Prima che i documenti che ti riguardano venissero distrutti, una volta ho cercato di soddisfare la mia curiosità elencando le fonti che hanno contribuito alla tua creazione. Da quanto ricordo, tu discendi da:
finlandesi, polinesiani, amerindi, eschimesi, danesi, irlandesi, swazi, coreani, tedeschi, indù, inglesi; e a brandelli provenienti da ogni altra parte del mondo, visto che nulla di ciò che è elencato prima era allo stato puro. Tu non potrai mai permetterti di essere razzista. Ti morderesti la coda da sola!
Il vero significato di tutto questo è che per farti sono stati scelti i materiali migliori, a prescindere dalla fonte. Il fatto che tu sia risultata anche bella è semplice fortuna.
(Bella! Boss, ho uno specchio anch’io. Possibile che mi considerasse davvero bella? Okay, ho un fisico non male; il che riflette sul fatto che sono un’atleta in perfetta forma; il che a sua volta riflette il fatto che, invece di essere nata, sono stata progettata. Be’, è un piacere sapere che la pensava così, se è proprio quello che pensava… Perché non ho molto da scegliere: io sono quello che sono, in ogni caso.)
Su un punto ti devo una spiegazione, se non una scusa. Era stato deciso che tu fossi affidata a genitori scelti da noi e cresciuta come loro figlia. Ma quando pesavi ancora meno di cinque chili, io finii in galera. Tempo dopo riuscii a evaderne, ma potei tornare sulla Terra solo dopo la Seconda Ribellione Atlantica. Tu hai ancora addosso le cicatrici di questo spiacevole episodio, lo so. Spero che un giorno o l’altro ti libererai dalle paure e dalla sfiducia nei confronti degli «umani»; non ne ricavi nulla e ne sei grandemente handicappata. Un giorno, non so come, dovrai capire a livello emotivo quello che già sai a livello intellettuale, e cioè che sono legati come te alla Grande Ruota.
In quanto al resto, cosa posso dire in un ultimo messaggio? Che una coincidenza sfortunata, il mio imprigionamento al momento sbagliato, ti ha lasciata troppo vulnerabile, troppo incline al sentimentalismo. Mia cara, devi liberarti da ogni paura, da ogni senso di colpa e di vergogna. Penso che tu abbia sradicato l’autocommiserazione.
(Un corno!)
Ma se non è così, devi lavorarci. Credo tu sia immune alle tentazioni della religione. Se non lo sei, non posso aiutarti, non più di quanto potrei impedirti di diventare una drogata. Una religione, talora, è fonte di felicità, e io non voglio privare nessuno della felicità. Ma è un conforto adatto ai deboli, non ai forti; e tu sei forte. Il grosso guaio delle religioni, di qualunque religione, è che il credente, una volta accettate per fede certe verità, non può più giudicarle in base al metro delle prove concrete. Ci si può crogiolare al fuoco caldo della fede oppure scegliere di vivere nell’incertezza totale della ragione; ma non si possono avere entrambe le cose.
Ho un’ultima cosa da dirti; per mia soddisfazione, per mio orgoglio. Io sono uno dei tuoi «antenati»; non uno dei maggiori, ma qualcosa del mio patrimonio genetico vive in te. Tu sei non solo la mia figlia adottiva, ma anche, in parte la mia figlia naturale.
Con mio sommo orgoglio.
Permettimi quindi di chiudere con una parola che non ho mai potuto dirti quando ero vivo…
Con amore,
Hartley M. Baldwin
Rimisi la lettera nella busta e mi raggomitolai e mi abbandonai al peggiore dei vizi, l’autocommiserazione; fino in fondo, con abbondanza di lacrime. Non vedo niente di sbagliato nel piangere; lubrifica la psiche.
Dopo aver espulso tutto, mi alzai e mi lavai la faccia e decisi che i lamenti funebri per Boss erano finiti. Ero compiaciuta e mi sentivo adulata all’idea che mi avesse adottata, e mi riscaldava sapere che una piccola parte di lui vivesse nel mio corpo; ma era sempre Boss. Probabilmente mi avrebbe concesso una seduta catartica di dolore, ma se l’avessi tirata per le lunghe, si sarebbe irritato.
Le mie amiche russavano ancora, esauste. Quindi chiusi la porta per escluderle, notai con piacere che era una porta a isolamento acustico e sedetti al terminale, infilai la carta di credito nella fessura, e chiamai Fong, Tomosawa, eccetera. Avevo già chiesto il numero al servizio informazioni, dopo di che lo composi direttamente. È il sistema più economico.
Riconobbi la donna che mi rispose. Non c’è dubbio, la gravità bassa è meglio del reggiseno. Fossi vissuta anch’io a Luna City, avrei portato solo un monokini. O i trampoli, magari. Con uno smeraldo nell’ombelico. — Chiedo scusa — dissi. — Non so come, ho fatto il numero della Ceres & South Africa. Volevo chiamare Fong, Tomosawa, Rothschild, Fong e Finnegan. L’inconscio mi sta giocando scherzi. Scusate se vi ho disturbata, e grazie per l’aiuto che mi avete dato mesi fa.
— Wow! — rispose lei. — Non avete sbagliato codice. Io sono Gloria Tomosawa, socia anziana di Fong, Tomosawa eccetera, adesso che nonno Fong è andato in pensione. Però questo non interferisce col fatto di essere vicepresidente della Ceres & South Africa Acceptances. Siamo noi i legali della banca. E io sono anche prima esecutrice testamentaria dello studio, il che significa che ho questioni da sbrigare con voi. Qui siamo tutti molto colpiti dalla notizia della morte del dottor Baldwin, e io spero che non l’abbiate presa troppo male, signorina Baldwin.
— Ehi, ricominciate da capo!
— Chiedo scusa. Di solito, quando qualcuno chiama la Luna vuole tagliare corto il più possibile, per via del costo. Volete che ripeta tutto frase per frase?
— No. Credo di avere assimilato. Il dottor Baldwin mi ha lasciato un messaggio. Mi dice di essere presente o rappresentata alla lettura del suo testamento. Non posso esserci, quando sarà letto, potete consigliarmi voi su come trovare qualcuno che mi rappresenti a Luna City?
— Sarà letto non appena ci arriverà la comunicazione ufficiale della morte dalla Confederazione Californiana, il che dovrebbe accadere da un momento all’altro perché il nostro rappresentante a San José ha già pagato la bustarella. Qualcuno che vi rappresenti… Io posso andare? Forse dovrei dirvi che papà Fong è stato l’avvocato di Luna City di vostro padre per molti anni… Per cui l’ho ereditato io, e adesso che vostro padre è morto, eredito voi.
— Lo fareste davvero? Signorina… Signora… Siete signorina o signora?
— Lo farei davvero e lo farò e sono signora. Grazie al cielo. Ho un figlio della vostra età.
— Impossibile! — (Quella vincitrice di concorsi di bellezza aveva il doppio della mia età?)
— Possibilissimo. Qui a Luna City siamo conservatori di vecchio stampo mica come la California. Ci sposiamo e facciamo figli e sempre in quest’ordine. Non oserei essere signorina con un figlio della vostra età. Non avrei un solo cliente.
— Alludevo all’idea che abbiate un figlio della mia età. Non si possono avere figli a cinque anni. A quattro.
Lei sorrise. — Voi dite cose meravigliose. Perché non venite qui e sposate mio figlio? Ha sempre desiderato un’ereditiera.
— Sono un’ereditiera?
Lei tornò seria. — Uhm! Non posso rompere i sigilli di quel testamento prima che vostro padre sia ufficialmente morto, e qui a Luna City non lo è. Non ancora. Ma lo sarà presto, e non avrebbe senso farvi richiamare. Ho steso io il testamento. Ho controllato se era stato cambiato qualcosa quando mi è stato rispedito. Poi ho messo i sigilli e l’ho chiuso in cassaforte. Quindi so cosa dice. E voi saprete ufficialmente quello che sto per dirvi solo fra diverse ore. Siete un’ereditiera, ma i cacciatori di dote non vi perseguiteranno. Non avrete un centesimo in contanti. Però la banca, cioè io, ha istruzioni di finanziare la vostra emigrazione dalla Terra. Se scegliete la Luna, vi paghiamo il biglietto. Se scegliete un pianeta da colonizzare vi diamo un coltello da scout e preghiamo per voi. Se scegliete un posto costoso come Kaui o Alcione, il fondo a vostra disposizione vi paga il viaggio e il contributo che dovete versare e vi fornisce il capitale iniziale. Se non emigrerete mai dalla Terra, alla vostra morte la cifra destinata ad aiutarvi sarà devoluta agli altri obiettivi del fondo. Ma la vostra emigrazione avrà precedenza assoluta. Se emigrate a Olympia, pagate di tasca vostra. Da noi non avrete nulla.