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Janet espresse sdegno. Secondo lei, avere sonno non c’entrava niente con gli orologi e i fusi orari: signori, si va a letto. Mi portò via.

Ci fermammo in quel bagno meraviglioso e lei mi circondò con le braccia. — Marjie, vuoi compagnia o vuoi dormire sola? So da Betty che hai avuto una notte movimentata. Forse preferiresti una notte di pace da sola. O forse no. Dillo tu.

Le risposi sinceramente che non sceglievo mai di dormire da sola.

— Nemmeno io — ammise lei — ed è bello sentirtelo dire, senza girarci attorno e fare la commedia come certi bacchettoni. Chi vuoi nel tuo letto?

Tesoro, tu hai tutti i diritti di questo mondo su tuo marito, la sera che torna a casa. — Forse bisogna girare la domanda. Chi vuole dormire con me?

— Be’, ma tutti quanti, ne sono certa. Oppure due soli. O uno. Fai tu.

Strizzai gli occhi, chiedendomi quanto avessi bevuto. — Quattro persone in un solo letto?

— Ti va?

— Non ci ho mai provato. Sembra divertente, ma il letto finirebbe piuttosto intasato. Credo.

— Non sei stata in camera mia. Il letto è molto grande. Perché tutti e due i miei mariti scelgono spesso di dormire assieme con me… e c’è tutto lo spazio per accogliere un ospite.

Sì, avevo bevuto; per due sere di fila, e molto più del solito. — Due mariti? Non sapevo che il Canada Britannico avesse adottato le tecniche australiane.

— Il Canada Britannico no; i suoi abitanti, sì. A migliaia e migliaia, per lo meno. I cancelli sono chiusi, sono solo affari nostri. Vuoi provare il letto grande? Se ti viene sonno, puoi scappare nella tua stanza. È il motivo che mi ha spinta a organizzare così queste due camere. Allora, tesoro?

— Be’… Sì. Però potrei vergognarmi un po’.

— Ti passerà. Andiamo…

Fu interrotta da un campanello del terminale.

Janet disse: — Oh, accidenti, accidenti! Novanta su cento significa che vogliono Ian al porto, anche se è appena tornato da un volo. — Raggiunse il terminale, lo accese.

— …Causa di allarme. Il confine con l’Impero di Chicago è stato chiuso e si stanno isolando i profughi. L’attacco da parte del Québec è piuttosto serio ma potrebbe essere l’errore di un comandante locale; non c’è stata dichiarazione di guerra. È stato dichiarato lo stato d’emergenza, per cui non scendete in strada, mantenete la calma, e tenetevi sintonizzati su questa lunghezza d’onda per le notizie e le istruzioni ufficiali.

Era iniziato il Giovedì Rosso.

10

Immagino che tutti abbiano più o meno in mente la stessa immagine del Giovedì Rosso e di ciò che seguì. Ma per spiegarmi (per spiegare a me stessa, se è possibile!) debbo dirvi come l’ho visto io, compresi la confusione totale e i dubbi.

Noi quattro finimmo nel letto grande di Janet in cerca di compagnia e mutuo conforto, non di sesso. Tutti quanti tenemmo le orecchie aperte alle notizie, gli occhi incollati allo schermo del terminale. Più o meno, vennero ripetute di continuo le stesse informazioni: attacco abortito dal Québec, il presidente dell’Impero di Chicago ucciso a letto, il confine con l’Impero chiuso, rapporti di sabotaggio non verificati, non scendete in strada, mantenete la calma; ma per quanto venissero ripetute sempre le stesse cose, tutti noi chiudevamo il becco e ci mettevamo in ascolto, in attesa di una notizia che desse un senso alle altre notizie.

Invece le cose continuarono a peggiorare tutta la notte. Alle quattro del mattino sapevamo che omicidi e sabotaggi si stavano svolgendo nel mondo intero; all’alba giungevano rapporti incontrollati di guai a Elle-Cinque, a Base Tycho, a Stazione Stazionaria, e (messaggio interrotto) a Cerere. Impossibile indovinare se la catastrofe avesse raggiunto Alpha Centauri o Tau Ceti… Ma una voce ufficiale dal terminale tirò a indovinare rifiutandosi di tirare a indovinare e invitando tutti a non lanciarsi in pericolose speculazioni.

Verso le quattro, Janet, con un po’ d’aiuto da me, preparò panini e servì il caffè.

Mi svegliai alle nove perché Georges si muoveva. Scoprii che stavo dormendo con la testa sul suo petto e un braccio avvinghiato attorno a lui. Ian era dall’altra parte del letto, sdraiato-seduto sui cuscini, con gli occhi ancora attaccati allo schermo; però gli occhi erano chiusi. Janet era scomparsa: fuggita nella mia stanza, si era infilata in quello che teoricamente era il mio letto.

Scoprii che, muovendomi con estrema lentezza, potevo districarmi e scendere dal letto senza svegliare Georges. Lo feci, e scivolai in bagno, dove mi sbarazzai dei residui di caffè e mi sentii meglio.

Con un’occhiata nella «mia» camera vidi la padrona di casa svanita. Era sveglia; agitò le dita nell’aria, poi mi fece cenno di entrare. Si spostò e io mi coricai con lei. Mi baciò. — Come stanno i ragazzi?

— Dormono tutti e due. O dormivano tre minuti fa.

— Bene. Hanno bisogno di sonno. Tendono tutti e due a preoccuparsi. Io no. Ho deciso che presentarmi all’Armageddon con occhi iniettati di sangue era inutile, così mi sono trasferita qui. Tu dormivi, mi pare.

— Può darsi. Non so a che ora mi sono addormentata. Ho l’impressione di aver sentito le stesse brutte notizie un migliaio di volte. Poi mi sono svegliata.

— Non ti sei persa niente. Ho abbassato l’audio, ma ho lasciato acceso il televideo. Hanno continuato a ripetere la solita brutta storia. Marjorie, i ragazzi si aspettano che cadano le bombe. Secondo me non ci sarà nessuna bomba.

— Spero che tu abbia ragione. Ma perché no?

— Chi sgancia bombe H su chi? Chi è il nemico? Tutti i maggiori blocchi di potere sono nei guai, da quanto intuisco dalle notizie. Però, a parte quello che sembra uno stupido errore di un generale del Québec, nessuna forza militare è entrata in azione. Omicidi, incendi, esplosioni, sabotaggi di ogni tipo, rivolte, terrorismo di tutti i generi, ma senza uno schema preciso. Non è l’Est contro l’Ovest o il marxismo contro il fascismo o i neri contro i bianchi. Marjorie, se qualcuno fa partire i missili, vuol dire che il mondo intero è impazzito.

— E non è quello che sembra?

— Secondo me, no. Il senso di questa faccenda è che non c’è nessun senso. I bersagli sono dappertutto. Tutti quanti i governi, allo stesso modo, sono un obiettivo.

— Anarchici? — suggerii.

— Nichilisti, forse.

Ian apparve con gli occhi cerchiati, la barba di un giorno, un’espressione preoccupata, e un vecchio accappatoio troppo corto per lui. Aveva le ginocchia molli. — Janet, non riesco a mettermi in contatto con Betty e Freddie.

— Tornavano a Sydney?

— Non è questo. Non posso parlare né con Sydney né con Auckland. Mi risponde sempre quella maledetta voce sintetica di computer. «Al-momento-non-ci-sono-circuiti-disponibili. Vi-preghiamo-di-riprovare-più-tardi-e-grazie-per-la-vostra-comprensione.» Hai presente?

— Ahi. Altri sabotaggi?

— Può darsi. Ma forse anche peggio. Dopo quella solfa ho chiamato il controllo traffico del porto e ho chiesto che diavolo avesse il collegamento via satellite Winnipeg-Auckland. Alla fine, sfruttando il mio grado, mi sono fatto passare il supervisore. Mi ha detto che i problemi col telefono sono niente. Loro sì sono nei guai sul serio. Tutti gli Sb sono bloccati a terra, perché due sono stati sabotati in volo. Il Winnipeg-Buenos Aires delle venti e nove e il Vancouver-Londra dell’una.

— Ian!

— Tutti e due distrutti. Nessun superstite. Spolette a pressione, senza dubbio. Le esplosioni si sono verificate appena lasciata l’atmosfera. Jan, la prossima volta che parto ispezionerò tutto di persona. Fermerò il conto alla rovescia con la scusa più idiota. — Aggiunse: — Però non ho idea di quando sarà. Non si può decollare su un Sb quando le comunicazioni col porto d’arrivo sono interrotte… E il supervisore ha ammesso che hanno perso l’intera rete di satelliti.

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