momento (sottolineò in tutti i modi «al momento») l’Impero aveva interrotto ogni comunicazione, e per quanto potesse apparire strano, quel giorno, non era stato fissato il cambio tra orsi e corone… Quindi, in che modo potremmo onorare una carta di credito dell’Impero, anche se saremmo più che disposti a farlo e lo faremo… più avanti? Però vogliamo che la vostra permanenza qui sia la migliore possibile, e come possiamo adoperarci in questo senso?

Gli chiesi quando pensava che sarebbe terminata l’emergenza.

Il signor Chambers restò interdetto. — Emergenza? Quale emergenza, signorina Baldwin? Forse c’è un’emergenza nell’Impero, se hanno deciso di chiudere il confine, ma qui di certo non ce n’è nessuna! Guardatevi attorno. Avete mai visto un paese così ricco di pace e prosperità?

Gli risposi di no e mi alzai, perché mi sembrava inutile continuare a discutere. — Grazie, signor Chambers. Siete stato di una gentilezza estrema.

— È stato un piacere, signorina Baldwin. Questi sono gli standard della MasterCard. E non dimenticate, qualunque cosa io possa fare, qualunque, sono al vostro servizio.

— Grazie, lo ricorderò. Sentite, c’è un terminale pubblico nel palazzo? Ho comperato un biglietto della lotteria qualche ora fa, e sta per esserci l’estrazione.

Lui uscì in un sorriso enorme. — Mia cara signorina Baldwin, sono felice che lo abbiate chiesto! A questo piano abbiamo una grande sala riunioni, e ogni venerdì pomeriggio, appena prima dell’estrazione, si ferma tutto e i nostri dipendenti… o almeno quelli che hanno un biglietto, non è obbligatorio partecipare… si riuniscono lì a guardare l’estrazione. J.B., il nostro presidente e direttore generale… il vecchio J.B. ha deciso che fosse meglio così, anziché costringere i giocatori più incalliti a fare finta di dover correre al bagno o in tabaccheria. È meglio per il morale. Quando uno dei nostri vince qualcosa, e succede, riceve una bella torta con le candeline, come se fosse il suo compleanno. Dono del vecchio J.B. in persona. E J.B. esce a mangiarsi una fetta col fortunato vincitore.

— La vostra deve essere una famiglia felice.

— Oh, lo è! In questo istituto finanziario non esistono crimini col computer. Tutti amano il vecchio J.B. — Si guardò l’indice. — Andiamo in sala riunioni.

Il signor Chambers provvide a farci accomodare nelle poltroncine per Vip, ci portò personalmente il caffè, poi decise di restare a guardare l’estrazione.

Lo schermo occupava quasi tutta la parete sul fondo della sala. Ci sorbimmo una mezz’ora di premi minori, e in quei trenta minuti il maestro di cerimonie non fece altro che scambiare battutacce a doppio senso col suo assistente, battutacce imperniate quasi esclusivamente sulle doti fisiche della ragazza che estraeva i numeri. Era chiaro che la ragazza era stata scelta per le doti fisiche, piuttosto notevoli; nonché per la disponibilità a indossare un costume che non solo metteva in mostra ogni possibile dote, ma dava al pubblico la certezza che lei non nascondesse niente. Tutte le volte che tuffava un braccio nel canestro girevole ed estraeva un numero, era vestita soprattutto della benda sugli occhi. Doveva essere un lavoro piuttosto gradevole, se il riscaldamento nello studio era buono.

A metà delle cerimonie si alzarono urla dalle prime file: un’impiegata della MasterCard aveva vinto mille orsi. Chambers rifece il suo sorriso gigante. — Non succede spesso, ma quando succede alza il morale di tutti per giorni e giorni. Vogliamo andare? No, voi avete ancora un biglietto che potrebbe vincere, giusto? Per quanto è improbabile che il fulmine cada qui due volte di seguito.

Alla fine, tra squilli di trombe, arrivammo al primo premio della settimana: il «Super-Premio Colossale, Enorme, Tutto Californiano!!!» La ragazza in pelle d’oca estrasse prima due premi di consolazione: una scorta di un anno di Ukiah Gold con una pipa per hashish, e una cena con la grande sensistar Bobby «Il Bruto» Pizzarro.

Poi venne estratto il biglietto iperfortunato. Il maestro di cerimonie lesse, a uno a uno, i numeri che apparvero fiammeggianti sopra la sua testa. — Signor Zee! — urlò. — Il proprietario ha depositato il biglietto in banca?

— Un momento… No, non è stato depositato.

— Abbiamo una Cenerentola! Un vincitore sconosciuto! Da qualche parte, nella nostra grande e meravigliosa Confederazione qualcuno è più ricco di duecentomila orsi! Questo figlio prediletto della fortuna ci sta ascoltando? Vorrà telefonarci e parlare in diretta con tutti voi prima che il programma termini? O si sveglierà domani mattina per sentirsi dire che è ricco? Il numero è questo, gente! Lo leggerete sullo schermo fino alla fine del programma, dopo di che sarà ripetuto a ogni notiziario, finché questa persona baciata in fronte dalla buona sorte non reclamerà ciò che le spetta! E adesso un messaggio…

— Friday — sussurrò Georges — fammi vedere il tuo biglietto.

— Non è necessario, Georges — gli mormorai in risposta. — È quello. Il numero vincente.

Il signor Chambers si alzò. — Lo show è finito. Sono lieto che un membro della nostra piccola famiglia abbia vinto qualcosa. È stato un piacere avervi con noi, signorina Baldwin e signor Karo. E non esitate a interpellarmi se potessimo esservi d’aiuto.

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