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Shadow finì di bere il caffè e appoggiò la tazza sul pavimento. Lo sforzo gli sembrò sfinente. «Da quanto tempo vive qui?»

«Abbastanza.»

«Ha fatto lei il lago?»

Hinzeimann lo guardò sorpreso. «Sì» disse. «L’ho fatto io. Quando arrivai lo chiamavano lago, ma non c’era che una sorgente con un ruscello e una gora.» Si fermò. «Ho capito subito che questo paese era l’inferno per la gente come me. Ci divora, e io non volevo essere divorato. Così ho fatto un patto: un lago in cambio della prosperità…»

«Al modesto costo di un bambino per inverno.»

«Bravi bambini» disse Hinzelmann scuotendo lentamente la testa. «Tutti bravi bambini. Sceglievo solo quelli che mi piacevano. A eccezione di Charlie Nelligan, che era una pecora nera. Quand’è successo, nel 1924,1925? Sì. Il patto era questo.»

«La gente della città» disse Shadow, «Mabel, Marguerite, Chad Mulligan… sono al corrente?»

Hinzelmann non rispose. Estrasse l’attizzatoio dal camino: i primi dieci centimetri di punta erano arancioni, arroventati. L’impugnatura dell’attizzatoio doveva essere troppo calda, ma la cosa non sembrava disturbare Hinzelmann, che continuò ad armeggiare col fuoco. Poi appoggiò l’oggetto rovente tra le fiamme. Disse: «Sanno di vivere in un buon posto. Mentre le altre città e cittadine della contea, diavolo, in questa parte dello stato, vanno in malora. Questo lo sanno.»

«Ed è merito suo?»

«Io proteggo la città» rispose Hinzelmann. «A Lakeside non succede niente che io non voglia. Lo capisci? Nessuno viene qua se io non voglio. È per questo che tuo padre ti ha mandato qui. Non ti voleva in giro per il mondo ad attirare l’attenzione. Ecco perché.»

«E lei l’ha tradito.»

«Non ho fatto proprio niente del genere. Era un imbroglione. Ma io pago sempre i miei debiti.»

«Non le credo» disse Shadow.

Hinzelmann aveva l’aria offesa e con una mano si ravviò una ciocca di capelli bianchi. «Mantengo sempre la mia parola.»

«No. Non è vero. Laura è venuta qui. Ha detto che qualcosa la stava chiamando. E cosa mi dice della coincidenza che ha portato Sam Black Crow e Audrey Burton in città la stessa notte? Non credo più alle coincidenze.

«Sam Black Crow e Audrey Burton. Due donne che mi conoscevano e sapevano che ero ricercato. Se una di loro avesse fallito nell’intento di smascherarmi, rimaneva sempre l’altra. E se avessero fallito entrambe, chi altri avrebbe fatto venire a Lakeside, Hinzelmann? Il direttore della prigione per un weekend di pesca sul ghiaccio? La madre di Laura?» Shadow era arrabbiato. «Voleva che me ne andassi e non voleva far sapere a Wednesday che era stato lei a cacciarmi.»

Alla luce del fuoco Hinzelmann sembrava più un gargoyle che un diavoletto. «Lakeside è una buona città» disse. Se non sorrideva aveva un’aria cerea, cadaverica. «E tu stavi attirando troppa attenzione. Un’attenzione negativa.»

«Doveva lasciarmi sul ghiaccio» disse Shadow. «Doveva lasciarmi nel lago. Ho aperto il baule della macchina. Al momento Alison è ancora gelata, ma quando il ghiaccio si scioglierà il corpo affiorerà in superficie. A quel punto andranno giù a dare un’occhiata, e troveranno il suo deposito di cadaverini. Immagino che alcuni siano ancora piuttosto ben conservati.»

Hinzelmann allungò una mano e impugnò l’attizzatoio. Non finse nemmeno più di attizzare il fuoco e lo brandì come una spada, un bastone, agitando nell’aria la punta arroventata e fumante. Shadow era consapevole di essere nudo, stanco e con i riflessi molto rallentati, tutt’altro che in grado di difendersi.

«Vuole uccìdermi? Si accomodi. Facciamola finita. Io sono comunque un uomo morto: so che lei è il padrone di questa città, il suo piccolo mondo. Ma se pensa che nessuno verrà a cercarmi, si illude. È finita, Hinzelmann. In un modo o nell’altro per lei è finita.»

Il vecchio si alzò appoggiandosi all’attizzatoio come a un bastone. A contatto con la punta incandescente, il tappeto bruciò. Quando Hinzelmann guardò Shadow i suoi occhi azzurro chiaro erano gonfi di lacrime. «Amo questa città» disse. «Mi piace davvero tanto il mio ruolo di vecchio brontolone, mi piace raccontare le mie storie, guidare Tessie e pescare nel ghiaccio. Ti ricordi quello che ti ho detto una volta? Non è per il pesce che prendi ma per la pace mentale che ti riporti a casa.»

Puntò l’attizzatoio in direzione di Shadow che ne sentì il calore a mezzo metro.

«Potrei ucciderti» disse Hinzelmann, «sistemarti per sempre. L’ho già fatto. Non sei il primo a capire cosa stavo facendo. Il padre di Chad Mulligan l’aveva capito. Ho sistemato lui e posso sistemare anche te.»

«Può darsi» rispose Shadow, «ma per quanto ancora, Hinzelmann? Un altro anno? Altri dieci? Adesso ci sono i computer, Hinzelmann. Non sono stupidi. Gli schemi si ripetono. Ogni anno a Lakeside sparisce un bambino. Prima o poi verranno a ficcare il naso. Come verranno a cercare me. Mi dica, quanti anni ha, lei?» Intanto ripiegava le dita intorno a uno dei cuscini del divano preparandosi a tirarselo sopra la testa per deviare il primo colpo.

La faccia di Hinzelmann era impassibile. «Mi davano i loro bambini prima che i romani arrivassero nella Foresta Nera» disse. «Prima di essere un coboldo ero un dio.»

«Forse è ora di cambiare.» Shadow si domandò che cosa fosse un coboldo.

L’altro lo fissava. Poi riappoggiò l’attizzatoio nel fuoco. «Non è così semplice. Che cosa ti fa pensare che io possa lasciare questa città anche se lo volessi, Shadow? Io faccio parte di Lakeside. Sarai tu a mandarmi via? Sei pronto a uccidermi, pur di mandarmi via?»

Shadow guardò per terra. Sul tappeto si vedevano ancora i bagliori della brace, dove la punta dell’attizzatoio aveva bruciato la lana. Hinzelmann seguì il suo sguardo e la schiacciò con il piede. Nella mente di Shadow si affollarono, non invitati, i volti dei bambini, molto più di cento, che lo fissavano con gli occhi ciechi e i capelli serpeggianti intorno al volto come lunghe alghe. Lo guardavano con aria di rimprovero.

Sapeva che stava per tradirli e non sapeva cosa fare per impedirselo.

«Non posso ucciderla. Lei mi ha salvato la vita.»

Scosse la testa. Non si era mai sentito più stronzo di così. Altro che l’eroe di un film o un investigatore, era soltanto un traditore di merda che faceva finta di indignarsi e poi se ne andava voltando le spalle a tutto.

«Vuoi conoscere un segreto?» chiese Hinzelmann.

«Va bene» rispose lui con il cuore pesante. Non ne poteva più di segreti.

«Guarda questo.»

Al posto di Hinzelmann comparve un bambino di circa cinque anni, con i capelli lunghi e scuri. Era completamente nudo eccetto per una logora striscia di cuoio intorno al collo. Lo trapassavano due spade: una conficcata nel petto, l’altra che entrava dalla spalla per uscire con la punta sotto la cassa toracica. Il sangue scorreva dalle ferite lungo il corpo del bambino formando una pozza intorno ai suoi piedi. Le spade erano straordinariamente antiche.

Il bambino guardò Shadow con occhi che esprimevano soltanto sofferenza.

E Shadow pensò tra sé: naturalmente. Un modo come un altro per fare un dio tribale. Non aveva bisogno che glielo si spiegasse. Sapeva tutto.

Prendi un bambino, lo fai crescere al buio impedendogli di vedere chiunque, di toccare chiunque, lo nutrì bene per qualche anno, lo nutri meglio di qualsiasi altro bambino nel villaggio e poi, dopo cinque anni, nella notte più lunga dell’anno lo trascini terrorizzato fuori dalla capanna in mezzo ai fuochi e lo trapassi con spadoni di ferro e di bronzo. Fai affumicare il corpicino sopra un fuoco di carbone fino a quando non è perfettamente essiccato e allora lo avvolgi in pelli di animali. Lo porti con te da un accampamento all’altro, nel cuore della Foresta Nera, offrendogli in sacrificio animali e bambini, trasformandolo nel talismano della tribù. Passato molto tempo, quando il talismano si sbriciola, metti le fragili ossa in una scatola e veneri la scatola; un giorno la scatola si aprirà e le ossa si sparpaglieranno in giro e verranno dimenticate e le tribù che adoravano il dio bambino della scatola saranno estinte da tempo; e il dio bambino, il talismano del villaggio, sarà un pallido ricordo, poco più che un fantasma: un folletto, un coboldo.

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