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Ma non ci sarebbe stato alcun massacro questa volta, allorché i Gaal si fossero spinti a sud attraverso il Territorio dell'Askatevar. Se n'era preso cura personalmente. C'era qualche lato positivo, nel sopravvivere al proprio tempo e nel ricordare i passati affanni. Non un solo clan, non una sola famiglia degli Uomini dell'intero Territorio rimaneva nelle Terre Estive, a farsi cogliere alla sprovvista dai Gaal o dalla prima tormenta. Erano tutti a Tevar. Duemila uomini, e i piccoli nati dell'autunno, fitti come foglie, che ti correvano fra le gambe, e le donne che chiacchieravano e spigolavano nei campi come stormi di uccelli migratori, e gli uomini che sciamavano a costruire le case e le mura della Città Invernale, con le vecchie pietre sulle vecchie fondamenta, a dare la caccia all'ultima delle bestie in migrazione, a tagliare e accumulare un'infinita quantità di legno proveniente dalla foresta e di torba proveniente dalle Paludi Asciutte, ad accerchiare gli hann per portarli entro grandi stalle, e dar loro da mangiare finché l'erbaverna non fosse cominciata a spuntare. E tutti, in queste fatiche che ormai duravano da mezza fase lunare, avevano obbedito a lui, ed egli aveva obbedito all'antichissimo Costume dell'Uomo. Alla venuta dei Gaal, avrebbero chiuso le porte della città; alla venuta delle tormente avrebbero chiuso la porta delle case di terra, e sarebbero sopravvissuti fino a primavera. Sarebbero sopravvissuti.

Si sedette in terra, dietro la sua tenda, abbassandosi faticosamente, allungando alla luce del sole le gambe artritiche e segnate da cicatrici. Il sole appariva minuscolo e bianchiccio, sebbene il cielo fosse chiaro e senza macchie; sembrava la metà del grande sole estivo, sembrava addirittura più piccolo della luna. «Sole a luna si riduce, presto il freddo ti conduce…». Il terreno era umido delle interminabili piogge che per l'intera durata della fase lunare li avevano afflitti, e qua e là era segnato dai piccoli solchi lasciati dai radipedi migranti. Che cosa gli aveva chiesto la ragazza?… qualcosa a proposito dei Nati Lontano, a proposito del corriere, ecco. L'uomo era giunto, stremato, il giorno precedente… era davvero il giorno precedente?… per riferire che i Gaal avevano attaccato la Città Invernale di Tlokna, lassù nel nord, nei pressi delle Montagne Verdi. Ma nella sua narrazione doveva esserci stato il panico, oppure la menzogna. I Gaal non attaccavano mai le mura di pietra. Barbari dal naso camuso, con le loro penne e il loro sudiciume, correvano a sud come gli animali che non hanno casa, non appena si avvicinava l'inverno… non sarebbero mai stati capaci di conquistare una città. E comunque, Pekna era solo un piccolo accampamento di cacciatori, non una città fortificata. Il corriere mentiva. Non c'era da preoccuparsi. Sarebbero sopravvissuti. Dov'era quella sciocca donna, con la sua colazione? Laggiù, in quel momento, si stava caldi, laggiù al sole…

L'ottava moglie di Wold si trascinò fino a lui con un piatto di bhan fumante, vide che era addormentato, sospirò con irritazione e si allontanò, trascinandosi nuovamente accanto al fuoco.

Quel pomeriggio, quando il Nato Lontano giunse alla sua tenda, accompagnato da guardie che lo spiavano con sospetto e da un codazzo di ragazzini rumorosi che lo deridevano, Wold ricordò le parole che la ragazza aveva detto ridendo: «Tuo nipote, mio cugino». Perciò si sollevò in piedi e rimase fermo ad attendere il Nato Lontano, distogliendo lo sguardo e tendendo la mano in segno di saluto tra uguali.

E come un uguale salutò lo straniero, senza la minima esitazione. Avevano sempre quell'aria di arroganza, davano sempre quell'impressione di ritenersi di valore pari a quello degli uomini, indipendentemente dal fatto che lo credessero davvero. Il nuovo venuto era alto, ben fatto, ancora giovane; camminava come un capo. Ad eccezione del colore scuro della pelle, e dei suoi occhi neri e ultraterreni, lo si sarebbe potuto considerare umano.

— Sono Jakob Agat, Anziano.

— Che tu sia il benvenuto nella mia tenda e nelle tende del mio Clan, Alterra.

— Ti ascolto con il cuore — disse il Nato Lontano, facendo così comparire sulle labbra di Wold un debole sorriso; non aveva più udito quella frase, fin dal tempo di suo padre. Era strano come i Nati Lontano ricordassero sempre le antiche usanze, riportando alla luce ciò che era sepolto nel passato. Come poteva conoscere, quel giovanotto, una frase che soltanto Wold e, forse, un paio dei più vecchi di Tevar potevano ricordare? Faceva parte della diversità dei Nati Lontano: una diversità che veniva chiamata stregoneria, e che induceva la gente ad aver paura della razza nera. Ma Wold non li aveva mai temuti.

— Una nobildonna del tuo Clan ha abitato nelle mie tende, ed io ho camminato lungo le strade della tua città molte volte, in Primavera. Lo ricordo. E quindi ti dico che nessun uomo di Tevar infrangerà la pace tra i nostri due popoli, finché io vivrò.

— E nessun altro di Landin l'infrangerà finché vivrò io.

Il vecchio capo si era commosso al suo stesso discorsetto, mentre ancora lo pronunciava: ora c'erano lacrime nei suoi occhi; si mise a sedere sul baule di cuoio dipinto, schiarendosi la gola e battendo le palpebre. Agat rimase in piedi: ritto, con un mantello nero, gli occhi scuri nel volto scuro. I giovani cacciatori che lo sorvegliavano erano irrequieti, i bambini spiavano la scena, bisbigliando e dandosi spintoni, davanti al lato aperto della tenda. Con un unico gesto, Wold li cacciò via tutti. Il lembo della tenda venne abbassato, la vecchia Kerly accese il fuoco e si allontanò, ed egli rimase solo con lo straniero. — Siediti — gli disse. Ma Agat non si sedette; disse: — Ti ascolto — e rimase in piedi. Se Wold non lo invitava a sedere in presenza di altri esseri umani, egli non era disposto a sedersi ora che nessuno lo vedeva. Wold non comprese questo con un ragionamento e non prese una decisione: si limitò ad avvertire la situazione con i suoi sensi, resi sensibilissimi da una lunga vita passata a guidare e frenare le persone.

Sospirò e disse: — Moglie! — con la sua voce roca, in chiave di basso. La vecchia Kerly riapparve, con gli occhi fissi. — Siediti — Wold disse ad Agat, che si sedette a gambe incrociate, accanto al fuoco. — Vai via — Wold brontolò all'indirizzo della moglie, che si affrettò ad allontanarsi.

Silenzio. Con somma cura e attenzione, Wold sciolse i nodi di un minuscolo sacchettino di pelle che portava appeso alla cintura della tunica; estrasse un pezzettino di resina di gesin, ne prese un frammento quasi invisibile, rimise a posto la resina, legò il sacchettino, e posò il frammento su un carbone acceso, ai margini del fuoco. Un riccioletto di fumo amaro e verdognolo si sollevò; Wold e lo straniero, insieme, fiutarono profondamente, chiudendo gli occhi. Wold tornò ad appoggiarsi all'orinatoio ricoperto di pece, e disse: — Ascolto.

— Anziano, abbiamo ricevuto un messaggio dal nord.

— Anche noi. È giunto ieri un corriere. — (Era ieri?).

— Ha parlato della Città Invernale di Tlokna?

Il vecchio rimase immobile a lungo, fissando il fuoco e respirando profondamente, come se avesse voluto cogliere un'ultima particella del fumo di gesin. Si masticò l'interno delle labbra, e la sua faccia (come egli ben sapeva) era dura come un pezzo di legno, vacua, caparbia.

— Non vorrei essere il portatore di una cattiva notizia — disse lo straniero con la sua voce tranquilla e severa.

— Non lo sei. Siamo già al corrente. È molto difficile, Alterra, discernere la verità in storie che giungono da molto lontano, da altre tribù di altre montagne. Occorrono otto giorni di viaggio, anche per un corriere, da Tlokna a Tevar; il doppio di questo tempo se si viaggia con tende e hann. Chi può sapere? Le porte di Tevar saranno pronte a chiudersi, quando la Migrazione arriverà a noi. E quanto a voi, nella vostra città che non lasciate mai, certo le vostre porte non hanno bisogno di riparazioni.

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