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«Chi sta combattendo?» chiese Teyeo, sentendosi scivolare nel tono uniforme dell'autorità, e il giovane gli rispose automaticamente, «Voe Deo, hanno mandato delle truppe, dopo il funerale hanno detto che avrebbero mandato truppe se non ci fossimo arresi. Sono arrivati ieri, attraversano la città uccidendo. Conoscono tutti i centri dei Vecchi Credenti, alcuni dei nostri». Aveva una sfumatura nella voce, come di accusa e di perplessità.

«Quale funerale?» disse Solly.

Quando lui non rispose Teyeo ripeté, «Quale funerale?»

«Il funerale della Signora, il vostro. Ecco, ho portato ritagli di giornale. Un funerale di stato, hanno detto che siete morti nell'esplosione.»

«Ma che esplosione?» fece Solly con la voce roca e secca, e questa volta l'uomo le rispose, «Alla festa. I Vecchi Credenti. Il fuoco di Tual. C'erano degli esplosivi, solo che sono saltati troppo presto. Noi conoscevamo i loro piani. L'abbiamo salvata, Signora,» disse il portavoce, girandosi d'improvviso verso di lei con quello stesso tono accusatorio.

«Salvata? Bastardo!» gridò lei, e le labbra secche di Teyeo si aprirono in una risata sbigottita che soffocò immediatamente.

«Dammi quella roba,» disse. Il giovane gli consegnò i fogli.

«Portaci dell'acqua,» disse Solly.

«State qui per favore, abbiamo bisogno di parlare,» disse Teyeo, facendo istintivamente leva sul suo ascendente. Si sedette sul materasso con i fogli di giornale in mano. Nel giro di pochi minuti lui e Solly si studiarono i resoconti della violenta sommossa del Giorno del Perdono: la morte dolorosa dell'inviato deH'Ekumene in seguito a un attentato terrorista perpetrato dal culto dei Vecchi Credenti, il breve accenno alla morte di una guardia dell'ambasciata del Voe Deo nell'esplosione che aveva ucciso oltre settanta tra preti e passanti, la lunga descrizione dei funerali di stato, i resoconti di disordini, terrorismo, rappresaglie, poi i comunicati del palazzo che accettava con gratitudine le offerte di assistenza da parte del Voe Deo per estirpare la mala pianta del terrorismo…

«Così,» disse alla fine, «non avete avuto risposta dal palazzo. Perché ci avete tenuti in vita?»

Solly aveva l'aspetto di chi trovava che quella domanda non fosse molto delicata, ma il portavoce rispose con la stessa indelicatezza, «Pensavamo che il vostro paese vi avrebbe riscattato».

«E lo faranno,» disse Teyeo, «solo che non hai informato il governo del fatto che siamo vivi. Se tu…»

«Aspetta,» disse Solly toccandogli la mano. «Aspetta un momento, voglio pensarci bene. È meglio non lasciare l'Ekumene fuori dalla discussione. Ma riuscire a contattarli è la parte più difficile.»

«Se ci sono truppe del Voe Deo nei paraggi, tutto quello di cui ho bisogno è fare arrivare un messaggio a qualcuno del mio comando o alle guardie dell'ambasciata.»

La mano di Solly era ancora appoggiata sulla sua, esercitando una cauta pressione. Il Nunzio agitò l'altra mano, rivolgendosi al portavoce col dito puntato. «Tu hai rapito l'inviato deH'Ekumene, bastardo, e adesso devi pensare a come sbrogliare tutto, e anch'io, perché non voglio essere eliminata dal tuo piccolo governo maledetto solo perché sono rimasta viva mettendoli in imbarazzo. Dove vi state nascondendo? C'è qualche possibilità, se non altro, di uscire da questa stanza?»

L'uomo scosse la testa con un'espressione rigida e un po' altezzosa. «Siamo tutti quaggiù, adesso,» disse. «Quasi sempre. Qui siete al sicuro.»

«Sì, è meglio che teniate i vostri passaporti al sicuro,» disse Solly. «Portateci dell'acqua, maledizione, fateci discutere. Tornate tra un'ora.»

Il giovane si abbassò di colpo verso di lei col volto deformato da una smorfia. «Che razza di Signora sei?» disse. «Sporca troia puzzolente e straniera.»

Teyeo scattò subito in piedi, ma la morsa di Solly sulla sua mano era sempre più stretta. Dopo un momento di silenzio, il portavoce e l'altro uomo si avviarono verso la porta, fecero sferragliare la serratura e uscirono.

«Uffa,» disse lei, frastornata.

«No,» disse lui. «Non fare…» Non sapeva come dirlo. «Quelli non capiscono. È meglio se parlo io.»

«È naturale, le donne non danno ordini. Le donne non sanno parlare. Che teste di cazzo. Pensavo che avessi detto che si sentivano responsabili per la mia vita.»

«È vero, ma sono giovani. Fanatici. Molto impauriti.» E tu gli parli come se fossero delle proprietà, pensò anche, ma non lo disse.

«Anch'io sono impaurita!» disse Solly, trattenendo a stento le lacrime. Si asciugò gli occhi e si sedette di nuovo fra le carte. «Dio mio, siamo morti da venti giorni. Sepolti da quindici. Chi pensi che abbiano seppellito?»

La sua stretta era energica. A Teyeo dolevano il polso e la mano. Si massaggiò delicatamente, guardandola.

«Grazie,» disse. «Stavo per picchiarlo.»

«Oh, lo so. Maledetta cavalleria. E quello con la pistola ti avrebbe sparato in testa. Ascolta, Teyeo, sei sicuro che ti basti far arrivare la voce a qualcuno dell'esercito o della guardia?»

«Sì, certo.»

«Sei sicuro che il tuo paese non stia facendo lo stesso gioco del Gatay?»

Lui la fissò. Man mano che cominciava a capire, la rabbia che aveva spento e negato in tutti quegli interminabili giorni di prigionia assieme a lei improvvisamente aumentava, come una possente ondata di risentimento, odio e disprezzo.

Fu incapace di parlare, per paura di rivolgersi a lei come il giovane patriota.

Si ritirò nella sua parte della stanza sedendosi sul suo angolo di materasso, discosto da lei, con le gambe incrociate, una mano appena appoggiata sull'altra.

Lei parlò ancora. Lui non ascoltava e non rispondeva

Dopo un po', Solly disse, «Dovremmo discutere, Teyeo. Abbiamo solo un'ora. Credo che quei ragazzi possano fare quello che gli diciamo, se gli raccontiamo qualcosa di plausibile, qualcosa che funzioni».

Lui non rispose. Si morse il labbro e rimase immobile.

«Teyeo, che ho detto? Ho detto qualcosa di sbagliato? Non so che cosa fosse, mi dispiace.»

«Quelli non…» cominciò a dire lui, sforzandosi di controllare la voce e le labbra «Quelli non ci tradirebbero mai.»

«Chi? I Patrioti?»

Lui non rispose.

«Vuoi dire il Voe Deo? Non ci tradirebbero?»

Nella pausa che seguì alla sua domanda gentile e incredula, lui capì che Solly aveva ragione. Era tutta una collusione fra le potenze del mondo. La sua lealtà verso il paese e il servizio era sprecata, futile come il resto della sua vita. Lei continuò a parlare, minimizzando, dicendo che poteva anche aver ragione lui. Lui si prese la testa fra le mani, invocando le lacrime, ma i suoi occhi erano aridi come la pietra…

Solly varcò la linea. Teyeo si sentì la sua mano sulla spalla.

«Teyeo, mi dispiace molto,» disse lei. «Non volevo insultarti. Io ti stimo. Mi hai dato tutta la speranza e l'aiuto di cui avevo bisogno.»

«Non importa. Se soltanto… Se avessimo dell'acqua…»

Solly balzò in piedi e cominciò a sbattere sulla porta con i pugni e un sandalo.

«Bastardi, bastardi,» urlò.

Teyeo si alzò in piedi, mettendosi a camminare. Tre passi e un giro, tre passi e un giro, poi si fermò dalla sua parte della stanza. «Se hai ragione tu,» disse lui parlando lentamente, in modo formale, «noi e i nostri rapitori non corriamo pericoli solo da parte del Gatay ma anche della mia stessa gente, che forse… Che ha favorito queste fazioni antigovernative per trovare la scusa per portare qui delle truppe, con lo scopo di pacificare il Gatay. Ecco perché sanno dove trovare i faziosi. Noi siamo stati fortunati… che il nostro gruppo fosse fatto di gente sincera.»

Lei lo guardò con una tenerezza che lui ritenne irrilevante.

«Quello che non sappiamo,» riprese, «è da che parte si schiererà l'Ekumene. Cioè… in realtà c'è solo una parte.»

«No, c'è anche la nostra parte. Gli sfortunati. Se l'ambasciata vede che il Voe Deo sta cercando di annettersi il Gatay, non interverranno, ma neanche approveranno. Specialmente se dovesse comportare la prevedibile repressione.»

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