«Che cosa sta cercando di dire?» domandò Shadow. «Che la lotta è finita? Basta con la guerra?»
Il signor Nancy sbuffò. «Ma sei fuori di testa? Hanno ucciso Wednesday. Lo hanno ammazzato e se ne vantano. Lo stanno raccontando in giro. Hanno trasmesso la scena su tutti i canali per chiunque avesse gli occhi per vedere. No, Shadow. La guerra è appena cominciata.»
Si piegò e spense il sigaretto configgendolo nella terra ai piedi del monumento come un’offerta votiva.
«Faceva sempre battute» disse Shadow. «Ora non ne fa più.»
«È difficile trovare la voglia di scherzare, adesso. Wednesday è morto. Vieni dentro?»
«Tra poco.»
Nancy si avviò verso il motel. Shadow allungò una mano per sfiorare il monumento. Passò le dita sulla targa di ottone freddo, poi si voltò incamminandosi verso la chiesetta bianca, ed entrò dalla porta spalancata. Nel buio sedette sulla panca più vicina all’ingresso, chiuse gli occhi e chinò la testa pensando a Laura, a Wednesday, al fatto di essere vivo.
Sentì un rumore secco alle spalle, uno stropiccio di piedi. Si voltò. Sulla soglia c’era una sagoma scura contro il cielo stellato. Un raggio di luna colpì il metallo della canna.
«Vuoi spararmi?» chiese.
«Cazzo… mi piacerebbe» disse Town. «E per autodifesa. Stavi pregando? Ti hanno convinto di essere dèi? Be’, non lo sono.»
«Non stavo pregando. Pensavo.»
«Secondo me» proseguì Town «sono mutazioni. Esperimenti evolutivi. Con un po’ di abilità ipnotica e qualche trucco riescono a far credere qualsiasi cosa. In verità non è niente di strabiliante. Robetta. E in fondo muoiono come tutti.»
«È sempre successo» rispose Shadow. Si alzò e Town fece un passo indietro. Shadow uscì dalla chiesetta distanziandolo. «Ehi» disse, «conosci Louise Brooks?»
«È un’amica tua?»
«No. Era un’attrice nata da queste parti.»
Town si fermò. «Forse ha cambiato nome e adesso si chiama Liz Taylor o Sharon Stone» suggerì volonteroso.
«Può darsi.» Shadow si incamminò in direzione del motel. Town gli stava alle calcagna.
«Tu dovresti essere in galera» gli disse. «Dovresti essere nel braccio della morte.»
«Non ho ucciso io i tuoi colleghi» rispose Shadow. «Però voglio dirti una cosa che mi hanno raccontato quand’ero dentro. Una cosa che non ho mai dimenticato.»
«Cioè?»
«In tutto il Vangelo c’è un solo uomo al quale Gesù promette personalmente un posto in Paradiso. Non a Pietro e Paolo né a nessuno degli altri ma a un ladrone inchiodato sulla croce. Perciò non disprezzare quelli che stanno nel braccio della morte. Magari sono al corrente di qualcosa che tu non sai.»
L’autista era in piedi vicino alla Humvee. «Buonanotte, signori» disse al loro passaggio.
«’notte» rispose Town. E poi, a Shadow: «Per quanto mi riguarda, io me ne sbatto di tutta questa storia. Faccio quello che mi ordina il signor World. E più facile».
Shadow percorse il corridoio fino alla camera numero nove.
Aprì la porta, entrò. «Scusi. Credevo che fosse la mia stanza.»
«Infatti» rispose Media. «Stavo aspettando te.» Al chiaro di luna della stanza intravedeva i capelli della donna, il viso pallido. Sedeva composta sul bordo del letto.
«Mi cercherò un’altra stanza.»
«Me ne vado subito» disse lei, «pensavo di cogliere l’occasione per farti un’offerta.»
«Va bene. Faccia la sua offerta.»
«Rilassati» disse lei con un tono suadente. «Sei così rigido, come se avessi inghiottito un manico di scopa. Senti, Wednesday è morto. Tu non devi niente a nessuno. Vieni con noi. Unisciti alla Squadra Vincente, è giunto il momento.»
Shadow rimase in silenzio.
«Possiamo renderti famoso, Shadow. Possiamo darti il controllo di ciò che la gente crede e dice, di quello che indossa e sogna. Vuoi diventare il prossimo Cary Grant? Noi siamo in grado di realizzare il tuo desiderio. Siamo in grado di farti diventare i futuri Beatles.»
«Come offerta, preferivo quella di vedere le tette di Lucy» disse Shadow. «Sempre che fosse lei.»
«Ah.»
«Adesso vorrei disporre della mia camera. Buonanotte.»
«Ovviamente» riprese la donna senza fare il minimo cenno di volersene andare, come se lui non avesse parlato, «possiamo anche agire al contrario. Possiamo farti andare tutto male e trasformarti per sempre in un tristo figuro. Potresti passare alla storia come un mostro, ricordato per sempre, sì, ma come Charles Manson, Hitler… cosa ne dici?»
«Senta signora, sono un po’ stanco, le sarei grato se se ne andasse.»
«Ti ho offerto il mondo» disse lei, «ricordatene, quando ti ritroverai a finire i tuoi giorni in una fogna.»
«Stia tranquilla, me ne ricorderò.»
La donna se ne andò lasciando una scia di profumo nell’aria. Shadow si sdraiò sul nudo materasso pensando a Laura, ma ogni immagine — Laura che gioca a frisbee, Laura che mangia una pallina di gelato senza cucchiaino, Laura che ridacchia sfilandogli davanti con la biancheria esotica comperata ad Anheim dov’era andata per un convegno sul futuro delle agenzie di viaggio — si trasformava sempre, nella sua mente, nell’immagine di Laura che succhia il cazzo a Robbie mentre un camion li travolge consegnandoli all’oblio. Poi gli sembrò di risentire le sue parole, e facevano ancora male.
Non sei morto, disse nel ricordo la voce pacata di Laura, però non sono così sicura che tu sia davvero vivo.
Bussarono alla porta. Shadow si alzò ad aprire. Era il ragazzo grasso. «Quegli hamburger» disse «erano schifosi. «Ma ci credi? Ottanta chilometri per il più vicino McDonald’s. Non avevo mai pensato che al mondo ci fosse un posto a ottanta chilometri dal più vicino McDonald’s.»
«Questa stanza sta diventando la Grand Central Station» disse Shadow. «Va bene, d’accordo, immagino che sarai venuto a offrirmi la libertà di Internet se passo dall’altra parte della barricata, o sbaglio?»
Il ragazzo grasso tremava. «No. Tu sei già spacciato. Tu… sei un manoscritto miniato in un gotico del cazzo. Non ti si potrebbe trovare un ipertesto nemmeno volendo. Io sono… sinaptico, tu sei sinottico…» Aveva uno strano odore, il ragazzo grasso. A Shadow tornò in mente il detenuto di cui non aveva mai saputo il nome nella cella di fronte alla sua che un giorno si era denudato completamente e aveva annunciato a tutti che era stato inviato a liberare i buoni come lui, per portarli su un’astronave d’argento fino a un pianeta perfetto. Dopo di che Shadow non lo aveva più visto. Il ragazzo grasso aveva lo stesso odore.
«Perché sei venuto nella mia camera?»
«Volevo parlare.» C’era un tono lamentoso nella sua voce. «E raccapricciante, la mia stanza. Solo per questo sono venuto. Ottanta chilometri per arrivare al più vicino McDonald’s, te l’immagini? Magari potrei restare qui da te.»
«E i tuoi amici della limousine? Quello che mi ha preso a pugni, per esempio? Perché non chiedi a lui di tenerti compagnia?»
«Qui i ragazzi non sono operativi. Siamo in una zona morta.»
«Manca ancora tempo a mezzanotte, e ancora di più all’alba. Forse è meglio se ti riposi un po’. Io ne ho bisogno.»
Il ragazzo grasso si limitò ad annuire e se ne andò.
Shadow chiuse la porta a chiave e tornò a sdraiarsi sul materasso.
Dopo qualche minuto cominciò il rumore. Gli ci volle un po’ per capire cos’era, aprì la porta e uscì in corridoio a verificare. Era il ragazzo grasso, nella sua stanza. Sembrava che stesse lanciando un oggetto enorme contro le pareti, e dal suono Shadow dedusse che l’oggetto doveva essere il suo corpo. «Sono poco!» singhiozzava, o forse «Sono porco». Shadow non riusciva a capire.
«Silenzio» sbraitò Chernobog dalla sua stanza in fondo al corridoio.
Shadow attraversò la hall e uscì dal motel. Era stanchissimo.
L’autista, in piedi accanto alla Humvee, era un’ombra scura con un berretto.
«Non riesce a dormire, signore?» chiese.
«No.»
«Vuole fumare una sigaretta?»