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"Una cosa è andata loro dritta. Hanno scoperto l’Ftl. Questo li ha messi in grado di mandare degli uomini… molti uomini, comunque… nello spazio a esplorare e stabilire colonie e a cercare un nemico…" Nick le lanciò un’occhiata e sorrise. "Volevano una guerra che fosse abbastanza grossa da tenere gli uomini occupati e lontani dal pelo delle donne. E abbastanza lontana perché il pianeta natio non fosse minacciato, ma ragionevolmente raggiungibile. Un nemico che potessero battere, ma non facilmente. Non penso che avessero veramente stabilito cosa fare delle donne e dei bambini quando se la fossero sbrigata con gli uomini.

"Hanno trovato l’umanità e, come umanità, rappresentavamo esattamente ciò che volevano, solo che non stiamo al gioco. Non conosciamo le regole della guerra."

Aveva preso in mano il bicchiere una seconda volta. Lo roteò e il liquido mandò un bagliore. Come cosa?, si domandò Anna. Sangue misto ad acqua?

— C’è un’altra cosa che dovrebbe sapere sul Popolo. Ero su una nave umana sotto attacco… la Free Market Explorer, quando il Popolo mi catturò; e mi sono trovato su un paio di navi hwarhath in analoga situazione.

"Una volta mi sono trovato su una nave che raggiungeva il punto di trasferimento nello stesso momento di una nave umana. È stata una spiacevole sorpresa per tutti e due, ma più spiacevole per gli umani. L’altra volta, viaggiavo con Ettin Gwarha, e c’è stata una caduta nelle comunicazioni. La nostra piccola nave da trasporto è finita nel mezzo di una battaglia d’addestramento. I hwarhath rendono le loro battaglie d’addestramento le più realistiche possibili. Le munizioni sono vere." Sorrise. "I soldati… molto spesso… muoiono. Forse sono l’unica persona che abbia visto soldati umani e hwarhath in una situazione di combattimento. Sono molto meglio di noi. Per quello che posso dire, l’umanità non è neppure in gara."

Tacque.

— Se la pressione su di loro è così forte, come possiamo fare la pace?

— Parlare con le donne. Penso che sia l’unica speranza. Deve esserci un modo per dire loro che… il Popolo sarà distrutto, non fisicamente ma moralmente, se combatterà una guerra di sterminio. Ne sarà corrotto. Quale che siano i cavilli che possano tirare fuori, si accingeranno a uccidere un’altra specie intelligente. Noi non siamo razionali come i hwarhath, né altrettanto morali, ma siamo capaci… a volte… di trovare ragioni e moralità. Il genocidio è sbagliato. Manderanno all’aria la loro intera società se porteranno avanti questo progetto. Ma non sono sicuro che gli uomini, forse neppure Ettin Gwarha, si rendano conto del rischio che corrono. Ne parli a Charlie, qui o sulla vostra nave, e pensate a cosa dire alle donne." Bevve metà del suo bicchiere in un colpo solo, poi depose il bicchiere e si alzò. "Meglio che vada. Parlerà a Charlie?"

— Sì.

Nick andò alla porta. La porta si aprì. Un paio di soldati aspettavano fuori.

Nick parlò loro in lingua aliena con un tono rapido e tagliente. Uno dei soldati rispose.

Nick si girò a guardare Anna. Il suo viso era anche più pallido di prima. — Le stanno chiedendo di andare con loro.

— Perché? — C’era paura nella voce di Anna.

— Il generale vuole vederci entrambi. — Nick sorrise. — Dubito che sia qualcosa di importante.

— Dica loro che ho bisogno di un momento. — Anna si alzò e andò in bagno. Il cuore le batteva più rapidamente del solito; sentiva anche che cominciava a sudare. Non essere sciocca, si disse. Usò il gabinetto, poi si sciacquò mani e viso con acqua fredda. Le fu d’aiuto per non apparire eccessivamente spaventata. Si pettinò e tornò nella stanza. Nick aspettava con le mani in tasca, un’aria impaziente. I soldati apparivano tranquilli.

Attraversarono la stazione, i soldati con loro. Nick fece un’altra domanda in lingua aliena e ottenne una risposta.

— Ci scortano ma non sanno perché.

— Non le sembra un po’ strano? — disse Anna.

Nick si strinse nelle spalle.

Arrivarono a una porta che si aprì. Entrarono in una piccola stanza quadrata con soltanto la moquette. I soldati rimasero nel corridoio. La porta si chiuse e Nicholas si guardò attorno. — Ci siamo — disse, in inglese.

Un’altra porta si aprì. Nick entrò per primo in una seconda stanza. Qui c’erano un tavolo, tre sedie, la solita moquette grigia e un arazzo: un fuoco circondato a distanza da un cerchio di spade.

C’era un alieno, in piedi, dietro il tavolo: Ettin Gwarha. Parlò a Nick in lingua hwarhath. Anna udiva quella voce da settimane: era profonda e morbida, soltanto un po’ ruvida, niente affatto spiacevole. Adesso era rauca e aspra. L’uomo era arrabbiato.

Nick rimase senza muoversi fino a quando Ettin Gwarha non ebbe finito, le mani sempre in tasca, la testa leggermente reclinata, in cortese ascolto. — Ha piazzato microfoni nella sua stanza, Anna. Non so come abbia convinto Gwa Hu a fare una cosa del genere.

— Lei non è una del Popolo — disse il generale, in inglese.

— Ho pensato di invitarla nelle mie stanze per parlare — disse Nick, la voce calma e piatta. — Pensavo di farla venire con una scusa. Ma ho deciso che le sue erano abbastanza sicure. Gwa Hu le aveva controllate.

— Non avrebbe avuto importanza il luogo in cui avessi deciso di perpetrare il tuo atto di tradimento — disse il generale. — Sarei venuto a saperlo.

— Anche le mie stanze hanno microfoni? Hai fatto questo?

— Sì.

— Per la Divinità, Gwarha, ne abbiamo parlato anni fa. Mi dicesti che avrei potuto avere tutta la privacy che avessi voluto. Mi desti la tua parola.

Il generale lo guardò con un’espressione che non aveva niente di amichevole. Nick sostenne lo sguardo per un secondo o due, poi abbassò il proprio.

Ettin Gwarha guardò Anna. — Quest’uomo… questo essere con l’animo da traditore… ci ha messi entrambi in una situazione antipatica. Signora Perez, non sono sicuro di come risolverla. Non posso permettere che lei passi l’informazione appena ottenuta agli altri umani.

— Uccidila — disse Nick. — Gli incidenti accadono. Hai già cominciato a infrangere le regole. Che cosa rimarrà quando avrai finito. Di te o del Popolo?

Il generale gli rispose in lingua aliena, brevemente e in modo aspro. Nick non disse nulla.

— Lei non ha niente da temere, signora Perez — disse poi, in inglese. — Non penserei mai di fare del male a una donna, e non ci sarebbe poi un modo che non creasse complicazioni.

Nick rise.

Il generale lo fulminò con lo sguardo. — Ti sei distrutto da solo, stupido stronzo, e quasi certamente hai distrutto anche me e qualsiasi altra possibilità che avevamo di ottenere la pace. Come ho potuto fidarmi di te?

Nick gli rispose in lingua hwarhath, rapido e arrabbiato. Si avvicinò al tavolo, togliendosi le mani dalle tasche e appoggiandole al tavolo.

— Taci — disse il generale, in inglese.

Dopodiché Nick si curvò sopra il tavolo. Accadde così in fretta che Anna quasi non ebbe modo di vedere il movimento. Un momento prima i due stavano urlandosi a vicenda, il tavolo in mezzo a loro, un momento dopo il generale era colpito duramente, con Nicholas che lo teneva sotto controllo. Ogni rumore era cessato. Si sentiva soltanto il respiro affannoso di Nicholas. Il generale giaceva immobile. La sua sedia si era rovesciata e giaceva accanto a lui.

Nick si raddrizzò e si tolse la giacca, poi prese un coltello che si trovava sul tavolo.

— Che cosa vuole fare?

— Legarlo. E consentirle di arrivare alla nave umana. — Nick tagliò a strisce la giacca. — Merda. La corda non sarà un granché. Accidenti a tutti i materiali sintetici.

— Posso fare qualcosa?

— Non mi viene in mente nulla. A meno che non abbia del nastro con sé.

— No.

Nick si accovacciò e infilò un pezzo di quella stoffa nella bocca del generale, poi rovesciò il corpo e legò le mani. — Questi legacci non resisteranno a lungo. Ricordo mia madre che diceva a mia sorella di non andare mai da nessuna parte senza almeno due spille di sicurezza. Pensavo sempre che si trattasse di uno di quei misteri femminili e non prestavo molta attenzione. Vorrei che ci fosse stato qualcosa di simile per gli uomini. "Non andare da nessuna parte senza un buon rotolo di nastro adesivo, figliolo.’’ — Legò i piedi di Ettin Gwarha, poi si alzò. — Non terranno. Aspetti ancora un momento. Devo dire qualcosa a qualcuno.

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