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Con Bothari che la teneva per un gomito, mentre Koudelka li incitava ansiosamente, Cordelia si lasciò cadere nel morbido abbraccio del sedile posteriore. Droushnakovi si girò a guardare in che condizioni fosse, gratificò Bothari di una smorfia scontenta e chiese: — Come si sente, milady? Sta bene?

— Meglio di quel che potevo aspettarmi, davvero. Ora vai, vai.

Lo sportello si chiuse e la vettura decollò con una vibrazione potente. L’impianto di riscaldamento riempì la cabina di aria tiepida e profumata. Le luci colorate sul pannello dei comandi illuminavano i volti di Koudelka e di Drou. Un bozzolo di sicurezza tecnologica. Cordelia si sporse a controllare i monitor degli scanner da sopra una spalla della ragazza e poi guardò fuori dai finestrini: sì, due forme scure e allungate li affiancavano, caccia atmosferici di scorta. Anche Bothari li vide e annuì soddisfatto. Una parte della tensione abbandonò il suo corpo.

— È bello vedervi di nuovo… — Qualcosa nel linguaggio corporale dei due giovani, un velato riserbo, trattenne Cordelia dal dire «di nuovo insieme». — Suppongo che tu abbia dato il fatto suo a quel furfante che ti aveva accusato di sabotaggio.

— Appena il Lord Reggente ha avuto il tempo di fargli una dose di penta-rapido, milady — annuì Droushnakovi. — L’uomo non ha avuto il coraggio di suicidarsi prima d’essere interrogato.

— Era lui il sabotatore?

— Sì — rispose Koudelka. — Aveva ricevuto un segnale radio in codice. Vordarian lo aveva corrotto già quattro mesi fa.

— Questo solleva molti dubbi sul nostro sistema di sicurezza. Ha agito da solo?

— Sembra di sì. È stato lui a fornire le informazioni sul nostro percorso, il giorno dell’attentato con la granata sonica. — Koudelka ebbe un involontario moto di disagio, al ricordo.

— Dunque c’era Vordarian, dietro.

— È confermato. Ma l’uomo è rimasto estraneo all’attentato con la soltossina. L’abbiamo rivoltato come un guanto. Era un agente di scarsa importanza, soltanto uno strumento.

Era. Cordelia scacciò quel pensiero. — Illyan si è messo in contatto?

— Non ancora. L’ammiraglio Vorkosigan spera che sia nascosto da qualche parte, se non ha perso la vita durante i primi scontri. Con le armi a plasma, non è facile identificare le vittime.

— Mmh. Be’, vi farà piacere sapere che Gregor sta bene e…

Koudelka alzò una mano per interromperla. — Mi scusi, milady, ma gli ordini dell’ammiraglio… lei e il sergente non dovete dire una parola a nessuno su Gregor, salvo che a lui e al Conte Piotr.

— Giusto. Dannazione al penta-rapido. Come sta Aral?

— Sta bene, milady. Mi ha chiesto di metterla al corrente della situazione strategica…

Al diavolo la situazione strategica! Cosa ne è di mio figlio? Ma, ahimè, le due cose erano inestricabilmente collegate.

— … e di rispondere a tutte le sue domande.

Molto bene. — Voglio sapere di Pio… di Miles, il mio bambino.

— Non abbiamo sentito nulla di allarmante, milady.

— Questo cosa significa?

— Significa che non sappiamo niente — disse Droushnakovi, chiaro e tondo.

Koudelka le diede uno sguardo di rimprovero, che lei scartò con una spallucciata.

— Niente nuove, buone nuove — cercò di metterci una pezza Koudelka. — Tuttavia c’è il fatto che la capitale è in mano a Vordarian…

— E perciò anche l’Ospedale Militare — disse Cordelia.

— Ma ha subito reso noti i nomi degli ostaggi imparentati coi nostri uomini. Nella lista, suo figlio non c’è. L’ammiraglio pensa che Vordarian non ritenga utilizzabile quello che c’è in un simulatore uterino. O che non sappia cos’ha in mano.

— Non ancora — puntualizzò Cordelia.

— Non ancora — concesse Koudelka, riluttante.

— Va bene. Prosegui.

— La situazione generale non è grave come temevamo all’inizio. Vordarian controlla Vorbarr Sultana, il suo distretto, le sue basi militari, e ha mandato truppe nel Distretto Vorkosigan. Ma soltanto cinque Conti sono con lui dall’inizio della congiura. Altri trenta erano alla capitale al momento del colpo di stato, e non si può dire chi sia o non sia veramente alleato con lui finché hanno una pistola puntata alla testa. La maggior parte dei restanti ventitré distretti hanno confermato il giuramento di fedeltà al mio Lord Reggente. Anche se due o tre Conti esitano, o perché hanno dei familiari alla capitale o perché sanno che il loro distretto sarebbe un campo di battaglia.

— E le forze spaziali?

— Sì, ci stavo arrivando, milady. Oltre metà dei loro rifornimenti basilari può esser spedito in orbita solo dalle strutture di decollo nel distretto di Vordarian. Per il momento i comandanti di nave sono più propensi ad aspettare un risultato che a muoversi per crearne uno. Tuttavia hanno rifiutato di appoggiare apertamente Vordarian. C’è una situazione di equilibrio che può rovesciarsi da una parte o dall’altra appena accadrà qualcosa di più decisivo. L’ammiraglio Vorkosigan afferma d’essere molto fiducioso. — Dal tono di Koudelka, Cordelia dubitò che lui condividesse quella fiducia. — Del resto, deve esserlo. Per il morale. Dice che Vordarian ha perso la guerra nel momento in cui Negri è riuscito a portargli via Gregor di sotto il naso, e che il resto è solo una serie di manovre per rimediare a quello scacco. Ma Vordarian ha la Principessa Kareen.

— Manovra, questa, che Aral farà del suo meglio per bloccare, spero. Come sta Kareen? Gli uomini di Vordarian l’hanno ferita?

— Per quanto ne sappiamo, no. Sembra che sia ancora nella Residenza Imperiale, agli arresti domiciliari. Anche alcuni degli ostaggi più importanti sono detenuti là.

— Capisco. — Nella penombra della cabina Cordelia gettò uno sguardo a Bothari, la cui espressione non era mutata. Si aspettava che chiedesse di Elena, ma lui non disse nulla. Droushnakovi, sentendo nominare Kareen, s’era girata a guardare avanti, nella notte.

Avevano fatto pace, Kou e Drou? Sembravano freddi, consapevoli del loro dovere e molto formali. Che avessero messo una pietra sull’accaduto oppure no, Cordelia non sentiva nessun calore fra i due. Dei sentimenti segreti che lei aveva visto nascere nella ragazza bionda non c’era più traccia; non nello sguardo con cui controllava i comandi e che solo di rado si spostava un attimo sull’uomo seduto al suo fianco. Drou pensava a pilotare la rapida vettura antigravità e nient’altro.

In distanza apparvero le luci di una città di medie dimensioni, e più oltre il reticolo geometrico delle piste e degli edifici di un astroporto militare. Con un sussulto Cordelia si rese conto che da qualche minuto c’era una quantità di armi automatiche puntate su di loro. Drou trasmise codici di riconoscimento uno dopo l’altro mentre scendevano di quota, in risposta alle fredde richieste della torre di controllo. La vettura scese in verticale su una stretta pista illuminata per loro, circondata da guardie armate; i due aerei di scorta passarono via più in alto e si allontanarono per riprendere il servizio di pattuglia.

Sei guardie li presero in consegna appena scesero, e adeguandosi al passo non troppo rapido di Koudelka li scortarono all’imboccatura di un pozzo antigravità. La piattaforma scese per una ventina di metri, si spostò orizzontalmente oltre un portellone blindato e continuò a scendere. La Base Tanery ospitava evidentemente un’ampia struttura sotterranea in grado di resistere a un attacco atomico. Ben vengano i bunker, pensò Cordelia con sollievo, ma gli odori familiari che stava respirando le diedero un lungo momento di confusione emotiva, un terribile senso di perdita e di nostalgia. Gli interni di Colonia Beta erano molto più eleganti e decorati di quei tunnel spogli, e tuttavia l’impressione era la stessa di chi scendeva nei livelli di servizio di una città sotterranea betana. Chiusa e autosufficiente, sicura, protetta… Vorrei essere a casa mia.

Nel corridoio dove la piattaforma li scaricò, tre ufficiali in uniforme verde stavano conversando davanti alla porta di un ufficio. Uno di essi era Aral, che appena la vide s’interruppe: — Grazie, signori. Potete andare. — E poi, voltandosi a mezzo, aggiunse: — Ne discuteremo di nuovo più tardi. — Ma gli altri due restarono lì, e continuarono a parlare.

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