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— Anche tu. — Aral andò a prendere Gregor dalle braccia di Drou e le mormorò qualcosa sottovoce. Un po’ riluttante lei gli consegnò il bambino. Il gruppetto si strinse nella carlinga, con Bothari ai comandi, Piotr alla sua destra, e Cordelia sul retro con Gregor sulle ginocchia e il corpo di Negri legato alla meglio sullo stesso sedile. Il bambino non aveva aperto bocca, però tremava; i suoi occhi sbarrati dallo spavento si alzarono in quelli di lei. Cordelia lo strinse a sé automaticamente. Lui non rispose all’abbraccio, ma le appoggiò la testa sul petto. Negli occhi morti di Negri, ancora aperti, sembrava esserci uno strano sguardo assente, tranquillo, e per un attimo Cordelia quasi lo invidiò.

— Gregor — chiese al bambino, — hai visto la tua mamma? Sta bene? Dov’è?

— I soldati l’hanno presa — rispose lui con voce appena udibile.

Il piccolo velivolo riuscì a sollevarsi nell’aria e Bothari lo diresse su lungo il pendio, oscillando a pochi metri dal suolo. Il motore antigravità sembrava funzionare a scatti, e dal propulsore uscivano gemiti allarmanti. Anche Cordelia gemeva, dentro di sé. Si girò a guardare fuori dalla carlinga semisfondata e i suoi occhi cercarono Aral, che stava correndo verso la strada. I suoi uomini stavano saltando a bordo di una dozzina di veicoli d’ogni forma, privati e governativi. Perché non abbiamo preso uno di quelli?

— Dopo aver superato la seconda cresta… se ci riesci, Bothari, volta a sinistra — disse Piotr. — Segui il torrente.

Alcuni rami frusciarono contro il carrello dell’aereo quando il sergente planò dietro il versante della collina, fitto di cespugli e di rocce. Seguirono il corso d’acqua per altri duecento metri.

— Atterra in quella piccola radura laggiù e spegni il motore — ordinò Piotr. — Tutti voi, liberatevi degli oggetti a batteria che avete addosso. — Tolse di tasca una microricevente e il grosso cronografo d’oro. Cordelia si sfilò l’orologio dal polso.

Mentre faceva abbassare l’aereo accanto al torrente, fra alberi importati dalla Terra già mezzo spogli del loro fogliame, Bothari domandò: — Questo include le armi, mio Lord?

— Specialmente le armi, sergente. La batteria di uno storditore è visibile sullo schermo degli scanner. La pila di un fucile a plasma brilla come una stella a chilometri di distanza.

Bothari si liberò di un paio di pistole e altri oggetti, un metal detector, una trasmittente, il cronometro e una scatoletta che a Cordelia parve un rilevatore diagnostico. — Anche il mio coltello, signore?

— È una vibrolama?

— No, solo acciaio.

— Quello tienilo. — Piotr controllò il pannello dei comandi e cominciò a riprogrammare il pilota automatico. — Tutti fuori. Sergente, cerca di allargare di più lo squarcio della carlinga.

Mentre Bothari martellava sulla lega d’alluminio con un sasso, un fruscio fra la vegetazione li fece voltare di scatto.

— Sono io — disse la voce ansante di Esterhazy. L’armiere, che coi suoi quarant’anni era uno dei più giovani fra gli uomini di Piotr, si teneva in buona forma fisica, ma per arrivare fin lì aveva corso. E non era solo. — Li ho con me tutti e quattro, signore — disse, sbucando dai cespugli.

I «quattro» in questione erano, scoprì Cordelia, cavalli di Piotr. Se li tirava dietro con una corda; ciascuno di essi aveva la sella, i finimenti di cuoio che servivano per manovrarli e in bocca la sbarretta metallica che i barrayarani chiamavano «morso». Cordelia non capiva come fosse possibile tenerli sotto controllo con un oggetto così piccolo. I poderosi quadrupedi calpestavano gli sterpi rumorosamente, scrollavano la testa e sbuffavano dalle narici in un modo che a lei parve abbastanza minaccioso. Sperò che avessero già mangiato e si tenne prudentemente alla larga dai loro denti.

Piotr aveva finito di programmare il pilota automatico. — Bothari, dammi una mano — disse. — Insieme, i due sistemarono il corpo di Negri davanti ai comandi e gli allacciarono la cintura. Poi il sergente accese il motore e saltò fuori. Il velivolo si sollevò verticalmente con un ronzio sbandando a destra e a sinistra; evitò i rami di un albero per un capello e prese quota, salendo lungo il versante dell’altura. Seguendolo con lo sguardo Piotr mormorò fra i denti: — Salutalo da parte mia, Negri.

— Dove lo sta mandando? — chiese Cordelia. — Nel Valhalla?

— In fondo al lago — la informò il vecchio con aria soddisfatta. — Questo li confonderà.

— Quelli che ci inseguono, chiunque siano, non lo rintracceranno? Non cercheranno di recuperarlo?

— Alla fine, sì. Ma il lago è profondo duecento metri in quella zona. Ci vorrà del tempo. E non sapranno esattamente quando è precipitato o quanti corpi conteneva. Dovrebbero rastrellare tutto il fondo del lago per esser certi che non c’era anche Gregor. E una prova basata su fatti presunti non è una prova. Neppure allora sapranno qualcosa, no? In sella, truppa. Mettiamoci in marcia. — E si avviò con decisione verso uno degli animali.

Cordelia lo seguì, piena di dubbi. Cavalli. Come si potevano definire creature simili? Schiavi, simbionti, animali da compagnia? Quello verso cui Esterhazy la condusse era alto quasi un metro e ottanta. L’uomo le mise la briglia fra le mani e la lasciò lì, davanti a una sella che le arrivava al mento. E adesso come supponevano che lei ci salisse sopra? Levitando? Così da vicino i cavalli erano molto più grossi e meno decorativi di quanto le era parso nel vederli al pascolo, in distanza. All’improvviso la pelliccia a pelo raso dell’animale fu percorsa da un fremito, su una spalla. Oh, Dio. Mi hanno dato una bestia malata. Sta per avere le convulsioni. A quel pensiero le sfuggì un gemito.

Bothari, vide, era in qualche modo salito in groppa; data la sua corporatura, non appariva così surclassato da quella dell’animale. Nato in città, il sergente non era un cavaliere e sembrava tutto gomiti e ginocchi, malgrado l’addestramento che senza dubbio Piotr gli aveva inflitto in quegli ultimi mesi di servizio. Ma, per quanto goffo e sgraziato, era evidentemente capace di controllare il suo quadrupede.

— Tu sarai la nostra avanguardia, sergente — gli disse Piotr. — Ci terremo distanziati, al limite della visibilità reciproca. Niente gruppi. Prendi per il sentiero che conduce alla roccia piatta… sai di quale posto parlo. E aspettaci là.

Bothari tirò di lato la testa del cavallo, gli diede un calcio coi talloni e quello partì su per il pendio boscoso con l’andatura che chiamavano «trotto».

Piotr, incredibilmente agile per la sua artrosi, salì in sella con un solo movimento fluido; Esterhazy gli consegnò Gregor e il vecchio lo sistemò in arcioni davanti a sé. Il morale del bambino s’era molto rinfrancato alla vista dei cavalli, per un motivo che Cordelia non riusciva a capire. Piotr non fece nulla, o almeno così le parve, ma la sua cavalcatura si girò verso il sentiero. Telepatia, decise lei, confusa. Hanno ottenuto un ceppo di animali telepatici, qui, e non me l’hanno mai detto…

— Avanti, donna, tocca a te — sbottò Piotr, impaziente.

Disperatamente Cordelia infilò la punta di una scarpa nel poggiapiedi o qualunque fosse il suo nome, afferrò quello che poteva afferrare e si tirò su. Per un attimo le sembrò d’essere a posto. Ma subito la sella cominciò a scivolare di lato lungo il fianco dell’animale, e insieme ad essa scivolò giù anche lei, con un grido, finché non si trovò capovolta fra una foresta di zampe pelose. Cadde pesantemente al suolo e si trascinò via carponi, ansimando. Il cavallo girò la testa e la osservò, molto meno sbigottito e sconvolto di lei; poi abbassò la bocca sull’erba e ne mordicchiò qualche ciuffo coi grossi denti piatti.

— Oh, Dio! — brontolò Piotr, esasperato.

Esterhazy smontò di nuovo, la prese per un gomito e la aiutò a rialzarsi. — Tutto bene, milady? Mi spiace, è stata colpa mia. Avrei dovuto controllare le selle dopo che lo stalliere… uh, ma lei non ha mai cavalcato prima?

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