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Lei annuì, ma esitava ancora. Alla fine disse: — Dovrei venire. — Lo disse con un tono così disperato che Lev l’interruppe: — No… — Ma Luz continuò: — Devo farlo. Non posso restare in disparte e lasciare che gli altri parlino per me, si battano per me, mi passino dall’uno all’altro.

— Non ti riconsegneremo — disse Lev. — Tu appartieni a te stessa. Vieni con noi, se vuoi.

Luz annuì.

Il cerchio della fonderia era un antico sito di alberanelli, a sud della strada, equidistante dal paese e dalla città, e molto più vecchio dell’uno e dell’altra. Gli alberi erano caduti da molto tempo, lasciando soltanto lo stagno centrale. Lì era stata costruita la prima fonderia della città. Anche quella era scomparsa, quarant’anni prima, quando era stato trovato del minerale più ricco nelle Colline Sud. Le ciminiere e i macchinari non c’erano più; i vecchi capannoni, dalle assi putride, ricoperti dall’erbaccia e dalle rose velenose, erano abbandonati sulla piatta riva dello stagno.

Andre e Lev avevano radunato un gruppo di venti persone. Andre lo guidò intorno ai vecchi capannoni, per assicurarsi che non ci fossero guardie nascoste. Erano deserti, e per parecchie centinaia di metri intorno non c’erano altri posti dove fosse possibile nascondersi: era una zona piatta, senz’alberi, desolata e tetra nell’imbrunire. Una pioggerella sottile cadeva nel rotondo stagno grigio, indifeso come un occhio aperto e cieco. Sull’altra riva li stava aspettando Falco. Lo videro allontanarsi da un gruppo d’alberi dove si era riparato dalla pioggia, e girare intorno alla riva per venir loro incontro, da solo.

Lev si staccò dal gruppo. Andre lo lasciò procedere ma lo seguì a un paio di metri di distanza con Sasha, Martin, Luz e altri. Il resto del gruppo restò sparso lungo il bordo del grigio stagno, sul pendio che conduceva alla strada.

Falco si fermò di fronte a Lev. Erano sull’orlo dello stagno, dove camminare era più facile. In mezzo a loro stava una minuscola insenatura di acqua fangosa, una baia non più larga della lunghezza di un braccio, con le rive di sabbia fine: un porto per una barchetta-giocattolo. Nell’intensa nitidezza delle sue percezioni, Lev era conscio di quell’angolo d’acqua e di sabbia, com’era conscio della figura eretta di Falco, del bel volto che era il volto di Luz eppure era completamente diverso, della giubba scurita dalla pioggia sulle spalle e sulle maniche.

Falco vide certamente la figlia nel gruppo dietro Lev, ma non la guardò e non le parlò: parlò a Lev, a voce bassa e asciutta, un po’ difficile da udire nel vasto mormorio della pioggia.

— Sono solo, come vedi, e disarmato. Parlo per me stesso, non come consigliere.

Lev annuì. Provò l’impulso di chiamarlo per nome: non senhor Falco ma col suo nome, Luis; non comprese quell’impulso e rimase in silenzio.

— Desidero che mia figlia venga a casa.

Con un gesto, Lev indicò che Luz era dietro di lui. — Può parlarle, senhor Falco — disse.

— Sono venuto per parlare con te. Se tu parli a nome dei ribelli.

— Ribelli? Contro cosa, senhor? Io, o qualunque altro, parliamo a nome di Shantih. Ma Luz Marina può parlare per se.

— Non sono venuto per discutere — disse Falco. I suoi modi erano cortesi e controllati, il volto era rigido. La calma e la rigidità erano quelle di un uomo che soffre. — Ascolta. Ci sarà un attacco contro il paese. Ormai lo sai. Non potrei impedirlo, anche se volessi, sebbene l’abbia procrastinato. Ma voglio che mia figlia non vi sia immischiata. Voglio che sia al sicuro. Se la rimanderai a casa con me, questa sera vi restituirò la senhora Adelson e gli altri ostaggi, sotto scorta. Verrò con loro, se vuoi: e allora lascerai che mia figlia torni con me. È una questione che riguarda noi soli. Quanto al resto, la lotta… l’avete iniziata voi, con la vostra disubbidienza. Non posso fermarla, e ormai non lo puoi neppure tu. Questo è tutto ciò che possiamo fare: scambiarci gli ostaggi e salvarli.

— Senhor, credo alla sua sincerità… ma non le ho portato via Luz Marina e non posso rendergliela.

In quel momento Luz lo raggiunse, avviluppata nello scialle nero. — Padre, — disse con voce chiara e dura, non sommessamente come avevano parlato Lev e Falco, — Lei può fermare i bravacci di Macmilan, se lo vuole.

L’espressione di Falco non cambiò: non poteva cambiare, forse, senza andare a pezzi. Ci fu un lungo silenzio, pieno dei suoni della pioggia. La luce era pesante, viva soltanto ad occidente, bassa e lontana.

— Non posso, Luz — disse lui, con quella voce bassa e dolente. — Herman è… deciso a riprenderti.

— E se tornassi, in modo che lui non avesse un pretesto, gli ordinerebbe di non attaccare Shantih?

Falco non rispose subito. Deglutì a fatica, come se avesse avuto la gola arida. Lev strinse i pugni: vedeva l’orgoglio di quell’uomo che non poteva sopportare le umiliazioni ed era umiliato, la forza che doveva riconoscersi impotente.

— Non posso. Ormai è troppo tardi. — Falco deglutì di nuovo, e ritentò: — Vieni a casa con me, Luz Marina — disse. — Rimanderò subito gli ostaggi. Ti do la mia parola. — Guardò Lev, e il suo volto sbiancato diceva ciò che lui non poteva dire: che gli chiedeva aiuto.

— Li rimandi! — disse Luz. — Non ha diritto di tenerli prigionieri.

— E tu verrai… — Non era una domanda.

Lei scrollò la testa. — Non ha diritto di tenere prigioniera me.

— Non sei prigioniera, Luz, sei mia figlia… — Falco avanzò di un passo, e lei indietreggiò.

— No! — disse. — Non vengo, se lei contratta per me. Non tornerò mai, se attacca e perseguita la gente! — Balbettò, cercando le parole. — Non sposerò mai Herman Macmilan, non voglio neppure vederlo. Lo de… lo detesto! Verrò quando sarò libera di fare ciò che voglio: e finché lui frequenterà casa Falco, io non tornerò!

— Macmilan? — chiese suo padre, in tono angosciato.

— Non devi sposare Macmilan… — S’interruppe, girando lo sguardo da Luz a Lev. — Vieni a casa. — Gli tremava la voce, ma si sforzava di dominarsi. — Impedirò l’attacco, se potrò. Noi… noi parleremo — disse a Lev. — Parleremo.

— Parleremo ora, più tardi, quando vorrà — replicò Lev. — Non abbiamo mai preteso altro, senhor. Ma non deve chiedere a sua figlia di barattare la sua libertà con quella di Vera, o con la sua benevolenza o la nostra salvezza. È ingiusto. Non può farlo: non l’accetteremmo.

Falco tacque di nuovo, ma era un silenzio diverso: la sconfitta o il rifiuto della sconfitta? Il volto, pallido e bagnato di pioggia o di sudore, era inespressivo.

— Allora non vuoi lasciarla andare — disse.

— Io non voglio venire — dichiarò Luz.

Falco annuì, si voltò e si allontanò a passo lento lungo la curva riva dello stagno. Passò accanto agli arbusti, indistinti e informi nel crepuscolo, e salì il pendio verso la strada che conduceva alla città. La sua figura, diritta e scura e piccola, scomparve rapidamente.

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