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A Secondigliano avevano compreso che la capillare rete internazionale di punti vendita era il loro business più esclusivo, non secondario a quello della droga. Attraverso i canali dello smercio di abiti in molti casi si muovevano anche i percorsi del narcotraffico. La forza imprenditoriale del Sistema non si è fermata all'abbigliamento, ha investito anche nella tecnologia. Dalla Cina, secondo quanto emerge dall'inchiesta del 2004, i clan spostano e distribuiscono in Europa attraverso la loro rete commerciale diversi prodotti hi-tech. L'Europa aveva il contenitore, la marca, la fama, la pubblicità; la Cina aveva il contenuto, il prodotto in sé, la produzione a basso costo, i materiali a prezzi irrisori. Il Sistema camorra ha unito le due cose risultando vincente su ogni mercato. I clan avevano compreso che il sistema economico era allo spasmo e, seguendo i percorsi delle imprese che prima investivano nelle periferie del mezzogiorno e poi lentamente si spostavano in Cina, erano riusciti a individuare i distretti industriali cinesi che producevano per le grandi case di produzione occidentali. Avevano così pensato di ordinare partite di prodotti ad alta tecnologia per rivenderli in Europa con ovviamente un marchio falso che li avrebbe resi più appetibili. Ma non si sono fidati nell'immediato: come per una partita di coca, hanno prima provato la qualità dei prodotti che gli vendevano le fabbriche cinesi a cui si erano rivolti. Soltanto dopo aver testato sul mercato la validità dei prodotti, diedero vita a uno dei traffici intercontinentali più floridi che la storia criminale abbia mai conosciuto. Macchine fotografiche digitali e videocamere, ma anche utensili per i cantieri: trapani, flex, martelli pneumatici, smerigliatrici, levigatrici. Tutti prodotti commercializzati con i marchi Bosch, Hammer, Hilti. Il boss di Secon-digliano Paolo Di Lauro aveva deciso di investire in macchine fotografiche arrivando in Cina dieci anni prima che la Confindustria stringesse rapporti commerciali con l'Oriente. Sul mercato dell'est Europa, migliaia di modelli Canon e Hitachi vennero venduti dal clan Di Lauro. Prodotti che prima erano appannaggio della borghesia medio-alta divennero, attraverso l'importazione della camorra napoletana, accessibili a un pubblico più vasto. I clan si appropriavano solo del marchio finale, per meglio introdursi nel mercato, ma il prodotto era praticamente il medesimo.

L'investimento in Cina dei clan Di Lauro e Contini — messo a fuoco nell'inchiesta del 2004 della DDA di Napoli — dimostra la lungimiranza imprenditoriale dei boss. La grande impresa era terminata e così si erano sfaldati gli agglomerati criminali. La Nuova Camorra Organizzata di Raffaele Cutolo degli anni '80 era ima sorta di azienda enorme, un agglomerato centralizzato. Poi venne la Nuova Famiglia di Carmine Alfieri e Antonio Bardellino, strutturata in maniera federativa, con famiglie economicamente autonome e unite da interessi operativi congiunti, ma anch'essa elefantiaca.

Ora invece la flessibilità dell'economia ha determinato che piccoli gruppi di boss manager con centinaia di indotti, ognuno con compiti precisi, si siano imposti sull'arena economica e sociale. Una struttura orizzontale, molto più flessibile di Cosa Nostra, molto più permeabile a nuove alleanze della 'ndrangheta, capace di alimentarsi continuamente di nuovi clan, di nuove strategie, gettandosi sui mercati d'avanguardia. Decine di operazioni di polizia negli ultimi anni hanno dimostrato che sia la mafia siciliana che la 'ndrangheta hanno avuto necessità di mediare con i clan napoletani per l'acquisto di grandi partite di droga. I cartelli napoletani e campani fornivano cocaina ed eroina a prezzi convenienti, risultando in molti casi più comodi ed economici del contatto diretto con trafficanti sudamericani e albanesi.

Nonostante la ristrutturazione dei clan, per numero di affiliati la camorra è l'organizzazione criminale più corposa d'Europa. Per ogni affiliato siciliano ce ne sono cinque campani, per ogni 'ndranghetista addirittura otto. Il triplo, il quadruplo delle altre organizzazioni. Nel cono d'ombra dell'attenzione data perennemente a Cosa Nostra, nell'attenzione ossessiva riservata alle bombe della mafia, la camorra ha trovato la giusta distrazione mediatica per risultare praticamente sconosciuta. Con la ristrutturazione postfordista dei gruppi criminali, i clan di Napoli hanno tagliato le elargizioni di massa. L'aumento della pressione micrc>cilrninale sulla città trova ragione in quest'interruzione di stipendi data dalla progressiva ristrutturazione dei cartelli criminali avvenuta negli ultimi anni. I clan non hanno più necessità di un controllo capillare militarizzato, o quantomeno non ne hanno sempre bisogno. Gli affari principali dei gruppi camorristici avvengono fuori Napoli. Come dimostrano le indagini della Procura Antimafia di Napoli, la struttura federale e flessibile dei gruppi camorristici ha trasformato completamente il tessuto delle famiglie: oggi piuttosto che di alleanze diplomatiche, di patti stabili, bisognerebbe riferirsi ai clan come a comitati d'affari. La flessibilità della camorra è la risposta alla necessità delle imprese di far muovere capitale, di fondare e chiudere società, di far circolare danaro e di investire con agilità in immobili senza l'eccessivo peso della scelta territoriale o della mediazione politica. Ora i clan non hanno bisogno di costituirsi in macrocorpi. Un gruppo di persone oggi può decidere di mettersi insieme, rapinare, sfondare vetrine, rubare senza subire come in passato o il massacro o l'inglobamento nel clan. Le bande che imperversano per Napoli non sono composte esclusivamente da individui che fanno crimine per aumentare il volume della propria borsa, per arrivare a comprare l'auto di lusso o riuscire a vivere comodamente. Sono spesso coscienti che riunendosi e aumentando la quantità e la violenza delle proprie azioni, possono migliorare la propria capacità economica divenendo interlocutori dei clan o loro indotti. Il tessuto della camorra si compone sia di gruppi che iniziano a succhiare come pidocchi voraci frenando ogni percorso economico e altri che invece come avanguardie velocissime spingono il proprio business verso il massimo grado di sviluppo e commercio. Tra queste due cinetiche opposte, eppure complementari, si slabbra e lacera l'epidermide della città. A Napoli la ferocia è la prassi più complicata e conveniente per cercare di diventare imprenditore vincente, l'aria da città in guerra che si assorbe da ogni poro ha l'odore rancido del sudore, come se le strade fossero delle palestre a cielo aperto dove esercitare la possibilità di saccheggiare, rubare, rapinare, provare la ginnastica del potere, lo spinning della crescita economica.

Il Sistema è cresciuto come una pasta messa a lievitare nei cassoni di legno della periferia. La politica comunale e regionale ha creduto di contrastarla nella misura in cui non faceva affari con i clan. Ma non è bastato. Ha trascurato l'attenzione al fenomeno, sottovalutato il potere delle famiglie considerandolo come un degrado di periferia, e così la Campania ha raggiunto il primato di comuni sotto osservazione per infiltrazione camorristica. Ben settantuno comuni in Campania sono stati sciolti dal 1991 a oggi. Solo nella provincia di Napoli sono stati sciolti i consigli comunali di: Pozzuoli, Quarto, Marano, Melito, Portici, Ottaviano, San Giuseppe Vesuviano, San Gennaro Vesuviano, Terzigno, Calandrino, Sant'Antimo, Turino, Crispano, Casamarciano, Nola, Liveri, Boscoreale, Poggiomarino, Pompei, Ercolano, Pimonte, Casola di Napoli, Sant'Antonio Abate, Santa Maria la Carità, Torre Annunziata, Torre del Greco, Volla, Brusciano, Acerra, Casoria, Pomiglia-no d'Arco, Frattamaggiore. Un numero elevatissimo che supera di molto i comuni sciolti nelle altre regioni italiane: quarantaquattro in Sicilia, trentaquattro in Calabria, sette in Puglia. Soltanto nove comuni su novantadue della provincia di Napoli non hanno mai avuto commissariamenti, inchieste, monitoraggi. Le aziende dei clan hanno determinato piani regolatori, si sono infiltrate nelle ASL, hanno acquistato terreni un attimo prima che fossero resi edificabili e poi costruito in subappalto centri commerciali, hanno imposto feste patronali e le proprie imprese multiservice, dalle mense alle ditte di pulizia, dai trasporti alla raccolta dei rifiuti.

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