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A mia madre

Ti ho visto in faccia in quella stanza
io sporco di sangue e muco
tu stravolta e curiosa
Ho tentato di dirti
che non ero sicuro di voler restare fuori di te
ma le parole che avevo in testa
nella mia bocca si impastavano male
Avevo appena imparato
che tutta la vita sarebbe stata ipocrisia e paradosso:
ti avevo appena fatta soffrire
ti avevo fatta sanguinare
eppure ero io a piangere
e tu a sorridermi
Ti ho visto in faccia in quella stanza
mentre mi portavano via
C’era troppa confusione per dirti quanto fossi felice
di poter finalmente dare un viso
al ventre che mi aveva ventre
E più tardi con i miei colleghi
si discuteva di reincarnazione,
di eterno ritorno, dei cicli di Vico,
ma non vedevo l’ora di rivederti
e di conoscere il tuo uomo e vostro figlio
dei quali sentivo la voce ovattata e lontana.
Ti ho visto in faccia in quella stanza
e darei tutto quello che ho
perricordarmene.

5

Antininnananna

Chissà cosa c’è al piano di sopra
Aratri di sedie e rimbalzi di grida
mentre veli di tende mi nascondono il sole
in questo salotto dove il nulla m’assale
Ho provato a bussare con la scopa al soffitto
sono andato più volte a suonare alla porta
ma solo suoni oscuri dalla dubbia coerenza
sono stati la risposta ai miei tentativi
Sembravano preghiere con scoppi di risa
e sibili, sonagli e sospiri sommessi
voci moltiplicate come ci fosse una folla
e fastidiosi ronzii di radiointerferenze
Cosa diavolo ho sopra la mia testa
una scatola magica che contiene l’inferno
una porta da cui non esce mai nessuno
Un soffitto mi separa da un mondo che non so
E le notti son lunghe se la paura m’incalza
se le voci di sopra mi scavano dentro
se uno strano presagio m’induce a pensare
che se ora chiudo gli occhi, giammai li riaprirò.

6

Epicedio

Non sento orti
dentro me
solo steppa e tundra
Nessun fruscio di crescita o di vita
Nessuna trasformazione
Nessun organo di luce
Soltanto scie grigie
come vortici di numeri di roulette
e lampi magri
come radici di pianta carnivora
che divora angeli e aerei
al di sopra delle nubi
Non sento porti
dentro me
solo navi bombardate
Nessun formicolio di pulsante gioia attiva
Nessun trasporto o sollevamento
Nessun roteare di fari
Soltanto voragini e banchine sbrecciate
solo ganci di gru abbandonate
che dondolano al vento come donne impiccate
Non sento morti
dentro me
solo scheletri e silenzi
Nessun ricordo spezzato
come un ombrello dal temporale
Nessuna ernia da sollevamento lapidi
Nessun cacciavite a inchiavardare bare
Soltanto un asindeto di visioni amare
solo semafori lampeggianti grigio
in incroci deserti orfani di clacson
Non sento forti
dentro me
solo tende strappate
Nessuna donna che si fa sull’uscio
a salutare l’uomo che va via
Nessuna casa dalla schiena di pietra
Nessuna chiesa con le croci intere
Soltanto ombre impresse sui muri
e ponti che percorre solo il vento
e solo il vento un giorno potrà ritornare.

7

Un giorno mi ritroverete

Un giorno mi ritroverete
a giocare
con i gabbiani
sul declivio di Ostenda
o con i loro colleghi
seduto sui foruncoli pietrosi
di Leça da Palmeira
Un giorno mi ritroverete
a bussare inutilmente
al teatro abbandonato
di Ulica Piotrkowska
o a camminare
sbandando da un muro all’altro
nelle calle della Candelaria
Un giorno mi ritroverete
ad ascoltare per ore intere
la sinfonia in re bemolle
del vento settembrino
nei caruggi o nei barrios
Un giorno mi ritroverete
a contare i mattoni
delle chiese di Bruges
o a farmi insultare
per le strade di Oslo.
Un giorno mi ritroverete.
Per adesso, smettete di cercarmi.

8

Palingenesi

Mi sembra impossibile
essermi lasciato la battaglia dietro di me
clangori d’armi
e quell’odore dentato
di carne e ferro
le urla che uscivano dagli occhi
le urla che rimanevano inscatolate negli elmi svitati dal busto
le urla che diventavano sangue
e come sangue si rapprendevano e si raffreddavano
E quante braccia che si levavano
da corpi immobilizzati e deliranti
come radici alla ricerca dell’acqua
Un tappeto di erba e rumore
è quello che gli zoccoli sotto di me
calpestano felpati
Non so da quanto sia
aggrappato alla criniera
a voltarmi indietro
sputando terrore a ogni secondo
Sono appena uscito dall’inferno
la testa ovattata
e quei rumori metallici
a scavarmi dentro
come cucchiaio
che s’ostina a pescare dal piatto
l’ultimo goccio di minestra
Deglutisco il mondo ad ogni momento
e poco dopo mi è di nuovo in bocca
mentre zolle si sollevano
e danzano attorno al galoppo
Nessuno ormai mi sta seguendo
sulla via che mi conduce a casa
tra poco sarò libero di riemergere dalla morte
In un’ansa del fiume mi fermo a bere
e pulire le ferite
Rivolgo il mio viso al Cielo
e i miei occhi si schiantano sulla nuca
Nelle orbite vuote
nidificheranno avvoltoi e vendette,
la mia lingua diventerà un’agave spinosa
Perfino il mio cavallo ha uno sguardo gelido
da gatto scalciato per la strada
non vede l’ora di fare la strada al contrario
e ritornare in quel campo di morte
a riprendersi l’orgoglio
Abbiamo diviso l’attacco e la fuga
il furore e la paura
soltanto per tornare a sentire le tue mani
Altrimenti saremmo rimasti là,
perdendo un brandello per volta
per aiutare più zolle possibili
a diventare fertili
La sera cade
e intravvedo la nostra casa
solo rovine, distruzione, il tuo corpo smembrato
le tue mani che non sanno più scaldarmi
le tue mani finite come un gioco qualsiasi
gli avvoltoi stanno riposando nelle mie orbite vuote.
Domani li porterò a nutrirsi.
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