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Sapeva benissimo di essere controllata. Trascorse un attimo, e una delle porte si aprì. Ne uscì una donna sui quarant’anni, che le dedicò un rapido sorriso professionale. Aveva i capelli tirati severamente indietro sulla fronte, e vestiva in modo austero ma elegante. Sul colletto portava una spilla che rappresentava il piccolo emblema stilizzato di un disco volante, una specie di distintivo del Culto del Contatto.

— Buon pomeriggio. Posso aiutarla?

— Ah… sì — rispose indecisa Kathryn. — Io vorrei… alcune informazioni…

— Vuole seguirmi?

Si ritrovò bruscamente convogliata in un ufficio che avrebbe fatto la felicità di un presidente di banca. La severa accompagnatrice dall’aria pratica si sedette dietro una scrivania ad angolo. Kathryn vide l’espressione sofferta e volutamente mistica di Frederic Storm che la fissava dalla parete in una foto tridimensionale alta quasi due metri. Der Führer, pensò. Heil!

— Lei è un po’ in anticipo per la nostra funzione serale di benedizione e di unità universale — le disse la donna. — Avremo Frederic Storm in onda alle otto di stasera, e dovrebbe trattarsi di un evento memorabile. Ma nel frattempo possiamo dedicarci ad un orientamento preliminare. Ha mai fatto parte prima d’ora di qualche capitolo della Società?

— No — rispose Kathryn. — Io…

— Allora c’è solo una semplice formalità. — La donna spinse verso di lei un cubo di registrazione. — Se vorrà rispondere a qualche domanda per noi, la registreremo subito, ed incominceremo ad introdurla nell’armonia del nostro gruppo. Immagino che lei sia al corrente in linea di massima sui nostri scopi e sulle nostre credenze. — La donna fece un cenno eloquente verso la risplendente immagine di Frederic Storm sulla parete. — Forse ha letto parecchi dei libri di Frederic Storm sui suoi contatti con i nostri fratelli dello spazio? È uno scrittore straordinario, non le pare? Io non riesco a capire come possa una persona razionale leggere i suoi libri e non accorgersi che…

Kathryn la interruppe, disperata. — Mi spiace, non ho letto nessuno dei suoi libri. E non sono neppure venuta qui per la funzione. O per aderire al movimento. Volevo solo delle informazioni.

L’espressione di calore professionale svanì. — Lei fa parte dei «media»? — le domandò con sospetto la donna.

— Intende dire se sono una giornalista? Oh, no. Sono solo una… — Kathryn fece una pausa, alla ricerca del modo migliore per affrontare la cosa. — Solo una normale casalinga. Sono preoccupata per quelle cose nello spazio, i dischi volanti e così via, e non so proprio da dove incominciare con le mie domande; so solo che voglio saperne di più, se esistono esseri nello spazio esterno, lei capisce, e che cosa vogliono fare di noi, e così via. Era molto tempo che avevo voglia di fare un salto da voi; e quando ho visto quel globo di fuoco, qualche sera fa’, be’, mi ha fatto decidere. Sono venuta appena mi è stato possibile. Ma sono del tutto ignorante in materia. Con me, lei dovrà cominciare dall’inizio.

La rappresentante del Culto del Contatto si rilassò, ed abbassò la guardia, convinta ormai di non trovarsi di fronte ad una ficcanaso di giornalista. — Forse dovrebbe cominciare a leggere le nostre pubblicazioni — disse, e prese una grossa busta di canapa dalla scrivania, facendola scivolare verso Kathryn. — Questo è il materiale introduttivo. Troverà tutti gli opuscoli fondamentali. E qui… — aggiunse alla pila un massiccio libro in edizione economica — … qui c’è l’ultima edizione del libro di Frederic Storm, I nostri amici, la Galassia. E davvero esaltante.

— Esaminerò ogni cosa con cura.

— C’è una quota di due dollari per il materiale.

Kathryn ne fu sbalordita. Chi cercava proseliti non si tuffava di solito a caccia di profitti nella primissima fase del processo di conversione. Serrò le labbra e nello stesso tempo le porse i due biglietti da un dollaro.

— C’è anche un documentario informativo della durata di quindici minuti. Lo trasmettiamo nel nostro auditorio al primo piano ogni mezz’ora. Il prossimo ci sarà tra circa cinque minuti. — Un fugace sorriso. — Non si paga nulla, per assistere.

— Lo guarderò — promise Kathryn.

— Bene. In seguito, se lei proverà il desiderio di partecipare più intimamente all’esperienza che Frederic Storm offre al mondo intero, torni pure qui e ne parleremo insieme, e poi la registrerò su base provvisoria. Ciò le darà il diritto di frequentare la funzione di stasera.

— Bene — disse Kathryn. - Ed ora, posso farle una semplice domanda… sui dischi volanti, non proprio sulla vostra Società?

— Ma certo.

— Il globo di fuoco di lunedì sera. Non è stato realmente una meteora, vero? Lei non pensa che si sia trattato di un disco volante, magari di uno che è esploso?

— Frederic Storm crede in effetti che sia stato proprio un veicolo del popolo galattico — rispose affettatamente la donna. Era una specie di robot, che ripeteva le parole del capo, preoccupandosi sempre di chiamarlo per nome e cognome. — Ha rilasciato ieri una breve dichiarazione, ed ha in progetto per i primi della settimana prossima di approfondire ulteriormente il suo pensiero nel corso di una funzione.

— Dice che era un disco? E che cosa dice del suo equipaggio?

— Non ha rilasciato alcuna dichiarazione in merito.

— Immagini — disse Kathryn a fatica — immagini che l’equipaggio… si sia lanciato col paracadute. Immagini che siano atterrati vivi. È possibile? Che possano atterrare, che abbiano l’aspetto di esseri umani, e magari che vengano scoperti da noi e portati in casa nostra? Può dirmi se è mai successa una cosa del genere?

Ebbe paura di essere stata troppo esplicita. Di certo quella donna non le avrebbe dato requie finché non l’avesse condotta a vedere il visitatore galattico ferito ora sistemato a casa sua. Invece no, non sembrava che la cosa l’avesse particolarmente colpita; un semplice spostamento di ingranaggi, e recitò a memoria la relativa parte del programma dell’organizzazione.

— Certamente i galattici sono sbarcati sulla Terra molte volte, e si sono mescolati a noi sotto forma umana. Poiché essi sono umani, solo molto più avanzati, molto più vicini alla divinità che è la meta ultima del nostro destino. Frederic Storm direbbe che è molto probabile che gli esseri a bordo della nave siano atterrati senza danni. Ma non abbiamo nulla da temere da loro. Lei deve capire una cosa: essi sono benevoli. Venga, ora, o perderà il nostro documentario. Quando ritornerà nel mio ufficio, lei sarà assai più profondamente consapevole del significato di questo momento unico e magnifico nella storia umana e transumana.

Kathryn venne sospinta dolcemente fuori dall’ufficio, e si ritrovò da sola nella disadorna anticamera. Una freccia indicava l’auditorio al primo piano; la seguì. Una rampa di scale la condusse in una stanza ampia dall’aria astratta. La parete opposta era uno schermo; c’erano un paio di dozzine di file di sedie, ed i consueti emblemi, il ritratto di Frederic Storm, le mappe stellari, ed altri distintivi del Culto del Contatto lungo tutte le pareti. Nella sala c’erano altre quattro persone, tutte donne di una certa età. Kathryn prese posto nell’ultima fila, e quasi contemporaneamente le luci si spensero e lo schermo si illuminò.

In tono solenne, la voce di un commentatore esordì: — Dall’incommensurabile vuoto dello spazio, attraverso gli abissi inconcepibilmente vasti dello spazio intergalattico, verso il nostro umile, tormentato pianeta, si dirigono visitatori amichevoli.

Sullo schermo: le stelle. La Via Lattea. L’obbiettivo che puntava su un gruppo di stelle. Ad un tratto, un’immagine del nostro sistema solare, i pianeti in fila come perline sullo sfondo del cielo. Saturno, Marte, Venere. La Terra con i continenti in eccessivo rilievo, una fotografia palesemente falsa, nient’affatto simile ad un’immagine vista dallo spazio. E poi apparve un disco volante librato in aria, infinitamente piccolo, ma sempre più grande man mano che si avvicinava alla Terra. Kathryn dovette reprimere la tentazione di scoppiare a ridere. Quel disco era una cosa comica, tutto oblò e periscopi e luci abbaglianti. Fino ad ora il documentario assomigliava né più né meno ad un tipico film di fantascienza, trattato con il consueto mestiere.

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