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— Salute a te, Mogien erede di Hallan, Capelli di Sole, Portatore di Spade! — Il timbro della sua voce era sottile e dolce come quello di un bambino; anche la sua corporatura era minuta e leggera come quella di un bambino, ma la faccia era quella di un adulto. — Salve a te, ospite degli Hallan, Signore delle Stelle, Errante!

Un paio di occhi strani, grandi, chiarissimi, si fissò per un istante in quelli di Rocannon.

— I Fiia conoscono sempre i nomi, e sanno tutte le notizie — disse Mogien, sorridendo. Ma il piccolo Fian non ricambiò il sorriso; perfino Rocannon, che aveva visitato una sola volta, per un breve periodo, uno dei loro villaggi durante una ricognizione della sua squadra, rimase sorpreso di tale comportamento.

— Signore delle Stelle — disse la voce leggera, che ora tremava per l'emozione, — chi cavalca le navi del vento che vengono a uccidere?

— Uccidere… la tua gente?

— Tutto il mio villaggio — disse il piccolo uomo. — Io ero sui monti, con il gregge. Ho sentito nella mente il mio popolo chiamare aiuto, e sono accorso, e li ho trovati fra le fiamme, che bruciavano e gridavano. C'erano due navi con le ali che girano. Sputavano fuoco.

«Adesso sono rimasto solo, e devo parlare da solo. Nella mia mente, dove prima c'era il mio popolo, adesso ci sono solo il fuoco e il silenzio. Perché è successo, Signori?

Il suo sguardo correva da Rocannon a Mogien. Entrambi erano senza parole. Il Fian si piegò su se stesso, come un uomo colpito mortalmente, sedette in terra e si nascose la faccia tra le mani.

Mogien si avvicinò a lui, con le mani sull'elsa di entrambe le spade. Tremando dall'ira, disse: — Qui, ora, giuro vendetta su coloro che hanno ucciso i Fiia! Rokanan, come può essere? I Fiia non hanno spade, non hanno ricchezze, non hanno nemici! Guarda, tutto il suo popolo è morto, tutti coloro con cui parlava senza parole, i compagni della sua tribù. Nessun Fian vive da solo. Da solo morirebbe. Perché hanno distrutto il suo popolo?

— Per farvi conoscere la loro potenza — disse Rocannon, in tono arcigno. — Portiamolo a Hallan. Mogien.

L'alto Signore si chinò sulla piccola figura accovacciata. — Fian, amico dell'uomo, monta in sella con me. Non posso parlarti nella mente come facevano i tuoi compagni, ma vedrai che non tutte le parole che viaggiano nell'aria sono vuote.

Montarono in sella in silenzio, e il Fian si sistemò davanti a Mogien, come un bambino: in breve i quattro animali furono nuovamente in volo. Un vento dal sud, carico di una leggera pioggia, favorì la loro andatura, e l'indomani, verso la fine del pomeriggio, tra un battito e l'altro delle ali possenti, Rocannon scorse la scalinata marmorea che attraversava la foresta, il Ponte sull'Abisso, sovrastava le verdi piante, e le torri di Hallan illuminate dagli ultimi raggi del sole.

La gente del castello, biondi signori e servitori dai capelli neri, si raccolse intorno a loro nella corte del volo; ogni bocca era piena della notizia dell'assalto al castello più vicino, a oriente. Reohan, i cui abitanti erano stati massacrati fino all'ultimo.

Anche questa volta erano stati due elicotteri e alcuni uomini armati di pistole laser. I guerrieri e i contadini di Reohan erano stati massacrati senza poter restituire neppure un colpo. La gente del castello di Hallan impazziva di rabbia per l'offesa; a questo sentimento si aggiunse anche lo stupore, quando videro il Fian che aveva viaggiato con il loro giovane signore e vennero a conoscenza dei motivi che l'avevano portato al castello.

Molti di loro, infatti, abitando nelle fortezze più settentrionali degli Angien, non avevano mai visto in precedenza un Fian, ma tutti li conoscevano attraverso le leggende, e sapevano che era vietato ucciderli. Un assalto contro uno dei loro castelli, per sanguinoso che potesse essere, rientrava nel loro modo guerriero di vedere, ma un attacco contro i Fiia era un sacrilegio. La collera si mescolava allo stupore.

Più tardi, quella sera, nella sua stanza della torre, Rocannon udì il tumulto proveniente dalla sottostante Sala dei Banchetti, dove tutti gli Angyar di Hallan si erano radunati per giurare di sterminare il nemico, fra torrenti di metafore e tuoni di iperboli.

Gli Angyar erano una razza di spacconi: vendicativi, arroganti, ostinati, analfabeti, e privi delle forme in prima persona del verbo «non essere capace di». Nelle loro leggende non c'erano dèi; c'erano soltanto eroi.

In mezzo a quel chiasso lontano, Rocannon notò una voce che parlava da distanza ravvicinata. Rimase scosso, e la sua mano sobbalzò sulla radio. Finalmente era riuscito a trovare la banda di comunicazione del nemico. Una voce continuava a parlare, in una lingua che Rocannon non conosceva. Sarebbe stata una vera fortuna, se il nemico avesse parlato in Galattico, ma purtroppo non era così; si parlavano migliaia di lingue, sui mondi della Lega. Inoltre c'erano quelle di pianeti che, come il mondo su cui si trovava Rocannon, non ne facevano parte, e quelle di pianeti ancora da cartografare.

La voce cominciò a leggere un elenco di numeri, e Rocannon riuscì a capirli, perché erano in Celiano, lingua di una razza famosa per i suoi successi nel campo della matematica: la superiorità della matematica di Tau Ceti aveva portato alla diffusione dei nomi cetiani dei numeri. Ascoltò con attenzione, ma l'ascolto non gli rivelò nulla: si trattava di semplici serie di cifre. La voce s'interruppe bruscamente, lasciando soltanto il sibilo del rumore di fondo.

Rocannon guardò il piccolo Fian, all'altro capo della stanza. La piccola creatura aveva chiesto di rimanere con lui, e ora sedeva a gambe incrociate sul pavimento, accanto alla finestra.

— Era la voce del nemico, Kyo.

La faccia del Fian rimase immobile

— Kyo — disse Rocannon (si usava parlare ai Fiia chiamandoli con il nome Angyar del loro villaggio, poiché i singoli membri della specie forse avevano nomi di persona, forse non li avevano), — Kyo, se tu cercassi di farlo, potresti ascoltare con la mente il nemico?

Basandosi sulle osservazioni da lui compiute nella breve visita al villaggio dei Fiia, Rocannon aveva notato che raramente la Specie I-B rispondeva in modo diretto a una domanda; ricordava ancora la loro evasività, condita di grandi sorrisi. Ma Kyo, rimasto solo e abbandonato nel paese a lui sconosciuto del linguaggio verbale, rispondeva sempre alle domande di Rocannon. — No, Signore — disse, passivamente.

— E riesci a udire con la mente altri della tua razza, di villaggi diversi dal tuo?

— Un poco. Se abitassi tra loro per qualche tempo, forse… A volte i Fiia vanno ad abitare in villaggi diversi dal loro. Si dice anche che un tempo Fiia e Gdemiar parlassero tra loro con la mente, come un singolo popolo, ma da allora è passato molto tempo. Si dice… — Qui s'interruppe.

— In effetti — commentò Rocannon, — il tuo popolo e gli Uomini d'Argilla sono una sola razza, anche se oggi avete abitudini diverse. Cosa stavi dicendo, Kyo?

— Si racconta che molto tempo fa, nel Sud, nelle terre alte, nelle terre grige, vivessero coloro che parlavano con la mente a tutte le creature. Gli antichi erano capaci di ascoltare ogni pensiero… Ma siamo scesi dalle montagne, siamo andati ad abitare nelle valli e nelle grotte, e abbiamo dimenticato quel faticoso modo di vivere.

Rocannon si soffermò a riflettere per qualche istante. Non c'erano montagne nel continente a sud di Hallan. Si alzò con l'intenzione di prendere il Manuale, con le sue cartine geografiche, allorché la radio, che continuava a trasmettere nella stessa banda, lo fece fermare.

Si udiva una voce, debole, disturbata da scariche, che però parlava in Galattico: — Numero Sei, rispondete. Numero Sei, rispondete. Qui Foyer. Rispondete, Numero Sei. — Dopo una serie interminabile di pause e di ripetizioni, la voce continuò: — Qui Friday. No, qui Friday… Qui Foyer; siete in contatto, Numero Sei? Le navi ultra-luce arriveranno domani; voglio un completo rapporto sui collegamenti Sette-Sei e sulle reti. Lasciate il piano intimidatorio al Distaccamento Orientale. Mi ricevete, Numero Sei? Saremo in comunicazione ansible con la Base domani. Datemi subito queir informazione sui collegamenti Sette-Sei. Le attività non strettamente necessarie…

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