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Non c'è una reale differenza tra gli spettatori dei film in terra di camorra e qualsiasi altro spettatore. Ovunque i riferimenti cinematografici sono seguiti come mitologie d'imitazione. Se altrove ti può piacere Scarface e puoi sentirti come lui in cuor tuo, qui puoi essere Scarface, però ti tocca esserlo fino in fondo.

Ma le terre di camorra sono prolifiche anche di appassionati d'arte e letteratura. Sandokan aveva nella villa bunker un'enorme libreria con decine di testi incentrati su due esclusivi argomenti, la storia del Regno delle due Sicilie e Napoleone Bonaparte. Schiavone era attratto dal valore dello stato borbonico dove millanta avi tra i funzionari in Terra di Lavoro, affascinato dal genio di Bonaparte capace di conquistare mezza Europa, partendo da un misero grado militare quasi come lui stesso, generalissimo di un clan tra i più potenti d'Europa in cui era entrato come gregario. Sandokan, con un passato di studente in medicina, prediligeva trascorrere il tempo di latitanza dipingendo icone religiose e ritratti di Bonaparte e Mussolini. Ci sono in vendita ancora oggi, in botteghe insospettabili di Caserta, rarissimi volti santi ritratti da Schiavone, dove al posto del volto del Cristo, Sandokan ha messo il suo. Schiavone era un frequentatore della letteratura epica. Omero, il ciclo di Re Artù, Walter Scott le sue letture preferite. Proprio l'amore per Scott l'ha spinto a battezzare uno dei suoi numerosi figli con il nome altisonante e fiero di Ivanhoe.

Ma i nomi dei discendenti divengono sempre traccia della passione dei padri. Giuseppe Misso, boss napoletano del clan del quartiere della Sanità, ha tre nipoti: Ben Hur, Gesù ed Emiliano Zapata. Misso, che durante i processi ha assunto sempre atteggiamenti da leader politico, da pensatore conservatore e ribelle ha recentemente scritto un romanzo, I leoni di marmo. Centinaia e centinaia di copie vendute a Napoli in pochissime settimane, il racconto in un libro dalla sintassi smozzicata ma dallo stile rabbioso, della Napoli degli anni '80 e '90 dove il boss si è formato e dove emerge la sua figura, descritta come quella di un solitario combattente contro la camorra del racket e della droga a favore di un non ben identificato codice cavalleresco della rapina e del furto. Durante i vari arresti nella sua lunghissima carriera criminale, Misso è sempre stato trovato in compagnia dei libri di Julius Evola ed Ezra Pound.

Augusto La Torre, boss di Mondragone, è studioso di psicologia e vorace lettore di Cari Gustav Jung e conoscitore dell'opera di Sigmund Freud. Dando un'occhiata ai titoli che il boss ha chiesto di ricevere in carcere emergono lunghe bibliografie di studiosi di psicoanalisi, mentre sempre più nel suo eloquio durante i processi citazioni di Lacan si intrecciano a riflessioni sulla scuola della Gestalt. Una conoscenza che il boss ha utilizzato durante il suo percorso di potere, come una inaspettata arma manageriale e militare.

Anche un fedelissimo di Paolo Di Lauro è tra i camorristi amanti di arte e cultura: Tommaso Prestieri è il produttore della maggior parte dei cantanti neomelodici, nonché un raffinato conoscitore d'arte contemporanea. Ma i boss collezionisti sono molti. Pasquale Galasso aveva nella sua villa un museo privato di circa trecento pezzi d'antiquariato, il cui gioiello era il trono di Francesco I di Borbone, mentre Luigi Vollaro, detto "'o califfo", possedeva una tela del suo prediletto Botticelli.

La polizia arrestò Prestieri, sfruttando il suo amore per la musica. Venne infatti beccato al Teatro Bellini a Napoli mentre assisteva, da latitante, a un concerto. Prestieri, dopo una condanna ha dichiarato: "Sono libero nell'arte, non ho necessità di essere scarcerato". Un equilibrio fatto di quadri e canzoni che concede un'impossibile serenità a un boss in disgrazia come lui, che ha perso sul campo ben due fratelli ammazzati a sangue freddo.

Aberdeen, Mondragone

Il boss psicanalista Augusto La Torre era stato tra i prediletti di Antonio Bardellino: aveva da ragazzo preso il posto del padre divenendo il leader assoluto del clan dei "Chiuovi", come li chiamavano a Mondragone. Un clan egemone nell'alto casertano, nel basso Lazio e lungo tutta la costa domi-zia. Si erano schierati con i nemici di Sandokan Schiavone, ma poi col tempo il clan aveva dimostrato abilità imprenditoriale e capacità di gestione del territorio, unici elementi che possono far mutare i rapporti di conflittualità tra famiglie di camorra. La capacità di fare affari riawicinò i La Torre ai Ca-salesi che gli diedero possibilità di agire in relazione con loro, ma anche in autonomia. Augusto non era un nome a caso. Ai primogeniti della famiglia, La Torre usava dare i nomi degli imperatori romani. Avevano invertito l'ordine storico, la storia romana vedeva avvicendarsi prima Augusto e successivamente Tiberio, invece il padre di Augusto La Torre portava il nome di Tiberio.

Neirimmaginario delle famiglie di queste terre la villa di Scipione l'Africano costruita nei pressi del Lago Patria, le battaglie capuane di Annibale, la forza inattaccabile dei Sanniti, i primi guerriglieri europei che colpivano le legioni Tornane e fuggivano sulle montagne, sono presenti come storie di paese, racconti di un passato anteriore di cui però tutti si sentono parte. Al delirio storico dei clan si contrapponeva l'immaginario diffuso che riconosceva in Mondragone la capitale della mozzarella. Mio padre mi mandava a fare scorpacciate di mozzarelle mondragonesi, ma quale territorio aveva il primato della mozzarella più buona era impossibile stabilirlo. I sapori erano troppo diversi, quello dolciastro e leggero della mozzarella di Battipaglia, quello salato e corposo della mozzarella aversana e poi quello puro della mozzarella di Mondragone. Una prova però della bontà della mozzarella i mastri caseari mondragonesi ce l'avevano. La mozzarella per essere buona deve lasciare in bocca un retrogusto, quello che i contadini chiamano "'o ciato 'e bbufala" ossia il fiato di bufala. Se dopo aver buttato giù il boccone non rimane in bocca quel sapore di bufala, allora la mozzarella non è buona. Quando andavo a Mondragone mi piaceva passeggiare sul pontile. Avanti e indietro, prima che venisse abbattuto era una delle mie mete preferite d'estate. Una lingua di cemento armato costruita sul mare per far attraccare le barche. Una struttura inutile e mai utilizzata.

Mondragone divenne d'improvviso una meta per tutti i ragazzi del casertano e dell'agro pontino che volevano emigrare in Inghilterra. Emigrare come occasione di vita, andare finalmente via, ma non come cameriere, sguattero in un McDonald's, o barista pagato con pinte di birra scura. Si andava a Mondragone per cercare di avere contatti con le persone giuste, per avere fitti agevolati, la possibilità di essere ricevuti con garbo e interesse dai proprietari dei locali. A Mondragone si potevano incontrare le persone adatte per farti assumere in un'assicurazione, in un ufficio immobiliare e se proprio si presentavano braccianti disperati, disoccupati cronici, i contatti giusti li avrebbero fatti assumere con contratti decenti e lavoro dignitoso. Mondragone era la porta per la Gran Bretagna. D'improvviso dalla fine degli anni '90 avere un amico a Mondragone significava poter essere valutato per quanto valevi, senza necessità di presentazione o di raccomandazione. Cosa rara, rarissima, impossibile in Italia e ancor più al sud. Per essere considerato e vagliato solo per ciò che sei, da queste parti hai bisogno sempre di qualcuno che ti protegga e che la sua protezione possa, se non favorirti, farti almeno prendere in considerazione. Presentarti senza protettore è come andare senza braccia e senza gambe. Insomma hai qualcosa in meno. A Mondragone invece prendevano i curricula e vedevano a chi inviarli in Inghilterra. Valeva in qualche modo il talento e ancor più come avevi deciso d'esprimerlo. Ma solo a Londra o Aberdeen, non in Campania, non nella provincia della provincia d'Europa.

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