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La donna dalle lacrime dolci

Sei la donna dalle lacrime dolci
Ogni tuo gesto è una fiamma leggera
Sei l’ombra, sei il gatto che fugge e poi ritorna
Sei l’impatto del treno contro i rami sporgenti
Un alambicco pieno di mercurio e di zolfo
bolle di notte tra i tuoi seni perfetti
Quanti a. lchimisti hanno perso i polmoni
inseguendo i fumi del tuo corpo sudato!
Sei la donna che detta il ritmo delle stagioni,
che dimezza l’attesa tra un mio battito e l’altro
Sei Venere che sorge da una colata di lava
Sei Psiche che tiene sempre accesa la luce
Calpesti la terra e neanche ti accorgi
che ad ogni tuo passo prende vita un giardino
Per i tuoi capelli il vento sta ringraziando Dio
per avergli donato uno scopo di vita

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Danzo

Danzo la danza delle idee geniali
sperando che tu mi dica qualcosa di nuovo
Danzo la danza dei perdenti e perduti
sapendo che i miei passi saranno vani
Danzo la danza degli ingenui felici
credendo che il mio sudore serva a qualcuno
Danzo la danza dei profittatori
e danzerò finché mi pagherai
E danzo, danzo, danzo
per vincere la mia arroganza
Danzo, danzo, danzo
il perché non ha importanza
Danzo la danza dei maledetti
perché lo spleen mi arriva fino al torace
Danzo la danza dei presuntuosi
perché anche tu lo sei se ti credi al mio livello
Danzo la danza degli indesiderati
mi sono allenato molto davanti alle porte chiuse
Danzo la danza degli insofferenti
ti puoi spostare un po’ più in là, per favore?
E danzo, danzo, danzo
fino a che resterò in piedi
Danzo, danzo, danzo
perché sei tu che me lo chiedi.

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Vengo a portarti una poesia di Neruda

Ho un galoppo nel cuore
e onde al guinzaglio
Di questo mare insepolto
impasterò vento e sabbia
per costruire i tuoi piedi rumorosi
e sentirli danzare dentro i miei occhi
Per raggiungerti salgo
dal mare alla collina
La mia testa si ridisegna stella
per chiamare le tue voci
Le mie labbra si arcuano stanche
in sorrisi autunnabondi e distratti
E io sono qui,
su questo autobus che scuote il mio corpo
come un dado
come un tappeto
arrancando su polverose strade
rese mute dalla pioggia improvvisa
Le farfalle applaudono al mio passaggio
sbattendo le ali
sopra le pozzanghere che ingoiarono Narciso
Ho un galoppo di onde
nel mio cuore al guinzaglio.
Portami dove si possa dimenticare
questo secolo che ci vede esiliati,
questi temporali
che non riescono più a rinfrescarci,
queste celebrazioni e abbracci
che sembrano inutili corone di fiori.
Il mare è laggiù
lontano come un progetto abbandonato
le ruote sparano sassi e ricordi
sulla salita che la tua casa mi srotola davanti
Sono l’intagliatore di foglie di carciofo
e ti porto in dono sagome di nubi
A te,
bicchiere dall’orlo sbeccato
che non posso baciare senza ferirmi
A te,
orecchio reciso e gettato su un prato
per ascoltare i segreti delle formiche
A te,
porto in dono la mia giacca logora,
la mia resistenza
e questa poesia smarrita di Pablo Neruda.

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Tua assenza: prato, spiaggia e autostrada

Appoggiato ad un prato verticale
aspetto una farfalla che mi porti in su
C’è un palazzo col labbro leporino
con i balconi feriti dai gerani
Ho impastato cuori e fili d’erba
            ho trovato un nido di frullini
fra poco il vento mi parlerà di te
Ho trovato un passaggio segreto
dentro le tasche dei miei calzoni
Spiagge deserte e scogli turchesi
e ciuffi di candelabri accesi
Il tuo corpo inghiottito dalla sabbia
            i tuoi occhi diventano girini
adesso il mare appartiene a te
La tua schiena è una calda ipotenusa
che porta ad un’area di servizio
Il mio braccio una netta tangenziale
che sfiora i tuoi cavalcavia
Son rinchiuso in un’oliva con le ruote
            e respiro finti aromi di foresta
                        – non riesco ancora a far senza di te

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Pensierino

Quante volte
caro signor Maestro
col ditino alzato e lo sguardo severo
mi ammonisce dicendo
«se tutti facessero come te»
intendendo che la mia attività culturale
non serva al progresso del Paese,
a far ripartire la sua economia
e neppure, essendo artista, a far fiorire la mia
Ma allora
una volta per tutte
caro Signor Maestro
mi lasci dire
che se tutti facessero come me
non ci sarebbero polizie
perché perfino alle zanzare chiedo scusa
e mi appello comunque alla legittima difesa
quando le sgiornalo contro il muro
non ci sarebbero eserciti
perché l’unico Paese che voglio invadere
è quello delle emozioni altrui
e l’unico territorio che devo difendere
è l’intimità dei miei affetti e dei miei pensieri
non ci sarebbero aguzzini e aguzzine
che con la loro concezione totalitaria dell’amore
devastano la vita di chi li ha incontrati
ché se vuoi bene a una persona
vuol dire che vuoi il suo bene
indipendentemente da cosa ti dà
Quindi
è meglio che non mi dica più
«se tutti facessero come te»
perché si rischierebbe di vivere in un mondo meraviglioso
di avere un sacco di tempo libero
di fare le cose che si amano
Ma ora mi viene alla mente
caro signor Maestro
che se vivo in un mondo che fa schifo
allora lo devo a lei e alla maggior parte delle persone
che non sono come me
che se ne fregano degli altri
e soprattutto se ne fregano di se stessi
A lei e a loro dovrei chiedere i danni
e forse le miei poesie sono proprio questo:
sono i moduli per sporgere reclamo
E sto anche pensando,
signor Maestro,
che per la legge dei numeri che lei mi ha spiegato così bene
allora anche in questa sala
c’è un sacco di persone che mi costringe a vivere male.
A questi non voglio più rivolgere né sorrisi né parole.
Io mi appello agli altri.
Alzatevi in piedi e fatevi vedere.
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