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Il mercato secondiglianese ha superato le vecchie rigidità dello smercio di droga; riconoscendo nella cocaina la nuova frontiera. In passato droga d'elite, oggi grazie alle nuove politiche economiche dei clan è divenuta assolutamente accessibile al consumo di massa, con diversi gradi di qualità ma capace di soddisfare ogni esigenza. Il 90 per cento dei consumatori di cocaina secondo le analisi del gruppo Abele sono lavoratori o studenti. La coca si è emancipata dalla categoria di sballo, diviene sostanza usata durante ogni fase del quotidiano, dopo le ore di straordinario, viene presa per rilassarsi, per avere ancora la forza di fare qualcosa che somigli a un gesto umano e vivo e non solo un surrogato di fatica. La coca viene presa dai camionisti per guidare di notte, per resistere ore davanti al computer, per andare avanti senza sosta a lavorare per settimane senza nessun tipo di pausa. Un solvente della fatica, un anestetico del dolore, una protesi alla felicità. Per soddisfare un mercato che ha necessità di droga come risorsa e non soltanto come stordimento bisognava trasformare lo spaccio, renderlo flessibile, slegato dalle rigidità criminali. È questo il salto di qualità compiuto dal clan Di Lauro. La liberalizzazione dello spaccio e dell'approvvigionamento di droga. Per i cartelli criminali italiani la vendita di grosse partite viene tradizionalmente preferita alla vendita di partite medie, e piccole. Per Di Lauro invece la vendita di partite medie è stata scelta per far diffondere una piccola imprenditoria dello spaccio capace di creare nuovi clienti. Una piccola imprenditoria libera, autonoma, in grado di far ciò che vuole con la merce, metterci il prezzo che vuole, diffonderla come e dove vuole. Chiunque può accedere al mercato, per ogni tipo di quantità. Senza necessità di trovare mediatori del clan. Cosa Nostra e la 'ndrangheta irradiano ovunque i loro traffici di droga ma la filiera la devono conoscere, per comprare droga da spacciare attraverso la loro mediazione è necessario essere presentati da affiliati e alleati al clan. Per loro è fondamentale sapere in che zona si andrà a spacciare, con che organizzazione verrà articolata la distribuzione. Non così il Sistema di Secondigliano. L'ordine è laissez faire, laissez passer. Liberismo totale e assoluto. La teoria è che il mercato si autoregola. E così in pochissimo tempo vengono attirati a Secondigliano tutti coloro che vogliono mettere su un piccolo smercio tra amici, che vogliono comprare a quindici e vendere a cento e così pagarsi una vacanza, un master, aiutare il pagamento di un mutuo. La liberalizzazione assoluta del mercato della droga ha portato a un inabissamento dei prezzi.

Lo smercio al dettaglio al di fuori di certe piazze può scomparire. Ora esistono i cosiddetti giri. Il giro dei medici, il giro dei piloti, dei giornalisti, degli impiegati statali. La piccola borghesia sembra il guanto adatto per questa distribuzione informale e iperliberista della merce droga. Uno scambio che sembra amicale, la vendita completamente lontana da strutture criminali, simile a quella delle casalinghe che propongono creme e aspirapolvere alle amiche. Ottimo anche per emancipare da responsabilità morali eccessive. Nessun pu-sher in tuta acetata schiattato agli angoli delle piazze per intere giornate difeso dai pali. Nulla se non prodotto e danaro. Spazio bastante per la dialettica del commercio. Dai dati, forniti dalle più importanti questure d'Italia, un arrestato su tre per traffico di droga è incensurato e completamente estraneo ai percorsi criminali. Il consumo di cocaina, secondo i dati dell'Istituto Superiore di Sanità, è schizzato ai massimi storici: +80 per cento (1999–2002). Il numero delle persone dipendenti che si rivolgono al SERT raddoppia ogni anno. L'espansione del mercato è immensa, le coltivazioni transgeniche consentono ormai quattro raccolti l'anno, dunque non ci sono problemi di approvvigionamento di materia prima, e l'assenza di un'organizzazione egemone favorisce la libera iniziativa. Robbie Williams, un famoso cantante cocainomane, per anni disse che "la cocaina è il modo che Dio ha inventato per dirti che hai troppi soldi". Questa frase, che ho letto su qualche giornale, mi tornò in mente quando alle Case Celesti avevo incontrato dei ragazzi che osannavano il prodotto e il luogo: "Se esiste la coca delle Case Celesti significa che Dio non ha dato nessun valore ai soldi".

Le Case Celesti, chiamate così per il colore azzurrino pallido che in origine avevano, costeggiano via Limitone d'Arcano e sono divenute una delle migliori piazze della cocaina in Europa. Un tempo non era così. A rendere questa piazza così conveniente è stato, secondo le indagini, Gennaro Marino McKay. È lui il referente del clan in questo territorio. Non solo referente; il boss Paolo Di Lauro, che stima la sua gestione, gli ha dato la piazza in franchising. Può fare tutto in autonomia, deve solo versare una quota mensile alla cassa del clan. Gennaro e suo fratello Gaetano sono detti i McKay. Tutto è dovuto alla somiglianza che il padre aveva con lo sceriffo Zeb McKay del telefilm Alla conquista del West. Tutta la famiglia così è divenuta non più Marino ma McKay. Gaetano non ha le mani. Ha due protesi di legno. Di quelle rigide. Laccate di nero. Le ha perse combattendo nel 1991. La guerra contro i Puca, una vecchia famiglia cutoliana. Stava maneggiando una bomba a mano, e gli esplose tra le mani facendo saltare in aria le dita. Gaetano McKay ha sempre un accompagnatore, una sorta di maggiordomo, che prende il posto delle sue mani, ma quando deve firmare, riesce a farlo bloccando la penna con le protesi, rendendola un perno, un chiodo fisso sulla pagina, e poi si aggroviglia con il collo e i polsi, riuscendo a tracciare con grafia impercettibilmente sghemba la sua firma.

Genny McKay, secondo le indagini della Procura Antimafia di Napoli, era riuscito a creare una piazza capace di stoccare e smerciare. D'altronde il buon prezzo ricevuto dai fornitori è dovuto proprio alla capacità di accumulare e in questo la giungla di cemento di Secondigliano, con i suoi centomila abitanti, aiuta. Il corpo delle persone, le loro case, la loro vita quotidiana divengono la grande muraglia che circoscrive i depositi di droga. Proprio la piazza delle Case Celesti ha permesso un inabissamento dei costi della coca. Solitamente si parte da cinquanta-settanta euro al grammo e si arriva sui cento-duecento euro. Qui è scesa a venticinque-cinquanta continuando ad avere una qualità molto alta. Leggendo le indagini della DDA, emerge che Genny McKay è uno degli imprenditori italiani più capaci nel ramo della coca, essendo riuscito a imporsi su un mercato in crescita esponenziale pari a nessun altro. L'organizzazione delle piazze di spaccio poteva avvenire anche a Posillipo, ai Parioli, a Brera, ma è avvenuta a Secondigliano. La manodopera in qualsiasi altro luogo avrebbe avuto un costo elevatissimo. Qui la totale assenza di lavoro, l'impossibilità di trovare altra soluzione di vita che non sia l'emigrazione, rende i salari bassi, bassissimi. Non c'è altro arcano, non c'è da fare appello a nessuna sociologia della miseria, a nessuna metafisica del ghetto. Non potrebbe essere ghetto un territorio capace di fatturare trecento milioni di euro l'anno solo con l'indotto di una singola famiglia. Un territorio dove agiscono decine di clan e le cifre di profitto raggiungono quelle paragonabili solo a una manovra finanziaria. Il lavoro è meticoloso, e i passaggi produttivi costano moltissimo. Un chilo di coca al produttore costa mille euro, quando va al grossista già costa trentamila euro. Trenta chili diventano centocinquanta dopo il primo taglio: un valore di mercato di circa quindici milioni di euro. E se il taglio è maggiore a tre chili ne puoi tirare anche duecento di chili. Il taglio è fondamentale, quello da caffeina, glucosio, mannitolo, paracetamo-lo, lidocaina, benzocaina, anfetamina. Ma anche talco e calcio per i cani quando le emergenze lo impongono. Il taglio determina la qualità, e il taglio fatto male attira morte, polizia, arresti. Occlude le arterie del commercio.

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