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Koudelka si tolse la giacca, mentre Bothari faceva lo stesso, e i due indumenti furono stesi al suolo. Alys venne aiutata a sdraiarsi su di essi. In quella posizione il suo volto riprese un po’ di colore; ma quasi subito le si fermò il respiro e mandò un grido, allorché i muscoli addominali si contrassero ancora.

— Lei si metta qui accanto a me, milady — disse Bothari a Cordelia. Per fare cosa? si domandò lei. Ma lo comprese quando l’uomo sollevò, con mani esitanti, la camicia da notte della partoriente. Mi vuole come meccanismo di controllo. Ma lo scontro a fuoco sembrava aver cancellato del tutto la strana e orribile espressione morbosa che gli era apparsa sul volto, là in quella strada. Per fortuna Alys Vorpatril era troppo assorbita in se stessa per notare che il suo tentativo di mostrare un freddo distacco clinico era piuttosto fallimentare.

— La testa del bambino non si vede ancora — riferì Bothari. — Però manca poco.

Un’altra doglia, un’altra occhiata nella zona, e aggiunse: — Dovrebbe fare in modo di non gridare, Lady Vorpatril. Quelli ci stanno cercando. Capisce?

Lei annuì, e agitò disperatamente una mano in cerca di qualcosa. Drou, intuendo quello che voleva, strappò un pezzo di fodera da una giacca, lo arrotolò e glielo mise fra i denti.

Trascorsero così venti minuti, fra una doglia e l’altra. Alys era sempre più debole e ansimava, con le lacrime agli occhi, incapace di trovare un equilibrio fra il dolore delle contrazioni uterine e la necessità di riprendere fiato. La testa del nascituro apparve, coperta di capelli neri, ma ancora non voleva uscire dalla morsa delle ossa pelviche.

— Quanto tempo credi che ci metterà? — s’informò Koudelka con voce che si sforzava d’essere pacata.

— Penso che non abbia troppa voglia di uscire — disse Bothari. — Dev’essersi accorto che fuori fa freddo, stasera. — La battuta penetrò attraverso la sofferenza di Alys, che non smise di mugolare penosamente ma ebbe uno sguardo di gratitudine. Bothari si chinò a esaminare la dilatazione, le poggiò una mano sull’addome, attese la spinta successiva e la aiutò con una pressione calcolata.

La testa bruna del bambino uscì fra le cosce insanguinate di Lady Vorpatril, senza difficoltà.

— Eccolo qui — disse Bothari in tono soddisfatto. Koudelka mandò un fischio fra i denti, impressionato.

Cordelia prese la testa del piccolo fra le mani e alla contrazione seguente lo estrasse per intero. Il bambino tossì un paio di volte, la sua faccetta acquistò un colore più roseo e d’un tratto emise un vagito acutissimo. Per poco Cordelia non lo lasciò cadere.

Bothari imprecò, gettando un’occhiata alla porta. — Mi dia la sua spada, tenente.

Lady Vorpatril sbarrò gli occhi, inorridita. — No! Dallo a me, lo farò tacere io!

— Non è questo che volevo fare — disse dignitosamente Bothari. — Anche se forse sarebbe un’idea — aggiunse, mentre i vagiti continuavano. Girato verso il muro usò la pistola a plasma per sterilizzare la lama con un colpo a bassa potenza.

All’ultima contrazione addominale il cordone ombelicale fu seguito dalla placenta, che cadde sulla giacca di Koudelka. Cordelia osservò affascinata la fine del supporto nutritivo organico che era stato — ed era ancora — tanto importante nel suo caso. Tempo. Ecco come si sommano gli imprevisti. Di quanto abbiamo diminuito le probabilità di Miles? Stava tradendo suo figlio per salvare il piccolo Ivan? Non così piccolo, comunque; c’era poco da meravigliarsi che avesse dato tante difficoltà a sua madre. Alys doveva essere dotata di ossa pubiche solide quanto la sua volontà, altrimenti non sarebbe uscita viva da una notte come quella.

Quando il cordone ombelicale diventò bianco, Bothari lo tagliò con la spada e Cordelia fece del suo meglio per annodarlo bene. Pulì il bambino con un fazzoletto, lo avvolse in una maglia di lana presa da una borsa e infine lo depose fra le braccia di Alys.

La giovane donna guardò il figlioletto appena nato, e i suoi occhi si riempirono di lacrime. — Padma diceva… che avrei avuto i medici migliori. Non sapeva quanto… sarebbe stato vero. Ma questo momento io l’avevo sognato con lui vicino a me… vicino a me! Ah, Padma… maledizione, Padma! — Si strinse il figlio al petto e lo cullò un poco. Ad un tratto ebbe un moto di sorpresa e abbassò lo sguardo. — Oh! — esclamò. La bocca del bambino aveva trovato uno dei suoi capezzoli e vi si era immediatamente attaccata con avidità.

— Ottimi riflessi — commentò Bothari.

CAPITOLO DICIASSETTESIMO

— Per l’amor di Dio, Bothari, non possiamo portarla là! - sibilò Koudelka.

La strada in cui il sergente li aveva condotti era nelle profondità del vecchio quartiere del caravanserraglio. A poca distanza da loro, nell’umida foschia della notte, si ergeva un massiccio edificio a tre piani dalle mura insolitamente spesse. Le imposte di legno stinto erano chiuse, ma qua e là filtravano all’esterno strisce di luce gialla. Una lampada a olio decorativa illuminava una robusta porta di legno verde, l’unica che Cordelia potesse vedere.

— Non possiamo lasciarla in mezzo a una strada. Ha bisogno di stare al caldo — replicò Bothari. Portava in braccio Lady Vorpatril, che indebolita e tremante si stringeva a lui. — È già tardi. Stanno per chiudere.

— Che razza di posto è questo? — domandò Droushnakovi.

Koudelka si schiarì la gola. — Nell’Era dell’Isolamento, quando il caravanserraglio era il centro di Vorbarr Sultana, qui abitava un Lord. Uno dei principi minori di Casa Vorbarra, credo. Ecco perché a vederla sembra una fortezza. Oggi è… una specie di locanda.

Ah. Così questo è il tuo postribolo, Kou, fu per lasciarsi scappare di bocca Cordelia. Si rivolse a Bothari. — È sicuro? O anche qui tutti sognano di vendere l’anima al migliore offerente?

— Per qualche ora è sicuro — rispose lui. — Non abbiamo più di qualche ora, del resto. — Mise giù Lady Vorpatril, affidandola alle mani di Drou, e andò a bussare alla porta. Poi parlò sottovoce con qualcuno, attraverso uno spioncino. Cordelia si stringeva al petto il piccolo Ivan, tenendolo sotto la blusa per dargli tutto il calore che poteva. Fortunatamente il bambino s’era addormentato ancor prima che uscissero dal vecchio edificio dietro il caravanserraglio. Bothari si girò e fece loro segno di raggiungerlo.

Il corridoio in cui entrarono era una specie di tunnel dal soffitto ad archi, con finestrelle verticali molto più strette all’interno che all’esterno. — Feritoie, per la difesa — spiegò Koudelka. Drou annuì, impressionata dallo spessore dei muri esterni. Ma non c’erano fasci di frecce o pentoloni d’olio bollente ad attenderli. L’uomo che li aveva fatti entrare chiuse la porta e tornò a sedersi davanti a un apparecchio a batterie che trasmetteva un film non barrayarano, probabilmente una registrazione.

Il gruppetto passò in una larga stanza in penombra, una specie di bar-sala da pranzo arredata con spreco di tendaggi colorati. Due donne che indossavano solo la sottoveste, sedute vicino a un largo caminetto dove ardevano braci di legna, si girarono a guardarli con aria indifferente. Un uomo di mezz’età, che beveva vino seduto a un tavolo, non alzò neppure gli occhi dal fondo del bicchiere.

A scortarli nell’interno della casa era venuta una donna alta e magra, che li precedette in un’altra stanza e poi su per le scale senza quasi aprir bocca. Quindici, o forse dieci, anni prima doveva esser stata vivace e di bell’aspetto; ora l’aderente abito rosso intriso di profumo non rendeva un buon servizio alle sue forme ossute. Bothari aveva ripreso in braccio Lady Vorpatril. Koudelka si guardava intorno accigliato, ma sembrava lieto che quella notte ci fosse così poca gente.

Al primo piano la donna li fece entrare in una stanza. — Cambia le lenzuola — mormorò Bothari, senza muoversi verso il letto. La donna annuì e scomparve nel corridoio. Da lì a poco fece ritorno, tirò via le coperte e mise le lenzuola pulite. Soltanto allora il sergente trasferì sul letto Lady Vorpatril. Cordelia le depose il bambino fra le braccia, e lei riuscì a sorriderle, grata.

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